Lo spettatore #278- Giù le mani dal camper: Blood and money (2020)

I gelidi boschi del Maine settentrionale sono luoghi ideali dove nascondersi e sparire dopo una rapina. Basta solo non trovarci qualcuno abile con le armi e con nulla da perdere.

Detta così e vedendo la faccia di Tom Berenger capeggiare sulla locandina, Blood And Money potrebbe anche sembrare un filmaccio d’azione di quelli che si facevano una volta. Ma no, non lo è, o almeno non lo è finché non prova ad esserlo e allora diventa un disastro.
In realtà questa è una bestia piuttosto strana: per una buona metà della visione abbiamo a che fare con una pellicola riflessiva, quasi intimista mi verrebbe da dire. Il Jim Reed di Tom Berenger è un uomo solitario, sconfitto da una serie di avvenimenti tra cui la morte della figlia provocata da lui stesso, un matrimonio in frantumi e la rottura dei rapporti con l’altro figlio con il quale non si sente da un anno. Ecco, se tutto ciò non bastasse Jim è pure malato, molto malato, malato al punto da cascare in terra svenuto durante i suoi attacchi di tosse. Ma lui ha servito, come dicono oltre oceano, quindi non si lamenta e si gode le poche cose belle di cui dispone: i boschi innevati e il camper. E noi sappiamo cosa succede a chi tocca il camper di un uomo così.
La prima parte del film ci mette vicino a questo sfortunato esemplare, spostandoci dalle nevi del Maine ai piccoli villaggi rurali che sorgono intorno alla foresta. Lo vediamo cacciare un cervo che non potrebbe uccidere, parlare del più e del meno con i guardiani del parco, rifocillarsi in squallide tavole calde, tossire sangue e fare il camperista pacifico.
Si tratta di un’opera che potrebbe provocare struggimento se l’uomo avesse una faccia diversa da quella un poco stralunata di Berenger. Anzi, persino il vago stordimento di Tom ha senso perché ben incarna l’impossibilità di incassare gli schiaffi che la vita continua a mollargli, anche se lui è un duro, ha servito e ne ha viste di peggio.
Ho colto un lieve sentimento conservatore tra le righe, ma senza esaltazione. Sembra più che altro un rimasuglio nella vita di un ex-militare abituato a pensare in un certo modo e che vive in un determinato ambiente. La cosa che conta è il tentativo di dare alla pellicola un tono da dramma intimo, qualcosa che sicuramente non mi aspettavo, ma che forse trascina i suoi silenzi fin troppo a lungo e si riempie di piccole storie tragiche tutte piuttosto simili tra loro.
Poi però accade una cosa e il film vira verso la sua parte più assurda.

Berenger è un’icona del genere, fin qui siamo d’accordo. Tuttavia non ha più vent’anni e fatica a muoversi per le impervie foreste mainine con l’eleganza del puma. Però la sceneggiatura deve andare verso la sua conclusione attraverso passaggi precisi che prevedono un protagonista letale come un serpente con la giornata storta. Come fare?
John Barr, Mike McGraie e Alan Petherick in qualità di sceneggiatori decidono di seguire la via più semplice: rendere i cattivi totalmente cretini. 
Questi pericolosissimi criminali non vedono evidenti tracce di umano nella neve fresca, non sentono gli echi degli spari in un luogo silenzioso come una chiesa e riescono a essere sempre girati dalla parte sbagliata quando hanno il bersaglio a tiro. E se per puro caso vedono il nostro uomo in mezzo alla neve nascosto come un razzo di segnalazione acceso in una notte scura, scaricano un intero caricatore sugli alberi vicini, facendo scoppiare la corteccia senza mai sfiorarlo. Ma capisco: colpire un uomo che si muove a mezzo chilometro orario in una spianata di venti ettari è un’impresa concessa a pochi assassini scelti, cosa che questi idioti, evidentemente, non sono.

Fa quasi tenerezza vedere gli stratagemmi che gli autori si inventano per rendere plausibile una situazione del genere, spesso mettendo in piedi sequenze ridicole. Tuttavia in parte i ragazzi si rifanno, perché se è vero che i rapinatori sono degli imbecilli, l’approfondimento sul protagonista non si ferma nemmeno durante le scene più “tese”. Jim è un bastardo e il film ha tutta l’intenzione di mostrarlo. La storia inizia con un omicidio colposo (ma bella mia, non senti che stanno sparando? Dove vai in mezzo al bosco?) è vero. Ma continua con l’appropriazione della refurtiva, un sacrifico brutale e la mancanza di pietà verso il nemico.
Un bello stronzetto il nostro Jim, che le motivazioni recondite e il finale non redimono affatto.
Questa scelta di caratterizzazione, unita alle idee della parte iniziale, mi fanno pensare che Blood And Money avesse delle potenzialità intriganti, purtroppo in parte sprecate.
Meno peggio di quanto temessi, ma peggio di quanto poteva essere.
Ciao.


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