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Lo spettatore #209- L'oscura Turchia: Baskin (2015)

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Il nuovo terrore sa scegliere i luoghi più esotici per manifestarsi. Questa è la volta della Turchia, ambiente alquanto insolito per le storie di demoni, fantasmi e mostri. O almeno lo è per me, che sono ignorante come una capra in bilico su un crepaccio. Infatti anche sul Bosforo i tempi dell'ingenua exploitation sembrano finiti e, a patto di entrare in confidenza con i suoni di una lingua complessa come quella turca, le sorprese non mancano. Baskin ha due modi per catturare l'attenzione del pubblico. Il primo è quello che definirei superficiale, fatto di torture, frattaglie e disgusto visivo. Poi c'è l'altro che si diverte a giocare con la percezione dello spettatore, scomponendo il realismo della messa in scena dentro un incubo che continua a proiettare il protagonista avanti e indietro, dentro e fuori, in una sorta di eterno presente fatto a strati. Vero è che Can Evrenol ci mette un bel po' di tempo prima di entrare nella fase acuta della sua narrazione, prende