Lo spettatore #254- Incubi meccanizzati: Lettera H (2019)

Iniziare con un omaggio a Christine è il modo migliore per accalappiarsi la mia attenzione. Le immagini d'epoca, probabilmente prese dall'archivio storico Fiat (si trova su Youtube), che mostrano la catena di montaggio della 127 ai tempi del boom economico, rimandano a quelle utilizzate da Carpenter per avviare il suo film molti anni fa e forse suggeriscono gli stessi sottintesi Vero, la 127 non morde nessuno, ma è un simbolo del progresso vissuto dal paese: l'auto un po' più grande alla portata di tutti.
Ma dietro l'immagine di benessere e sicurezza che essa offre, esattamente come capitava alla Plymouth Fury di Arnie Cunningham, si cela l'aspetto mostruoso della nostra specie.
Un bel modo per iniziare a raccontare, pur se subito smorzato da una caratteristica che invariabilmente finisce per farmi bestemmiare ogni volta che provo a guardare un film italiano. Bravi, avete indovinato: non si sente niente, porco il mondo che ci ho sotto i piedi.
Comunque, tra un sussurro e l'altro, ho intuito un'altra cosa poco gradevole, ovvero l'artificiosità dei dialoghi, che unita all'impostazione di Giulia Todaro e alla difficoltà di stare in scena di alcune comparse, mi ha messo sul chi va là. L'emergenza in parte è rientrata quando ho scoperto che Todaro interpreta una ragazza molto giovane, con le emozioni di una cotta vissuta come il classico sogno romantico (almeno io la voglio vedere così, perché in fin dei conti lei mi è piaciuta durante il resto della visione) e con la consapevolezza che le comparse se ne vanno abbastanza presto.
Ma tutte queste cose ormai il senso di fastidio me lo avevano attivato, quindi ogni cosa che poteva sembrarmi sbagliata lo ha fatto.
In sostanza Seba completa il restauro di una 127 e per festeggiare il compleanno decide di portarci a spasso la sua giovane ragazza Patty, con l'obbiettivo di accompagnarla in camporella e concludere la serata alla grande. Una volta lì emergerà la vera natura dell'auto, che cela impregnato nei tessuti un passato agghiacciante che mi sforzerò di non rivelare, fatica tra l'altro inutile perché ci pensa la tramina su Prime Video a svelare l'arcano.
Tutto molto bello e soprattutto piuttosto semplice, forse persino troppo, visto che per arrivare a un'ora e mezza scarsa Germani è costretto ad allungare il brodo in maniera evidente e non sempre con l'obbiettivo di costruire tensione.
Di fatto alle fasi nel bosco io ci sono arrivato un poco fiaccato, quindi non me le sono godute per nulla, nonostante qualche spunto interessante ci fosse. Però tutto il preambolo passato a sottolineare il timore, quasi l'odio, che la gente prova per Seba e quella dannatamente inutile festa anni ottanta mi hanno provato al punto da costringermi a mollare un attimo la visione.
Non mi piace farlo, anche se a volte l'evento non è così drammatico.
Qui però il miracolo non è avvenuto. Da una parte ci sono delle scelte di sceneggiatura che ho trovato poco fluide, ma questo può far parte del gusto personale. Dall'altra però ho provato la sensazione di aver assistito allo sviluppo un'idea nata per un corto, o al massimo per un mediometraggio, e che per riempire lo spazio mancante nella pellicola si sia ricorsi ad alcune soluzioni poco eleganti.
Per questioni legate alla trama il regista si è dovuto attaccare al cliché del bosco, che è un luogo spaventoso, specialmente di notte, ma anche molto inflazionato nelle storie di questo tipo, quindi poco adatto alle sorprese. I problemi però nascono prima.
Un peccato, perché l'idea di base c'era e nella seconda parte avrebbe anche potuto funzionare, se solo ci fossi arrivato fresco, complici anche i pochi ma efficaci effetti speciali di Stivaletti.
Leggendo in giro per la rete ho visto che a molti quest'opera è piaciuta e convengo sulla capacità di mostrarsi schietta, almeno nella parte conclusiva. Tuttavia non l'ho trovata capace di emergere o di lasciare qualcosa di particolare dietro di se, nonostante uno spunto che ha dalla sua del potenziale.
Secondo me soffre di una certa difficoltà nella carburazione (tanto per restare in tema), che ne mina il pieno godimento.
Ma un giro fateglielo fare, sempre che non siate troppo impressionabili, perché quando ci dà dentro non nasconde niente.




Commenti