CDC #165- Picchiarsi col sorriso: Mortal Kombat (2021)

Allora, i film belli sono un'altra cosa e siamo d'accordo. Ma davvero l'ondata di disgusto che schiuma dalla rete a voi sembra giustificata?
Pensate, ho letto persino di gente che rimpiange la pellicola del 1995, quella con Christopher Lambert nel ruolo di Raiden. Dai ragazzi, su. Non facciamoci sempre riconoscere.

Poche sono le certezze della vita. La più immutabile, probabilmente, dice che scegliere un videogioco come base d'appoggio per costruirci un film (o addirittura una saga) non è mai una grande idea. Ne abbiamo parlato anche noi. Più volte.
Se poi il prodotto in questione fa parte del genere picchiaduro a incontri, nel quale il corollario della trama serve solo a giustificare la scelta dei personaggi, diventa subito chiaro come la direzione presa condurrà addosso a un muro molto solido.
Che si, lo so anche io che dietro agli incontri del Mortal Kombat aleggiava tutta una storia. Ma sfido chiunque di voi ad ammettere di essersi fermato a leggere il muro di testo che anticipava la partita senza schiacciare tutti i tasti della plancia per mandarlo via.
Io, dal canto mio, quasi non conoscevo i nomi dei tizi sullo schermo. Non amavo Mortal Kombat così come non apprezzo molto il genere appartenenza. Mi attiravano i suoi ometti digitalizzati e le abbondanti secchiate di sangue che promettevano le demo. Ma quando ho capito che non ero in grado di superare il terzo incontro e che le Fatality non mi sarebbero riuscite nemmeno a spenderci diecimila lire a botta, mi sono stufato e ho lasciato la leggenda di Mortal Kombat agli appassionati.
Va da se che non c'è possibilità per me di sentirmi offeso nel caso gli sceneggiatori non portino rispetto ai concetti base della storia originale. Del resto nei decenni è uscito di tutto sotto il marchio Mortal Kombat e non sono nemmeno sicuro esista un senso nel concetto di storia originale.
A dire il vero questo film non mi pare poi così diverso dai prodotti medi che girano ultimamente. La trama è volutamente una sciocchezza zeppa di fan service, arricchita da frasi estirpate dal videogioco e innestate a forza nel corpo del racconto. Un intreccio costituito da personaggi tagliati con la motofalciatrice e tantissime strizzatine d'occhio a chi, in un modo o nell'altro, è arrivato a provare almeno un po' di simpatia per Scorpion, Sub-Zero e tutta la compagnia combattente.
Tutto sembra scritto con il solo scopo di condurre i protagonisti da uno scontro all'altro, presentando il campionario di lottatori con l'enfasi che ci si aspetta e cercando di mettere le basi per un progetto che, almeno a naso, non ha nessuna intenzione di interrompersi ai titoli di coda di questa roba.
Se fossimo negli anni novanta pronosticherei anche l'uscita di un nuovo titolo arcade con i lottatori digitalizzati sul modello degli attori presenti sulla pellicola. Ma ormai siamo nei venti e queste manovre commerciali non si fanno più. Oggi si usano i modelli in 3D e i titoli si giocano a casa davanti alla TV.
Per giudicare la qualità dei combattimenti esistono esperti molto più competenti di me. Quel che ho visto io è un sacco di azione girata davanti a uno schermo verde, qualche momento soddisfacente e un tentativo di rimanere il più possibile aderenti allo spirito del gioco. Quindi poche chiacchiere, tante sberle e una serie di omicidi grotteschi.
Per il resto ci troviamo di fronte a un capitolo uno che, a differenza di tanti prologhi di saghe famose, non fa nulla per nascondere la sua natura.
Manca un vero finale purtroppo. Non vediamo mai il torneo che dà il nome al film. Ci viene palesemente anticipato che molti dei morti di questa storia torneranno belli pimpanti nei successivi episodi.
Una serie di scelte che detesto vedere al cinema e non solo (un morto dovrebbe restare tale, altrimenti tutto il dramma potenziale si spegne come un cerino in una pozzanghera), ma che ben si adattano al gusto degli spettatori moderni, talmente assuefatti ai sotterfugi degli universi narrativi da sentire il bisogno di farsi raccontare sempre le stesse cose e nello stesso modo.
Nulla di sorprendente, in fin dei conti.
Tuttavia, almeno in questa prima interazione, Mortal Kombat ha la forza di mantenersi umile. Sa di essere un film idiota, ma, differentemente da tanti altri, non fa nulla per farci credere il contrario.
Questo approccio, che definirei quasi autoironico, gli consente di portarsi a casa la serata. Una sorta di B-Movie sotto steroidi che mai, nemmeno per un secondo, chiede allo spettatore di prenderlo seriamente.
Certo, c'è la possibilità che per qualcuno Mortal Kombat sia un classico che riscrive il concetto di filosofia partendo da un approccio alle tematiche innovativo e la cui mitologia non andrebbe insozzata da interpretazioni così leggiadre e poco rispettose. Ma in questo caso sarebbero problemi suoi.
Mortal Kombat è sempre stato una stupidata, fin dalla sua prima apparizione nelle sale giochi anni novanta. Questo film si limita a rispettarne le prerogative e a farsi dimenticare due minuti dopo la visione.
Quantomeno non è noioso come quella roba del novantacinque con Lambert. Questo dovreste concederglielo.




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