I cimeli del cinema #9: La Morte Corre Sul Fiume (The Night Of The Hunter)

Quando vidi per la prima volta La Morte Corre Sul Fiume non potevo immaginare l'effetto sconvolgente che il suo antagonista avrebbe avuto su di me. Esattamente come le lettere sulle dita delle mani di Robert Mitchum, la figura di Harry Powell mi rimase tatuata addosso senza alcuna possibilità di scomparire dalla mia mente.
Il pastore portato in scena dal regale Mitchum è l'archetipo del malvagio: misogino, folle, determinato come un leone a stanare le sue piccole prede. Una figura agghiacciante che, abbinata allo straordinario duello canoro che lo oppone a Lilian Gish, per anni ha rappresentato l'unico ricordo forte che conservavo di questa pellicola; ma anche un motivo sufficiente per ributtarmi nella visione di un'opera di valore assoluto.
E' molto riduttivo, infatti, condensare l'essenza di questo lavoro solo all'immensità di uno dei cattivi più potenti della storia del cinema, per quanto il suo carisma esca dallo schermo. Qui c'è tanto, ma davvero tanto, di più:

Ambientato nel periodo della grande depressione, The Night Of The Hunter racconta la storia di due bambini costretti a proteggere un segreto più grande di loro, di una vedova alla ricerca di un marito in grado di aiutarla e di un sedicente predicatore serial killer di giovani donne e avido alla follia.
Una vicenda di una potenza sconquassante, piena com'è di messaggi più o meno profondi sulla natura umana, sul significato della religione e sulla forza dei più piccoli, spesso migliori degli adulti nel sopportare il dolore.
Potrei dire che questo film avrebbe potuto essere girato quest'anno e non ci si sarebbe accorti della differenza, ma sarebbe una stupidaggine senza senso. La pellicola è datata 1955 e, sotto molti aspetti, si porta sulla schiena tutto il peso degli anni.
Dal punto di vista meramente narrativo, ad esempio, la trama supera alcuni dei suoi punti critici con frivolezza e in alcuni momenti appare persino troppo sbrigativa. Caratteristiche che potrebbero stroncare qualsiasi opera, ma incapaci qui di scalfirne minimamente la grandezza.
A fare il grosso del lavoro è la potenza dell'immagine. Luci artificiali e quasi espressioniste, mettono a fuoco una vicenda oscura e cupa che non lascia un attimo di tregua, esattamente come Mitchum fa con i piccoli di casa Harper. La violenza folle di quest'uomo (sarebbe capace di accoltellare anche una ragazzina, solo perché prova a fare la civettuola con lui) permea ogni fotogramma di questo thriller tesissimo e lo rende trascinante, in misura sempre maggiore.
Laughton non gioca minimamente con il mistero. Chi sia Harry Powell lo capiamo fin dalla prima scena. Nonostante ciò è difficile non rimane sedotti dal suo carisma strabordante espresso attraverso una voce potente; esattamente come capita alla vedova Harper, anche quando capisce il tipo d'uomo che ha di fronte, o alla giovane Ruby, ancora prigioniera dell'idea romantica dell'amore al punto da non credere il pastore cattivo, nemmeno quando le evidenze sono davanti a lei.

Si canta molto in questo film e solitamente è una cosa che detesto. Ma qui l'aspetto canoro è parte integrante dell'atmosfera. Ogni canzone è interpretata con una tonalità diversa che va ad infondere a ogni determinato tratto di storia la giusta connotazione. Una colonna sonora affidata direttamente agli attori, potremmo dire, capace di immergere ancora di più lo spettatore dentro una vicenda torbida. Il già citato duello di voci tra Gish e Mitchum è la sublimazione di questo e rappresenta anche il nucleo centrale dell'opera.
La religione guida sia i pensieri di Powell che quelli della raccoglitrice di orfani Cooper. Eppure, pur basandosi sugli stessi versi della Bibbia, i due personaggi li assorbono in modo completamente diverso, dimostrando come ciò che è scritto ha davvero poco valore e che la vera discriminante è l'interpretazione di chi legge. Un'argomentazione piuttosto attuale.
Non voglio dire altro su quest'opera. Gli argomenti non mancherebbero di certo, ma sarebbe solo uno spreco di parole da affidare a una rete che ne è già piena.
Piuttosto cari lettori (se esistete), guardatelo e rimanetene estasiati. Raramente il termine capolavoro è stato così ben speso come in questo caso.
E ciao.

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