CDC #163- Andare forte, andare lontano: Speed (1994)

Correva l'anno 1994. Nelle sale orde di omoni muscolosi a petto nudo e con la cartucciera a tracolla urlavano e digrignavano i denti inondando di sudore la platea.
Ma il pubblico ne aveva abbastanza. L'orso sovietico era caduto, la radio cantava “la guerra è finita” e la gente voleva riversarsi in strada per fare quelle cose che si facevano negli anni novanta. Come andare a spasso in autobus, tipo.

Fin dalle prime inquadrature Speed mette in chiaro la propria indole. Quando Keanu Reeves e Jeff Daniels piombano sul luogo di un attentato con un ingiustificato salto in automobile, si vede subito come Jan De Bont voglia buttarla in caciara.
Pochi minuti dopo, mentre riprende i nostri eroi nell'atto di salvare gli occupanti di un ascensore rinunciando all'occasione di segarne qualcuno a metà, appare evidente quanto il regista coltivi nessuna intenzione di spargere ettolitri di sangue innocente, restando ancorato al concetto di adrenalina per famiglie.
Poi si, è vero: alcune scene truci nel corso della pellicola le metterà. Ma solo perché la tensione si mantiene viva rendendo concreto il pericolo e comunque mai con intenzioni sadiche.
Con Speed ci si deve divertire, non siamo qui a fare macelleria.
Gli elementi classici del genere vengono inseriti tutti, fin dalla dalla scelta dei protagonisti. Una coppia di poliziotti agli antipodi, con il saggio e rassegnato Jeff Daniels (che a me fa ridere solo a vederlo in faccia, ma qui Speed c'entra nulla) e il giovane scavezzacollo Keanu Reeves sempre pronto a lasciar stare la prudenza in favore dell'azione.
Ci sono la bella da salvare interpretata da Sandra Bulloch e il cattivo d'ordinanza di Dennis Hopper, ovviamente pazzo e titolare della frase più riuscita del film.
Perché in un'opera del genere le battutine per alleggerire il momento di massima tensione sono un obbligo sindacale e De Bont non ha nessuna intensione di privarsene.
Insomma, sembrerebbe che Speed si presenti come un film d'azione perfettamente incastonato nella sua epoca. Eppure funziona meglio di altri coevi.
Come mai?

Beh, viene naturale pensare alla messa in scena. Jan De Bont è un tecnico prestato alla regia che di cantonate in carriera ne ha prese parecchie. Eppure qui, al suo esordio dietro la macchina da presa, riesce a trovare un bilanciamento tra ritmo e tensione eccellente.
Non è facile gestire una storia di questo genere ambientata per buona parte all'interno di un autobus. De Bont ha la capacita di tenere alta la velocità, travolgendo lo spettatore da subito con le sue esagerazioni, lasciandolo respirare appena un po', per poi lanciarlo sul filo delle cinquanta miglia orarie dentro una vicenda che non gli lascerà più un minuto di calma.
Non esistono inquadrature sprecate. Tutto è costruito in funzione della corsa e non troverete nulla che sia stato pensato solamente per allungare il minutaggio.
Ovvio, le cose si fanno via via più incredibili. Ma se guardate Speed pronti a fare la punta perché un autobus che compie quelle evoluzioni si spezzerebbe dopo cinque chilometri, siete davanti al film sbagliato. Non è roba per precisini questa.
Comunque si, sono d'accordo con voi. Di corse folli e girate bene ne abbiamo viste parecchie al cinema. Ciò non giustifica il mio apprezzamento particolare per Speed.
Il punto è che qui esiste anche una gestione dei personaggi intrigante. Perché è chiaro che ad un certo punto sarà Keanu a prendere in mano la storia, ce l'ha scritto in fronte. Eppure il suo Jack Traven, per quanto aderente all'eroe muscoloso di ottantiana memoria, resta comunque un babbeo incapace di risolvere le questioni complesse senza l'aiuto esperto di un collega.
Poi c'è Sandra Bulloch, damigella in pericolo ovviamente, ma fino a un certo punto. Se è vero che alla fine della pellicola si fa rapire come una scema perché incapace di seguire un consiglio, va anche detto che per la maggior parte del tempo l'autobus lo gestisce lei, evitandoci la solita compilation di urletti che molte sue colleghe dell'epoca erano costrette a cantare.
Ci sono anche personaggi costruiti in laboratorio come il pazzo Dennis Hopper o il capo squadra sbraitante Joe Morton. Ma esiste pur sempre una grammatica in questo genere di racconti e un po' va seguita per non disorientare il pubblico di riferimento.
Tutti questi elementi messi insieme consentono a Speed di mostrarsi orgogliosamente divertente ancora oggi, quasi trent'anni dopo la sua produzione. Uscito quando gli eroi d'azione tradivano il genere infiltrandosi alle elementari o dandosi al braccio di ferro, questo prodotto ha costruito la propria fortuna su piccole ma sostanziali innovazioni che, in definitiva, gli hanno consentito di invecchiare molto bene.
A differenza del suo protagonista Keanu Reeves.
Lui non è invecchiato affatto.



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