CDC #180- Non chiamateli zombie: The End (2017)

Se pensate che, nonostante gli entusiasmanti talk show televisivi e la divertente caccia al corridore, i lunghi periodi di lockdown siano stati sfibranti, forse è giunto il momento di rivedere le vostre valutazioni.
Questo qui, per dire, li ha passati chiuso dentro un ascensore.

Ci sono alcuni prodotti che nascono come cortometraggi e che poi vengono allungati fino alla durata standard di un film. Lavori che soffrono questa impostazione, perché tendono a cascare dentro una ridondanza inutile che fiacca la visione. Ecco, The End è una pellicola che questo rischio lo corre. Inoltre ambientare una storia di questo genere quasi interamente all'interno di un ascensore affacciato su un pianerottolo, può trasformare il progetto in una puntata particolarmente cruda di Camera Cafè.
Eppure Misischia il pericolo lo scansa riuscendo a gestire la tensione con discreta mano. Certo, qualche ripetizione qui e là c'è, inutile far finta di non vederla, specialmente nel primo tratto. Tuttavia le due ore scarse di visione si smaterializzano con leggiadria, segno che al di la dei suoi difettucci, il film diverte
.
A guidare la baracca Misischia mette il Dandy, personaggio arrogante e respingente a cui fin dai primi minuti vien voglia di tirare un calcio. Una scelta, che può apparire bizzarra, se pensiamo che per quasi tutta la durata della visione sarà lui l'unica persona con cui la telecamera interagirà, ma in realtà funzionale alla storia, perché consente a Misischia di costruire un arco narrativo di crescita con pochi elementi per le mani. Il protagonista è solo e intrappolato, mentre dallo spiraglio che gli si apre di fronte può percepire la follia di un mondo impazzito. Si finisce per empatizzare con tale essere e non solo perché per lunghi tratti è l'unico con cui identificarsi.
Mi hanno convinto meno gli infetti, con quei loro sbadigli vagamente gutturali. Ma se i loro versi non sono stati capaci di generare apprensione, la sensazione arriva dal contesto scenografico che avvolge tutto quanto.
Tra l'altro stupisce che nessuno qui dentro utilizzi mai la parola zombie, quasi che la pellicola sia ambientata in un presente alternativo nel quale le tonnellate di produzioni cinematografiche a tema non siano mai esistite. Specialmente se pensiamo che il regista si è concesso una citazione addirittura a Parentesi Tonde, vero horror involontario che tanti incubi ha provocato a chi ha avuto l'immensa sventura di sbatterci sopra. Chissà cosa vuol dirci Misischia con tale omissione?
Poi si, oggi una frase sull'origine artificiale del virus fa vibrare determinate membrane fattesi sensibili all'argomento. Ma oh, questa è un'opera del 2017 e a quei tempi la cosa non rendeva così suscettibili. Anche se è interessante notare come in poco tempo l'umore della gente possa cambiare, anche a proposito di frasi pronunciate dentro prodotti innocui.
Una riflessione intrigante, che andrebbe estesa per individuare i modelli più o meno palesi di censura che talvolta ci imponiamo onde evitare di offendere qualcuno.
Potrei anche citarvi l'originalità di infilare un film con gli infetti all'interno della capitale imperiale. Ma non lo farò. A parte che di Roma qui si vede ben poco. Poi ci sarebbe sempre l'Ultimo Uomo Della Terra che l'esperimento lo tentò eoni fa anche se tutti continuano a dimenticarselo, preferendo, chissà perché, ricordare quella roba con Will Smith.
The End non diventerà mai l'opera definitiva a tema infezione. E' un film piccolo e girato furbescamente in modo da coprire il basso budget. Però è una pellicola secondo me divertente, che riesce a portarsi a casa la serata sfruttando tutto ciò che una sceneggiatura essenziale come questa le mette a disposizione.
Siccome Rai Play si è degnata di incorporarlo nel suo arsenale, io un'occhiatina la darei se fossi in voi.
Anzi, anche se fossi in me, visto che l'ho già fatto.





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