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Lo spettatore #218- Matti in un mondo di matti: American Psycho (2000)

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Questo è uno di quei film che ho visto a breve distanza dalla sua uscita in sala e con il quale per anni ho vissuto un rapporto conflittuale. Insomma, a farvela breve non mi era piaciuto. Ma a oltre vent'anni di distanza e dopo aver letto il romanzo dal quale è stato tratto (due volte, e si sta scaldando a bordo campo per la terza), ho pensato fosse giunto il momento di dargli un'altra occasione. Anche perché più di qualcuno me ne ha parlato bene, quindi ci sta che io sia stato troppo frettoloso. So benissimo che è sbagliato mettere a diretto confronto un romanzo e il film che ne è stato tratto. Si tratta di linguaggi e di tempi diversi, di interpretazioni personali che si soffermano sui dettagli, perché catturare l'intera essenza della narrazione è semplicemente impossibile. Per di più American Psycho è un film corto, di quelli che facevano una volta, che ha un'ora e mezza da spendere e deve forzatamente scegliere qual è l'argomento più importante da sviscerare (...

Lo spettatore #202- La cosa giusta. Sempre: Hostiles (2017)

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Difficile fare i conti con il proprio passato, specialmente per una nazione con una storia lunga una pagina alla disperata ricerca di miti fondativi. Gli americani, tanto per fare un esempio del tutto casuale, hanno questa cosa della frontiera. Un luogo della nostalgia dove la determinazione (e qualche arma da fuoco) potevano consentire anche al più gretto degli individui di costruire un impero. La radice del sogno a stelle e strisce, in un certo senso. Il punto è che questa epica vacilla quando si vuole studiarne più nel profondo i meccanismi. Lo scempio della cultura nativa, ovviamente, ma anche l'anarchismo selvaggio. Riletture che col tempo hanno iniziato ad affermarsi, facendo scoprire agli yankees che forse quella che esportano per il mondo non è la meravigliosa libertà che si poteva respirare nei vasti paesaggi del nuovo continente, ma il piacere della sopraffazione tipico di un certo modo di vivere il far west. A inizio film arrivano i Comanche, determinati a bruciare una ...

CDC #150- Capitoli di troppo: Terminator Salvation (2009)

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Ammetto di aver perso un po' il conto con i Terminator. Conosco bene il primo perché è un film che amo alla follia, ho visto un po' di volte il secondo che mi piaciucchia abbastanza e poi basta così. Per conto mio l'avventura degli androidi made in Skynet poteva anche considerarsi chiusa. Mi scuserete, quindi, se non so a che numero si collochi questo Salvation. Il terzo? Il sesto? Il centoquattordicesimo? Mah. Quello che ho notato, invece, è quanto John Connor abbia finito per assomigliare a Bruce Wayne. Un fatto più importante di quanto possa sembrare a prima vista, in effetti, perché la notevole presenza di volti noti (o famigerati) sottintende come questo Salvation non sia un seguito da cassetta, fatto con due lire tanto per sfruttare un marchio stanco e superato dai tempi. Qui ci troviamo al cospetto di una produzione con tanti soldi nel portafoglio e nessuna remora nello spenderli. Vi dirò, sulle prime questa rivelazione mi ha anche messo di buonumore. Forse ve l...

CDC #121- Davide contro Golia al contrario: Le Mans 66 La Grande Sfida (Ford v Ferrari, 2019)

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 A Hollywood ci provano sempre. Ogni occasione è buona per dipingere gli americani come i primi della classe. Gente capace di lanciarsi in sfide impossibili contro avversari più dotati e di uscirne trionfante. Stavolta il ruolo di grande nemico tocca, udite udite, agli italiani. Quelli di Enzo Ferrari nella fattispecie, l'uomo che osò dominare i circuiti dal basso della sua fabbrichetta di artigiani a dispetto della grande potenza industriale a stelle e strisce. Quale affronto insopportabile. Non è ne tempo ne luogo per affrontare l'effettivo tentativo di accordo che intercorse tra Ford e Ferrari. Tuttavia le cronache descrivono il grande Vecchio come un uomo molto riservato, che non frequentava abitualmente i circuiti e che difficilmente provava piacevoli i bagni di folla. Trasformarlo in un divo acclamato dalla propria corte mi pare una licenza poetica abbastanza generosa. Ma si sa. Come spesso accade in opere di questo genere, la collina prende spunto dalla realtà e poi c...