CDC #175: Una recensione con l'alettone (avvisati): America Latina (2021)

Immaginate di vivere in una casa di campagna assieme alla vostra famiglia. Un luogo che, seppur di dubbio gusto architettonico, mostra al mondo il vostro stato di professionista realizzato, moderatamente benestante e in pace con se stesso.
Ecco, un giorno scendete in cantina a recuperare una lampadina e la trovate piena di immondizia come una discarica. Per di più all'interno c'è anche una bambina legata a un palo che, quando fate per liberarla, tenta addirittura di mordervi.
C'è da uscirne pazzi. Sempre che pazzi già non lo siate, ovviamente.
Si lo so, forse vi ho anticipato la svolta della trama. Ma del resto basta la locandina qui sopra a svelare quello che è il giochino psicologico alla base di un thriller che sa mostrarsi intrigante. Ma va anche detto che lo stratagemma è anche uno specchietto per le allodole, atto a rendere avvincente un prodotto che racconta la discesa verso l'abisso del suo protagonista.
I D'Innocenzo narrano la lotta del dentista Massimo Sisti contro il dentista Massimo Sisti. Una battaglia che il nostro affronta tentando di schivare amnesie, allucinazioni e scherzi di una mente alterata, tentando di restare il più possibile aggrappato alla realtà.
Ma, come ci insegnano certe storie, in questi casi il concetto stesso di realtà assume contorni sfocati.
Elio Germano è un attore che non riesco a inquadrare benissimo. Alcune volte mi sembra particolarmente indovinato (come nel suo Leopardi), mentre in altre mi sfugge via, come quei gatti che non vogliono farsi accarezzare.
Qui siamo vicini allo stato intermedio. Massimo Sisti è un personaggio complicato da gestire perché vive sull'orlo. Il crollo emotivo che attraversa è fatto di stress e paranoia e il rischio di trasformarlo nell'ennesimo matto da cinema tutto smorfie Elio lo corre e talvolta lo percorre. Tuttavia Sisti è un protagonista che rimane e a cui Germano sa donare personalità. Basti pensare alla sequenza nella quale esce dalla cantina zuppo come uno straccio, gobbo come Quasimodo e lamentoso come il mostro della laguna. Un piccolo momento dal gusto horror che inquadra alla perfezione un tizio che in quel momento è almeno due persone diverse.
Che poi questo Sisti non sia proprio a quadretti si intuisce fin da subito, tanto che da far sospettare che il colpo di scena non fosse l'arma più appuntita nell'arsenale dei registi. I D'Innocenzo giocano con la condizione del protagonista e sono anche abbastanza abili a farlo. Ma da Fight Club a Beautiful Mind, di film che hanno trattato l'argomento ne abbiamo visti parecchi e un po' l'occhio dello spettatore si è fatto smaliziato.
Qualche colpo comunque la pellicola lo manda a segno. Forse la famiglia di Sisti, con queste donne vestite sempre di bianco, devote a un uomo complicato, complice un amore per l'alcol piuttosto intenso, e così pronte a intuirne le difficoltà dopo le visite al padre, può sembrare troppo eterea per essere vera. Ma è un ragionamento che si fa a posteriori, nel momento in cui le tare mentali del protagonista si manifestano in tutta la loro potenza. Prima, seppur seduti su una sola chiappa, si è disposti a stare al gioco e questo è comunque un merito.
Certo, non tutta la pellicola si srotola con la stessa felicità. In alcuni momenti ho avuto l'impressione che i D'Innocenzo allungassero un po' troppo alcune scene, senza che ve ne fosse una vera necessità. Ma le atmosfere che sono stati capaci di estrarre dal film le ho trovate notevoli. I paesaggi desolati nei dintorni di Latina sono un racconto nel racconto e l'accompagnamento dei Verdena sa essere discreto quanto basta per le suggestioni che i registi cercano di instillare nello spettatore.
Forse la sceneggiatura si appoggia a qualche stereotipo, ma del resto è la storia di uno schizofrenico e saldarsi su basi solide la aiuta a farsi seguire.
Leggo in giro che America Latina non ha incontrato molto gradimento. Sapete cosa vi dico? Voi fregatevene e dategli un'opportunità.
Io l'ho fatto e non me ne sono pentito.






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