CDC #133- Nebbia con sorpresa: The Mist (2007)

Insieme a "tratto da una storia vera" la frase "Ispirato a un racconto di Stephen King" è una di quelle che più spesso vediamo comparire nei titoli di qualche produzione cinematografica. Ed è pure presagio di sventure, per altro, dato il trattamento sovente riservato al Re dal grande schermo.
Tuttavia è difficile non cedere alla tentazione quando si parla di The Mist. Uno dei racconti che preferisco dello scrittore, perché capace di condensare in relativamente poche pagine tutta l'opera del buon Stefano.

Del resto non dev'essere stata difficile la scelta del racconto, anche per una produzione a budget limitato come questa. Girato praticamente in un'unica location, son bastate un paio di macchine del fumo abbastanza potenti e un miscuglio di effetti digitali e analogici per portare a casa la pagnotta. Anche perché ho l'impressione che a Frank Darabont più che i mostri là fuori interessassero quelli qui dentro.
Mrs. Carmody ad esempio: quando entra in scena indossa i panni della scema del villaggio. I suoi deliri biblici vengono erroneamente scambiati dai razionali come modo per affrontare la paura. Invece la donna viene esaltata dall'apocalisse che si sta manifestando fuori dal supermercato. Trova in essa la concretizzazione delle profezie assimilate in anni di estremismo religioso. Capisce di avere una possibilità concreta di esercitare il proselitismo.
Quando gli avventori passano dal terrore alla disperazione, ecco che il suo gregge inizia a formarsi. La gente non capisce, non sa, è spaventata e trova nelle semplificazioni della religione l'unica via per salvarsi da una situazione che non sembra offrire vie d'uscita. Il salto cieco nella fede induce anche le persone più equilibrate a commettere atti agghiaccianti pur di placare il Dio vendicativo dell'Antico Testamento.
Così come King, Darabont ripropone nel microcosmo del negozio gli scontri della società che viviamo tutti i giorni. Prendendo bene le distanze dagli estremi, ovviamente. Ma riservando qualche colpo anche a chi, dal proprio punto di vista estremamente razionale, è fermamente convinto di essere nel giusto. Perché quando la nebbia nasconde certi abomini, giusto e sbagliato diventano concetti deleteri.
Ma oh. Non è che The Mist sia un trattato di sociologia eh. Darabont non dimentica le origini orrorifiche del racconto e le riporta sotto forma di ettolitri di sangue e smembramenti abbastanza disgustosi. Anche se finisce, come spesso accade nel genere, per dare più spazio all'aspetto action della sua pellicola. Perché il mostro, per quanto brutto sia (poveraccio), fa sempre più paura quando è nascosto dalla nebbia che nel momento in cui diventa qualcosa di concreto e affrontabile.
Certo, il povero Frank ha per le mani una produzione piuttosto secchina. Il cast a sua disposizione non è certo formato dal gotha del actor studio e il VIC-20 nelle mani del comparto effetti speciali a volte fatica a nascondere i propri limiti. L'intero impianto scenico, a dire la verità, ha un che di televisivo, caratteristica che non aiuta il regista a costruire quell'atmosfera cupa e misteriosa che la nebbia con sorpresa dovrebbe suggerire.
C'è anche un discorso di scelte che si sono adattate poco ai miei gusti complicati. A me, ad esempio, sarebbe piaciuto un ingresso più soft di questa nebbia. Un mistero nell'atto di svelarsi piano piano. Recuperando magari il tempo speso all'inizio eliminando la scena della farmacia, che è si tensiva e tutto sommato decorosa, ma non ha alcun impatto sulla trama.
Cose così insomma.
The Mist non è un grande film, tanto per essere chiari. Per segnare il passaggio del tempo Darabont inserisce delle transizioni a nero che paiono dividere il suo lavoro in episodi, cosa che non ho amato poi molto. In più è pieno di sovrarecitazione che trasforma momenti drammatici in situazioni in filo slapstick.
Tuttavia, anche grazie al materiale originale, Darabont mi ha tenuto attaccato alla schermo dall'inizio alla fine. Perché qualcosa da dire questo The Mist ce l'ha. Questo, secondo me, giustifica anche qualche scivolone.
E poi, se proprio devo dirvela tutta, il finale riesce ad essere ancora più crudele e beffardo di quello scelto da Stefano per la sua storia.
Ho apprezzato Frank. Io ho apprezzato.






Commenti