Lo spettatore #195- Le semplificazioni: Censor (2021)

La politica, si sa, tende a offrire soluzioni semplici a problemi complessi. Come in Gran Bretagna negli anni ottanta, ad esempio, con una tensione sociale a livelli di guardia e la trovata inventata dal governo per placarla: la censura sui film dell'orrore, così pieni di violenza da traviare i giovani.
Sempre la stessa storia: libri, fumetti, film e oggi videogiochi. Ogni mezzo innovativo viene utilizzato come capro espiatorio per l'inevitabile decadenza della società. Il bello è che a questi truffatori crediamo ancora e lo dimostriamo ogni volta che mettiamo il bigliettino nell'urna.
Enid Barnes (la notevole Niamh Aigar) si occupa proprio di questo. Affettare chilometri di pellicola arrivando al punto di bandire determinati prodotti dal mercato inglese.
Ci crede per di più. E' convinta di portare avanti la missione di proteggere i sudditi di sua maestà dalla corruzione morale del cinema a basso costo. Una bacchettona insomma, ma fino a un certo punto. Perché lei questi prodotti li guarda, li capisce e non li disprezza.
Quando un uomo commette un terribile delitto in quella che sembra l'emulazione di un omicidio lasciato passare dalla censura, ecco che arriva il senso di colpa a sbloccare un tarlo nascosto nel cervello della impeccabile Enid. Aggiungeteci i genitori che decidono di considerare morta la sorella della donna, scomparsa quando era in sua compagnia in giovanissima età, ed ecco che ritorna il trauma rimosso. Cosa successe alla piccola e perché Enid non ricorda nulla?

Enid entra nel buio (letteralmente c'è una scena in cui lo fa, mica mi invento le cose). Poi, in uno dei film che deve vedere un regista sembra aver infilato tutte le risposte. Ma aspetta e se quella Alice Lee (musa del regista in questione) fosse proprio la sorellina?
Fin qui, come avrete capito, Prano Bailey-Bond si è divertito ad apparecchiare la tavola presentando la protagonista, inserendola nel contesto e tenendo i ritmi bassi. Ora però lascia andare il suo estro accendendo lo schermo con colori malsani e giocando con i concetti di realtà, finzione e immaginazione.
Un gioco che si fa via via più estremo trascinando lo spettatore attraverso visioni, confusione, incomprensioni e momenti sempre più violenti. Poi arriva quel finale bizzarro, quando il tappo salta definitivamente e tutto assume toni eterei, disturbati dalle interferenze magnetiche. Un modo efficacissimo per chiarire come stanno le cose senza dire come stanno le cose.
Con Censor Bailey-Bond dichiara ovviamente il proprio amore per il cinema di genere fatto con i gettoni del telefono (ah, che metafora anni ottanta). Si tuffa nel dannato decennio, ma non ne approfitta per lanciare il solito urlo alla gloria di quel periodo. Gli serve il 1985 per infilarci il contesto della storia e tanto gli basta.
Poi si, c'è la dichiarata intenzione di contestare la tendenza semplicistica a ridurre tutti i problemi a una unica causa, come se la violenza dipendesse dai film e non dalla stessa natura umana, magari sottoposta a stress psicofisici difficili da gestire e dalla responsabilità verso una morale spesso lontana dalla logica.
Soprattutto c'è il desiderio di mettere in scena un thriller teso che lascia le sue implicazioni sullo sfondo, che forse rivela troppo presto i suoi risvolti, ma che sa tenere un'atmosfera intrigante fino allo strano finale.
Censor è un gioiellino che vi chiede solo 90 minuti. Dateglieli. Secondo me li merita tutti.


Commenti

  1. Concordo, davvero bello e senza nemmeno finire nella maglie della censura, notevole ;-) Cheers

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