Lo spettatore #286- Un automa di nome Nicolas: Willy's Wonderland (2021)

Dev'essere successo qualcosa durante l'infanzia dei produttori moderni, perché tutto questo proliferare di film e videogiochi a tema animatroni fuori controllo ha qualcosa di sospetto. A me piace immaginarli da bambini tutti insieme a una festa in un locale dove questi cosi hanno iniziato a dare di matto provocando incidenti terrificanti. So che sembra un eventualità improbabile, ma non riesco a spiegare altrimenti la nascita in così rapida sequenza di opere come Banana Splits, Five Nights At freddy's e Poppy Playtime, tanto per fare qualche esempio. O di Willy's Wonderland, per l'appunto.
Nonostante le prime sequenze possano far credere il contrario, appena entra in scena Nick Cage il film ci fa subito capire la sua natura di giocattolone tutto matto da non prendere sul serio. Del resto il nostro Nicola sa benissimo come calarsi nella parte del giustiziere fuori di testa, che fa solo finta di cascare nella trappola messa in piedi dai paesani mentre è perfettamente consapevole di cosa lo aspetta dentro il ristorante maledetto.
Cage è l’uomo che regge la candela quasi da solo, per nulla sostenuto da una sceneggiatura scritta sul retro di una cartolina che punta tutto sulle risse del nostro eroe contro i pupazzoni e spera che la regia riesca da sola a costruire un po’ di narrazione.
Poi è vero, ci sono un paio di spiegoni piazzati a caso che ci rendono edotti sull’assurda storia nascosta dietro la facciata di Willy’s Wonderland, ma mi viene da dire che se ne poteva anche fare a meno. Dopotutto del protagonista non ci viene raccontato niente e lui è pure muto, ma la cosa non dà alcun fastidio, anzi, aumenta il fascino verso questo soggetto che è ancora più pericoloso dei droni impazziti.
Fortuna che la regia di Kevin Lewis riesce in effetti a sostenere la trama, trasformando il film in un piacevole diversivo per un incastro temporale senza impegno. Lewis e lo sceneggiatore G.O. Parsons mettono insieme un po’ di stereotipi da cinema horror (come gli adolescenti pronti a farsi massacrare e così stupidi da andare a cercarsela) che servono più che altro a creare movimento e qualche variazione sul tema, aggiungono un substrato fatto di maledizioni assurde e sparizioni misteriose, poi accendono la corrente e attivano gli animatroni gettandoli tra le grinfie di un Cage che se la gode come un matto.
Certo, i mostri in sé non sono proprio questo gran bel vedere, più simili a peluche maltrattati da qualche bambino troppo grosso che a vere minacce. L’unica a sfuggire a questa impressione è la fatina con gli occhi allungati e quella bocca che pare l’ingesso dentato di un pozzo. Ecco, lei un pochino mi ha disturbato, lo ammetto e forse non a caso il film finisce come finisce, perché ho il sospetto che se ne siano accorti anche gli autori.
Tutto è comunque inserito in una pellicola che non tenta mai di spaventare, né tanto meno di inquietare. I massacri più raccapriccianti ai danni dei poveri ragazzi avvengono quasi sempre fuori scena, figli di un tono che vuole restare sempre giocoso e divertito. I personaggi di contorno (tranne la Liv di Emily Tosta) sono dei cartoni animati più di quanto lo siano i robot posseduti e forse anche Cage è un animatrone costruito apposta per sconfiggerli. In realtà lui potrebbe essere qualunque cosa vi venga in mente e andrebbe bene comunque, visto che si tratta dell’unico guizzo davvero furbo della sceneggiatura.
Willy’s Wonderland non è un pezzo di cinema imperdibile visto che comunque è inserito in un filone piuttosto ricco, ma non tutti possono schierare un Nicholas Cage così divertito e questo è un vanto (forse l’unico) di una produzione molto concentrata su poche cose, ma fatte bene.
Ha il pregio di durare il tempo di un respiro, caratteristica che lo rende denso al punto giusto. Un lavoro godibile che vi farà dimenticare per un’oretta e mezza scarsa tutto il resto e che se ne andrà come è arrivato.

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