Lo spettatore #198- Supereroi nelle tenebre: The Batman (2022)

Può sembrare strano che uno come me, solitamente ostile al cinema di supertutine, decida di investire sette dei suoi rari euro per andare in sala a guardare un film del genere. Eppure che vi devo dire? Batman è la mia kryptonite (sagace) e difficilmente riesco a dirgli di no. E' il suo cuore noir che batte all'unisono con il mio a convincermi. Ma anche il concetto di eroismo fondato sulla paura, con tutti i lati oscuri di una favola che altri non vogliono o non sanno raccontare.
Dopotutto Batman non è un supereroe, ma un vigilante vestito da pagliaccio. Magari è solo questo a renderlo intrigante.

In questo caso ciò che pare interessare a Matt Reeves e i suoi Sorapis è il talento meno sfruttato dal cinema nelle ultime incarnazioni del pipistrello. Qui il nostro cavaliere oscuro sfoggia la sua tecnologia per portare avanti delle indagini, rispolverando il titolo di miglior detective del pianeta che qualcuno gli ha attribuito.
Il concetto della paura invece rimane sullo sfondo. Qualcosa che si vede e si percepisce all'inizio del film, quando la telecamera inquadra punti oscuri sotto gli occhi di criminali spaventati mentre sul cielo di Gotham si staglia il famoso richiamo.
Immagini molto efficaci, se solo non fossero sovrapposte a una voce fuori campo che serve a niente se non a sottolineare l'ovvio, strappando alla suggestione il suo compito principale e di fatto gettando nel cassonetto il concetto di terrore di cui si fa forte l'uomo pipistrello. Prima o poi capirò perché i registi non si fidino più del pubblico.
Comunque poco male. Tanto qui a contare son altre cose.


Si parla spesso, almeno a livello teorico, di quanto Batman e i suoi nemici siano sostanzialmente fatti della stessa materia. Son tutti figli di Gotham, città corrotta per antonomasia. L'unica differenza sta nelle intenzioni. Se Bruce vuole ripulirla, i suoi avversari preferiscono sfruttarne le potenzialità.
Questa volta il ruolo da anti eroe tocca a un Enigmista molto meno gigione di quello che ricordavo (ok, forse Jim Carrey mi ha un poco condizionato), portato in scena da un Paul Dano possessore della giusta faccia per il ruolo.
Il personaggio è giustamente evoluto e adattato ai tempi odierni, ma soprattutto è mascherato, cosa che lo rende un perfetto gemello diverso del nostro Batty. Reeves gioca con questa alternanza, inquadrando il mondo dalle rispettive maschere, senza specificare per forza quale delle due sia. Non succede spesso, perché altrimenti dopo un po' il gioco risulterebbe stucchevole. Ma quando ne fa uso il regista è efficace nello spiegare quanto Gotham sia capace di produrre solo mostri, da qualunque parte essi decidano di scheirarsi.
Magari se avesse evitato di sottolineare la cosa anche attraverso i dialoghi sarebbe sembrato tutto un pochino più elegante. Ma ho rinunciato all'idea che mi si consideri un primate evoluto.
Ovviamente c'è il discorso Pattinson, che può piacere o meno nel ruolo di Bruce Wayne, ma la cui prestazione ha comunque un suo senso. Il Batman di questo film è giovane, appena oltre l'origine del personaggio (che per una volta ci viene risparmiata), quindi inesperto e non ancora pienamente padrone della sua doppia personalità. Va forse quindi da se la sovrarecitazione che a volte RP mette addosso al suo Bruce, che sembra un ragazzo un filo Emo, col ciuffo davanti e lo sguardo triste proiettato nel vuoto. C'è una lotta interiore dentro Wayne, questo è evidente, forse perché si rende conto che, con l'arrivo dell'Enigmista sulla scena, son finiti i bei tempi nei quali bastava bullizzare una paio di teppisti per riportare l'ordine tra le strade di Gotham.
Ma a me è sembrato più il pianto di un adolescente tormentato, che la ricerca di sè di un adulto pronto a diventare cavaliere. Non so, forse son gusti, sui quali pesa probabilmente anche quel trucco sgualcito sulla faccia, che magari rappresentava un parallelismo con il Joker. Oppure anche no.
Chi invece mi ha lasciato pochi dubbi addosso è stata la Selina Kyle di Zoe Kravitz. Grazie, direte voi. Ma in realtà la sua Catwoman è un personaggio credibile, sia per come è stato scritto che per come è stato portato sullo schermo dalla figlia di cotanto padre.
Una ladra abile, agile e capacissima. Ma anche una ragazza ancora giovane, sotto pressione genitoriale (diciamo così) e in grado di provare paura quando le cose sfuggono al suo controllo. Non è ancora la gatta sensuale e sinuosa che in molti ricordano. Ma è sulla buona strada per diventarlo e si percepisce molto bene.

Certo, resta qualche perplessità sull'efficacia di un racconto noir (non privo di alcune scelte estetiche che sfiorano i classici del genere), con un protagonista vestito come un buffone. Fino a che punto possiamo decidere di stare al gioco?
Qui nessuno sembra uscito dal Lucca Comics, a parte Batman. I costumi dell'Enigmista e di Selina sono funzionali alla loro funzione nella trama. Uno è lo sciroccato del villaggio che vuole giustiziare i corrotti, l'altra è una furfante che agisce nel buio della notte.
Invece Bat cos'è? Perché deve vestirsi così? E' un antico dilemma che si ripropone sempre quando parliamo di questo carattere. Certo, Reeves, a differenza di Nolan, non se la gioca sul realismo, rimanendo aderente a un concetto stilistico scuro, ma comunque da fumetto (e questo è un merito, se permettete).
Ma quel tizio racchiuso in un'armatura che pesa il doppio di lui, le orecchie a punta e il mantello, pare comunque fuori luogo. Anche se mi rendo conto che modificarne l'aspetto potrebbe significare perdersi il protagonista.
Ci sono un paio di punti che non mi sono piaciuti per niente, come quella corsa in moto alla fine (davvero brutta, anche esteticamente) e alcune lungaggini sparse qua e la, ma secondo me The Batman è un buon film.
Il problema è che non mi ha lasciato molto. Una volta esaurita la visione il mio interesse per il progetto si è spento, come fosse una di quelle zanzare che bruciano nelle lampade blu.
Questo forse è, per quanto mi riguarda, l'elemento più importante dell'intera esperienza. Magari guarderò il probabile seguito di questo lavoro, non dico di no. Ma difficilmente sarà nel buio di una sala dopo essermi alleggerito il portafoglio.
Se nemmeno Batman è capace di portarmi al cinema, mi sa che stavolta con le supertutine è davvero finita.








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