Lo spettatore #234- Aprite le porte alle streghe: The Vvitch (2015)

Attorno alla metà degli anni dieci dentro al mio povero cranio si formò la convinzione che The Vvitch fosse l’opera conclusiva di un trittico ideale arrivato a sancire la rinascita del genere horror al cinema, assieme a Babadook e It Follows. Ma se questi ultimi li apprezzai molto (specialmente il secondo) in sala ai tempi, con The Vvitch saltai il turno e da allora è sempre rimasto sullo sfondo.
Nel frattempo il film di Robert Eggers è passato attraverso autostrade ricoperte di petali gettati dagli appassionati andati in visibilio. Ecco, tutto questo ha montato in me le aspettative e le aspettative sono peggio delle streghe. 
Partiamo col dire che, dal mio punto di vista, Eggers non mette su uno di quei prodotti di genere pieni di simbolismi (come se vogliamo lo erano i due film citati qui sopra) e approcciarsi a The Vvitch con l’occhio razionale di chi cerca di tradurre ogni figura in qualcosa di altro rischia di rovinare parecchio l’esperienza. Qui le streghe sono semplicemente mostri demoniaci assetati di sangue come li vediamo sullo schermo, niente di più e niente di meno. Qualunque sovrastruttura è stata applicata in seguito da chi ha voluto per forza vederci qualcosa di più.
Poi è vero, la famiglia protagonista vive la propria religiosità in maniera talmente assoluta da andare sulle scatole persino ai puritani coloni inglesi del 1600 e qualcosa. Ma è un carattere intrinseco dei personaggi che serve a creare conflitto, costruire un pretesto e preparare le svolte della trama. Se sotto volete trovarci altro siete liberissimi e se ci riuscite buon per voi, non sarò io a rovinarvi la festa.
Eggers lavora sulle atmosfere e sulle suggestioni proiettate da un bosco oscuro sulla gente del diciassettesimo secolo, persone la cui unica forma di cultura era formata dai rigorosi precetti cristiani.
Se non si accetta l’essenza della magia o se quantomeno non si riesce a farsi coinvolgere da essa dentro la finzione, si rischia di fare come me e uscire poco convinti dalla visione. Io ho trovato The Vvitch troppo bello per essere inquietante, troppo prevedibile per essere interessante, troppo riflessivo per essere appassionante. Ma sono convinto che le vere streghe di questa storia (le aspettative) abbiano inciso notevolmente sul mio apprezzamento.
Detto questo è impossibile ignorare quanto il film sia ben recitato da una squadra di attori ridotta e affiatata. Da qui il botto lo farà solo Anya Taylor-Joy, ma tutti riescono ad essere convincenti, anche i due irritantissimi gemelli che hanno l’unico difetto di essere piccoli e con delle vocine sfondatimpani tremende.
A me non è dispiaciuta nemmeno la prova di Harvey Scrimshaw, che finché è in salute ci porta un Caleb acuto, i cui dubbi esistenziali sono facili da capire.

Voialtri però non ascoltate me e guardatevi questo titolo se ancora non l’avete fatto, perché se io non lo considero immortale, molti prima di me si sono espressi in lodi convinte. Affrontatelo con il giusto spirito, con la voglia di farvi trascinare e sospendete l’incredulità. Lasciate che le streghe entrino nel vostro mondo, è l’unico modo che avranno per lasciarci un segno.


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