Una storia di gangster con la moto: Sons Of Anarchy
C'è stato un tempo nel quale anche io,
come voi, coltivavo la passione per le serie televisive. Un'epoca
scura, fatta di nottatacce passate a fari accesi, schiavo della frase
“ancora una, poi vado a dormire”.
Il tempo mi ha insegnato a cambiare per
diventare una persona migliore. Oggi posso di nuovo alzarmi presto al
mattino e salutare i fringuelli che cantano allegri sul mio balcone.
Posso sorridere al nuovo giorno annusando il profumo dei fiori
bagnati di rugiada. Posso correre nei campi di grano lasciandomi
carezzare dalle spighe. E, come forse avrete notato, posso dire una
valanga di stronzate.
La verità vera è che qualche
sceneggiato lo seguo ancora. Certo, a tempo perso e non più con
l'assiduità di una volta, ma comunque posso ancora perdermi dietro
queste storie.
Mi sono imposto un'unica regola:
escluso Game Of Thrones, se inizio a seguire un telefilm mi devo
assicurare che sia giunto a conclusione. Non ho voglia di aspettare
mesi tra una stagione e l'altra, anche perché alla mia età inizia a
diventare un dilemma il solo fatto di arrivarci, alla stagione
successiva.
Dalla mia precedente esperienza di
teledipendente ho conservato il ricordo di una serie che, secondo me,
resta ancora uno dei migliori prodotti televisivi che mi sia capitato
di seguire. Mi rifersico a The Shield, crime drama sulla polizia
corrotta di Los Angeles, costruito in maniera sporca e con telecamere
a volte troppo ballerine, ma dotato di una compattezza narrativa tale
da sembrare scritto tutto insieme e poi tagliato a fette come la
torta della nonna.
Mi piacque talmente tanto The Shield da
spingermi a riporre una fiducia cieca suoi autori. Così, quando
seppi dell'esistenza di un'altra serie bella corposa ideata da loro,
decisi di buttarmici senza pensarci troppo: fu così che scoprii Sons
Of Anarchy. Con tanti saluti alla fiducia cieca di cui sopra,
ovviamente.
Certo, SOA ha i suoi punti di
prestigio, su questo non ci piove. Penso alla costruzione del
protagonista; Jax Teller (il biondino Charlie Hunnam), sia
dall'aspetto fisico che dalle premesse, sembrerebbe destinato al
positivo ruolo di ribelle animato dall'ideale di trasformare il suo
motor-club di criminali in un'associazione dominata dalla bontà.
Eppure in certi momenti si dimostra un fallito vero e proprio. Il
ragazzo non ne becca una, sbaglia nel valutare le persone intorno a
se e si lascia condizionare a tal punto dal potere persuasivo di chi
gli sta intorno, da prendere decisioni completamente prive di senso
che minano il progetto di redenzione che ha costruito per i suoi
fratelli motari. Insomma un disegno intrigante per uno che porta
avanti da protagonista le vicende di una storia corale come questa.
Così come è riuscito il carattere di
Gemma (madre di Jax interpretata da Katey Sagal), autentica
mattatrice dei destini dei Sons, nonché interessante regina sotto
attacco nella lotta di potere che la contrappone a Tara (moglie di
Jax, portata sullo schermo dalla caratterista Maggie Siff). Ho finito
per detestarla Gemma, ed è esattamente ciò che gli autori volevano
per lei (anche se io le avrei offerto un finale diverso).
La scrittura di tutti i personaggi in
generale è, in verità, notevole. Ce ne sono tanti, alcuni si
perdono ed altri crescono di rilevanza con il proseguire della trama,
ma la gran parte di loro è in grado di incidere in qualche modo
sulla vicenda. Certo, su alcuni di essi si notano alcuni clichè già
altamente digeriti in passato. Tuttavia, una volta entrati
nell'ottica di ciò che si sta vedendo, raramente si notano forzature
o incongruenze nel loro modo di porsi e agire.
Però, se proprio vi andasse di
chiedermelo, non definirei la serie riuscita. Non ci si affeziona poi
molto ai caratteri sullo schermo (e in una serie TV questo non va
bene) e una volta finita la festa ci si trova orfani di quel magone
da fine serie che conosciamo bene tutti quanti.
Perché SOA si limita a vivere dei suoi
season finale, poco da fare. L'ultima puntata (o le ultime due
qualche volta) di una stagione promettono sempre meraviglie. Pur
senza usare cliffanger evidenti, questi episodi spesso concentrano
all'interno della loro oretta di visione il vero succo di quello che
gli autori intenderebbero di raccontare.
Ma una serie è costruita da molte
puntate e, se andiamo a vedere cosa sta nel mezzo, l'amalgama non
pare così stabile.
La sensazione che ci fossero troppi
episodi e troppo lunghi non mi ha abbandonato mai. La trama finisce
per arrotolarsi su se stessa e proporre le stesse dinamiche in
continuazione. Intendiamoci, posso anche capire alcune scelte in
questo senso, però la noia ha bussato dallo schermo in quantità
troppo massive per i miei gusti.
In più ci sono quelle che a me son
sembrate occasioni mancate. Per esempio: a cosa serve che i
protagonisti appartengano a una banda di motociclisti se finiscono
per comportarsi esattamente come tutte le gang di strada loro rivali?
Una bella domanda per conto mio, che gli autori hanno pensato di
risolvere attraverso qualche vago discorso sulla fratellanza e a un
paio di toppe da cucire su un gilet in pelle. Ma non è che basta
così. Una caratterizzazione migliore sulle scelte dei Sons rispetto
agli altri l'avrei gradita, quantomeno per giustificare il product
placement che l'Harley Davidson ha piazzato per tutta la visione.
Non che sia una di quelle narrazioni da
abbandonare, sia chiaro. Tuttavia la sensazione di compattezza che
gli autori mi avevano donato in The Shield, qui viene sostituita da
una lunga serie di episodi che non spostano di nulla in avanti la
storia.
Certo, quel finale strappalacrime può
far sembrare che tutti i fili della narrazione si chiudano
perfettamente, riscattando completamente ogni incertezza del
racconto. Ma bisogna starci attenti.
Seguire una serie tv tutta insieme
mette a nudo alcuni problemi che la visione di una puntata a
settimana non fa emergere. Pur senza buchi scandalosi, la
sceneggiatura funziona a tratti e nel complesso la sensazione che la
minestra sia stata allungata ben oltre il limite del sapore c'è e si
fa sentire.
Ma so che a molti questo spettacolo è
piaciuto. Quindi, se proprio non vi fidate delle mie impressioni,
potete pur sempre testarla con mano. Però non ditemi che non vi
avevo avvisati eh.
Ora potete andare, su. Salutate a casa.
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