Lo spettatore #215- I dubbi e le certezze: Il Sacrificio Del Cervo Sacro (The Killing Of A Sacred Deer, 2017)


Dopo 35 minuti di visione ho dovuto spegnere tutto e prendermi una lunga pausa. Davvero, è durata giorni. Sulle motivazioni di questo gesto tutt'ora aleggia una fitta bruma di mistero. Che considerassi la narrazione di Lanthimos troppo prolissa? O era quel disagio che si insinuava sottile dentro di me?
Non lo so, e se non lo so io chi diavolo potrebbe saperlo?

Lanthimos usa la mano pesante nel mettere in scena la sua opera, piazzando le cineprese in luoghi insoliti (spesso e volentieri nell'angolo in alto a sinistra) ed evitando di seguire i suoi personaggi troppo da vicino. Uno stile che crea una forma di distacco, che forse è utile a sottolineare la perfezione sterilizzata della famiglia di Stephen Murphy (Colin Farrel) e Anna (Nicole Kidman), tutti puliti ed educati assieme ai loro figli gran cocchi dei genitori.
È forse l'impossibilità da parte mia di empatizzare con questa famiglia da Mulino Bianco (talmente impeccabile da vivere come unica forma di ribellione il desiderio del piccino di tenersi i capelli lunghi tutti boccoli) ad avermi allontanato. Ma non ci scommetterei forte.

Perché l'elemento perturbante che incrina lo schermo di perfezione dei Murphy il regista lo inserisce da subito, anche se volessimo ignorare l'operazione a cuore aperto che inaugura la pellicola.
Per conoscere le generalità del ragazzo che tenta di avvicinarsi al riluttante Stephen occorre aspettare un bel po' di tempo. Tempo che serve allo spettatore per divertirsi a speculare sulla sua identità. Sul fatto che si tratti di un tizio disturbato, comunque, non sussistono dubbi.
Lanthimos sottolinea i momenti chiave della storia attraverso l'utilizzo di suoni distorti, spesso facendoci capire le svolte prima ancora che a parlare siano le immagini. Ecco, quando in scena c'è Barry Keoghan è tutto uno sferragliare, cosa che, accoppiata alla placida espressione del giovane, contribuisce notevolmente a rendere scomoda la posizione sul divano.
Abbastanza da costringermi ad alzarmi e spegnere? Vai a capire.
Comunque sia dopo qualche giorno sono ripartito e ho scoperto che il vero film inizia proprio dove l'ho mollato io. Il solito violino indica la svolta che cambia completamente le carte in tavola, dando a tutto il progetto quel tono cupo di inevitabilità che prima era solo suggerito.
Tutte le teorie su cui lo spettatore si era baloccato riguardo il giovane saltano come tappi, mentre la perfezione su cui si basa la vita dei Murphy deve fare i conti con le difficoltà di una malattia improvvisa e misteriosa.
Vero, tutti i film di un certo tipo sono orientati a levare la maschera alla borghesia, rivelandone l'aspetto fasullo e artificiale. Ma qui il modo in cui succede è stupefacente. Complice la capacità manipolatoria e la freddezza di Martin, i personaggi precipitano in un vortice di follia e confusione che inevitabilmente si riversa su noi che li guardiamo, altrettanto ignoranti degli avvenimenti che stanno andando in scena.
Poi naturalmente c'è il finale nella tavola calda dove tutto è iniziato. Una chiusura del cerchio che serve a Lanthimos per farci capire cosa è davvero successo dietro le quinte dello spettacolo. Un paio di inquadrature, un gioco di sguardi, nessuna riga di dialogo e sappiamo come ha potuto prendere forma quello che fin lì pareva il frutto di interventi paranormali.
Ovvio, non sono ancora riuscito a capire perché dopo 35 minuti io abbia sentito il bisogno di allontanarmi dal lavoro di Lanthimos. Ma a questo punto direi anche che non ha alcuna importanza, perché Il Sacrificio Del Cervo Sacro è un ottimo film, da vedere e anche rivedere. Tanto se dopo pochi minuti vi doveste sentire sopraffatti potrete sempre interrompere la visione.
Comunque la voglia di finire sarà troppo forte e andrete in fondo, scoprendo che ne sarà valsa la pena.


Commenti

  1. In effetti è talmente disturbante che, all'epoca, avevo fatto fatica anche io a rimanere seduta in poltrona. Dopodiché l'ho rivisto un paio di volte, per non sbagliare.

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