Iuri legge per voi: Ombre su Washington (2011) di Michael Beres
Credo che buona parte del successo
riscosso dalle teorie del complotto stia nella loro natura
letteraria, cioè quell’insieme di caratteristiche che prevedono
perfetti agganci tra elementi molto lontani tra di loro. Il concetto
è che non esistono coincidenze, ma ogni cosa che accade è manovrata
da qualcuno.
Certo, per credere che i poteri forti decidano di rovinare proprio la nostra di vita occorre essere un pelino egocentrici, ma questo è un altro discorso. L’idea di un gruppo di eminenze oscure che tramano per tessere una tenda davanti alla realtà è affascinante, su questo non si può discutere.
Deve averlo pensato anche Michael Beres quando ha deciso di scrivere Ombre Su Washington (romanzo del quale non riesco a trovare il titolo originale inglese), che racconta le disavventure di Stanley Johnson a cui pare accadere di tutto in una spirale di sfortuna che non vuole mollarlo mai.
È davvero intrigante il meccanismo che Beres muove per raccontarci come la paranoia si impossessa del protagonista. Tra incubi, strani ritrovamenti, lettere misteriose e inquietanti telefonate, il nostro soffoca, schiacciato sotto qualcosa che non comprende e da una vita che sembra finita su un binario morto.
Si respira a pieni polmoni tutto questo mente si è assorti nella lettura ed è un vero peccato che Beres decida di giocare a carte scoperte fin da quasi subito, perché leva al suo racconto la tensione da thriller psicologico che sembrava potergli calzare addosso come un guanto.
Inoltre tale impostazione spinge la storia verso un finale hollywoodiano piuttosto gretto, con tanto di inseguimento finale e spiegone del cattivo. Tutta roba che mi sarei risparmiato.
Tuttavia il romanzo per buona parte vale la lettura, lavora bene con i personaggi ed è costruito con una certa perizia. Direi che una lettura se la merita.
Ciao.
Certo, per credere che i poteri forti decidano di rovinare proprio la nostra di vita occorre essere un pelino egocentrici, ma questo è un altro discorso. L’idea di un gruppo di eminenze oscure che tramano per tessere una tenda davanti alla realtà è affascinante, su questo non si può discutere.
Deve averlo pensato anche Michael Beres quando ha deciso di scrivere Ombre Su Washington (romanzo del quale non riesco a trovare il titolo originale inglese), che racconta le disavventure di Stanley Johnson a cui pare accadere di tutto in una spirale di sfortuna che non vuole mollarlo mai.
È davvero intrigante il meccanismo che Beres muove per raccontarci come la paranoia si impossessa del protagonista. Tra incubi, strani ritrovamenti, lettere misteriose e inquietanti telefonate, il nostro soffoca, schiacciato sotto qualcosa che non comprende e da una vita che sembra finita su un binario morto.
Si respira a pieni polmoni tutto questo mente si è assorti nella lettura ed è un vero peccato che Beres decida di giocare a carte scoperte fin da quasi subito, perché leva al suo racconto la tensione da thriller psicologico che sembrava potergli calzare addosso come un guanto.
Inoltre tale impostazione spinge la storia verso un finale hollywoodiano piuttosto gretto, con tanto di inseguimento finale e spiegone del cattivo. Tutta roba che mi sarei risparmiato.
Tuttavia il romanzo per buona parte vale la lettura, lavora bene con i personaggi ed è costruito con una certa perizia. Direi che una lettura se la merita.
Ciao.
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