Ci sono i belli e quelli che credono di esserlo: breve rassegna su tre serie TV

Più passa il tempo più mi allontano dalle serie tv. Le piattaforme digitali e i network televisivi dai portafogli gonfi ce ne riversano addosso una quantità industriale. Spesso le premesse ingolosiscono noi spettatori, ma dopo un inizio scoppiettante quello che rimane è una vicenda sfilacciata e moscia, che vale la visione solo per i cliffanger di fine puntata.
Detesto quando la gente mi fa perdere tempo, specialmente se non ha niente da dirmi.
Però esistono le eccezioni. Tipo quei prodotti che risolvono tutto in giornata, grazie a trame verticali incisive e autoconcludenti. O quelle belle serie che cambiano contesto e personaggi ogni stagione. O semplicemente le storie scritte bene.
Oggi voglio condividere con voi la passione per due opere appartenenti all'ultima categoria. Due racconti noir talmente diversi da riscoprirsi simili nella loro grandezza.

Lo voglio dire subito, così svelo immediatamente i miei segreti: The Shield è la mia serie preferita di sempre.
Nessun altro è riuscito a raccontarmi una storia così efficace e potente attraverso il medium televisivo.
Durante le sette stagioni che servono alla trama per completarsi, la mia empatia verso Vic Mackey e la sua squadra è stata sollecitata in ogni modo possibile. Li ho amati e odiati con lo stesso trasporto. Con quel modo spiccio di affrontare il mestiere, la scorrettezza dei comportamenti, la determinazione nel raggiungere lo scopo a qualsiasi costo che spesso li fa deragliare dalle rotaie maestre ci si trova costretti a leggere i personaggi da entrambi i lati della pagina.
La squadra di Vic e il suo dipartimento in perenne battaglia con lui sono protagonisti di una vicenda solida, che non perde mai un attimo il respiro e soprattutto che si conclude in modo perfetto. Dopo sette stagioni passate a sgranare gli occhi di fronte alle situazioni toccanti che coinvolgono i personaggi, resta la sensazione di un finale ideale. Quadrato. Lontano dal melodramma.
Come sapete, la mia convinzione è che questa trama sia stata scritta tutta in blocco e solo dopo suddivisa in stagioni ed episodi. Una compattezza di questo genere, nonostante il lungo periodo di messa in onda e la necessità di superare uno sciopero degli sceneggiatori, non si spiega altrimenti.
Nemmeno i cuginetti inmoto riuscirono a trovare una narrazione così armoniosa. Nonostante gli autori siano gli più o meno stessi.
Nessuno come The Shield. Mai.
O quasi.
Prodotta e trasmessa dal canale HBO più o meno nello stesso periodo ma per meno stagioni, The Wire interpreta la compattezza narrativa in maniera molto differente.
Sempre di poliziotti stiamo a parlare, ma laddove The Shield ci schierava sullo schermo una squadra che usciva fuori dalle regole soprattutto per perseguire un fine personale, qui la situazione si presenta diversa.
Innanzitutto perché una vera e propria squadra non esiste. Poi perché chi abbatte i protocolli lo fa per esclusive necessità di indagine. Oltre che per dimostrarsi moralmente migliore degli altri, certo.
La forma complessiva di The Wire è strana e difficile da incontrare altrove. Personaggi e interpreti sono gli stessi in tutte e cinque le stagioni, a cambiare sono i loro ruoli all'interno della storia e il contesto che li circonda.
Ambientata in una Baltimora devastata da crimine e corruzione, The Wire ne racconta la decadenza analizzandone luoghi e aspetti diversi a ogni stagione.
In questo viaggio nella depressione più acuta, chi è protagonista della serie uno, si ritrova con ruoli di secondo piano nelle seguenti. I personaggi si interscambiano e la loro vera essenza viene raccontata piano piano, a seconda della centratura che la storia prevede per loro.
La vicenda non è monolitica come quella raccontata in The Shield. Ma è solida altrettanto, perché gli autori hanno trovato un modo originale per mettere al centro della scena tutti quanti.
Forse non arriverò mai ad amarla come The Shield. Ma ci siamo molto vicini

Sarà un caso che entrambe queste serie siano polizieschi spruzzati di noir? Non credo. Questo tipo di storie più di altre hanno bisogno del sostegno granitico dalla trama. Dev'essere per quello che chi utilizza il genere spesso sceglie storie verticali, con il classico caso della settimana e qualche segno di continuità tracciato qua e la. Un modo abbastanza semplice per guadagnarsi l'amore del pubblico. Anche se non l'unico.
Pensate a Lost, che conquistò tutti con le sue suggestioni infinite, pescate dai classici della letteratura e della filosofia. Una fase preparatoria piena di mistero e fascino che assicurava una narrazione di alto livello, ricca di suspance, intrattenimento e riflessioni.
Poi però gli autori si sono lasciati trascinare in un vortice di assurdità sempre più grosso, finendo per perdere il contatto con le loro idee iniziali e trasformando il tutto in un'enorme baracconata senza ne capo ne coda, che, alla fine della fiera, non ha condotto da nessuna parte. Maledetti loro e quella botola di merda.
Il punto è che le serie televisive si ispirano più a Lost che a The Shileld e questo è un problema.
Credetemi, secondo la mia esperienza, pochi sono arrivati vicino alla perfezione. Probabilmente sono molti di più quelli che hanno iniziato a perdere pezzi già dalla seconda puntata.
Per questo non amo più le serie televisive. Si atteggiano a grandi storie, vorrebbero farmi credere di essere come The Shield o The Wire. Invece sono solo fuffa.
Come Lost.

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