CDC #170- Un'eredità che non volevo: Ghostbusters: Legacy (Ghostbusters: Afterlife, 2021)

Non è che sono nato ieri. Quando sono andato al cinema a vedere Ghostbusters: Legacy sapevo benissimo che stavo per guardare un prodotto interamente plasmato sulla nostalgia. Ci provano da decenni, dopotutto.
Ma se persino il secondo film non riuscì nell'intento (e uscì pochi anni dopo il capostipite sfruttando pressoché il medesimo cast), mi chiedo quali speranze possano avere i produttori del nuovo millennio. Dico, solo pochi anni fa l'impresa di riportare al cinema il marchio si trasformò nel flop più fragoroso degli ultimi decenni.
Eppure sulla collina non si rassegnano. Sfruttare idee fresche è come bestemmiare in chiesa, quindi avanti: altro giro coi Ghostbusters, ma stavolta chiamiamo anche i reduci del quartetto originale. Anzi no. Chiamiamoli tutti, crepi l'avarizia. Tanto il pirla che va in sala lo troviamo comunque.
Eccolo qui, per la precisione, quel pirla. Sta anche per consumare dei tasti per parlarvene e pubblicizzare ancora di più l'iniziativa, tra l'altro.
Siamo tutti rotelline della stessa macchina.
Che qualcosa non funzioni nell'opera messa in piedi da Jason Reitman lo si capisce fin dalla prima, lunghissima parte. Mentre lo spettatore soffre davanti allo schermo, il regista si occupa di presentare i nuovi personaggi, destinati a prendere in mano l'eredità (appunto) degli Acchiappafantasmi. Tutta gente che non fa molta presa, perché dopotutto si tratta dei soliti ragazzini vagamente strambi che le sceneggiature hollywoodiane propongono a ogni occasione disponibile. Ma ovviamente il vero fulcro della vicenda è l'attesa per quello che Reitman si sforza solamente di suggerire.
Un sguardo indecente all'Ecto1, una trappola avvolta dalle scosse e una serie di riferimenti a palese uso e consumo dei vecchi fan, fanno da sfondo a una storia raccontata mille volte, di cui un buon seicento anche meglio di così. Certo, il pubblico bersaglio dei produttori è probabilmente molto più giovane di me, quindi magari a costoro i bimbetti tutti matti saranno anche piaciuti. O quantomeno glielo auguro, dato che sembra evidente come questo Ghostbusters:Legacy sia destinato a diventare il primo capitolo di una saga che ammorberà le sale cinematografiche nei prossimi lustri. Magari azzardando qualche incursione nel MCU, perché non esiste limite al peggio.
Nella seconda metà il film riesce, se possibile, ad essere ancora meno fresco. Reitman si infila di testa dentro il lavoro del padre, ricopiando il canovaccio del capostipite, riesumando i vecchi amici, riproponendo le battute classiche, ri. Insomma, ammicca così tanto da slogarsi le palpebre.
Si gioca le emozioni facili, direi. Da Gozer, ai mini ometti di marsh mellow (la cui presenza non ha alcuna utilità qui, se non far dire qualche “che carino” ai più teneri tra gli spettatori) tutto è stato pensato con uno strabismo mentale che spinge un occhio a guardare al 1984 e l'altro a un 2021 che rimane comunque molto ottantiano.
E' tutto così identico alla trama originale che sembra di poter prevedere lo svolgimento un paio di istanti prima che le immagini compaiano sullo schermo. Cribbio, persino l'apparizione degli acchiappafantasmi d'epoca era scritta nella roccia.
Tutti e quattro per di più, perché non c'è limite alla decenza quando il botteghino reclama.
Detto che il titolo italiano (va beh. Traduzione in inglese di un titolo inglese) funziona meglio di quello scelto per la versione 'mericana, credo di aver finito gli aspetti positivi di cui parlare.
Ghostbusters: Legacy è un prodotto tossico, immerso nel lago della nostalgia ad ogni costo che pervade tutto lo scibile umano e che beve fino a strozzarsi. Almeno avessero scelto uno diverso da Finn Wolfhard, che poveretto avrà difficoltà a raccapezzarsi su che decennio sia quello in cui sta vivendo.
Sette euro buttati giù per lo scarico del WC. Il bello è che me lo aspettavo pure.  



Commenti

  1. Anche io l'ho trovato lento, sinceramente mi aspettavo qualcosa di meglio. L'unica cosa che mi ha fatto piacere è stato scoprire che era un hommage a Harold Ramis fatto dai suoi amici.
    Ti abbraccio.

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    1. Si, un bel gesto. Anche se forse gli avrei risparmiato il ritorno in versione digitale. Grazie della visita!

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