CDC #160- Le catene dell'amicizia: Papillon (1973)

Nel 1969 uscì in Francia un romanzo autobiografico il cui autore, Henri Charrierè, subì l'accusa di essersi inventato buona parte degli avvenimenti narrati, oppure, alla peggio, di aver rubato le storie ad altri detenuti.
Non ho mai letto Papillion nè mi interessa una polemica vecchia di cinquant'anni. Tuttavia va dato merito al romanzo di aver tolto il velo sulle infami condizioni carcerarie delle colonie d'oltremare.
Oltre che di essere stato fonte di ispirazione per uno dei più iconici film con Steve McQueen.


Perché, non so voi, ma io quando vedo quel Steve McQueen li sento proprio odore di cinema. Una delle facce più indovinate nella storia del grande schermo che, tanto per non farci mancare niente, stavolta recita con Dustin Hoffmann. Cosa può andare storto?
Nulla, verrebbe da dire, se non forse la trama rocambolesca degna di un film d'avventura. Ma se ci leviamo dalla testa la menata del Tratto da Una Storia Vera e stiamo al gioco, pure quella in realtà gira come un orologio.
Il realismo, parliamoci chiaro, è stato lasciato negli altri pantaloni in favore di una storia dalle dinamiche leggendarie, non priva di momenti drammatici e dello spirito spaccone che quel McQueen li portava in giro come fosse la sua maglietta preferita.

A funzionare, in particolar modo, è la strana amicizia che va a legare il protagonista e il personaggio di Louis Dega, nata per questioni di interesse e diventata sempre più profonda nella condivisione della detenzione.
Questa è la fonte che abbevera il racconto e, come tutte le storie del genere ben riuscite, si fonda sulla diversità tra i due caratteri.
Papillon è un uomo innamorato della libertà, incapace di compromessi e difficilmente piegabile alle dinamiche della prigione. Dega invece è un burocrate, che sa conquistarsi la fiducia delle guardie e corrompere chiunque pur di ottenere una posizione più sopportabile. Papillon ha nell'evasione l'unico obbiettivo. Dega non ci pensa nemmeno, in attesa di un'improbabile revisione del processo. Però anche Louis sa rischiare, soprattutto quando deve sdebitarsi con l'amico. Li sta il cuore della vicenda, la fuga è solo la ciliegina su una torta buonissima.
Anche perché, dal momento dell'evasione in avanti, le cose iniziano a diventare un pelino più strane.
Una volta che i protagonisti si ritrovano in Honduras e in special modo dal momento in cui Papillon viene colpito con i dardi indigeni, il racconto cambia forma. Diventa meno dettagliato. Ciò che accade pare quasi il ricordo di un sogno che procede confuso e a scatti.
Da qui in poi, insomma, c'è un diverso approccio alla storia, che perde il suo lato drammatico e diventa una commedia avventurosa fino al suo epilogo che effettivamente porta con se qualcosa della favola eroica.
Dimenticarsi della prova di McQueen dentro la cella di isolamento, però, sarebbe un peccato mortale. La lotta tra la forza mentale e il deperimento fisico viene messa in scena in maniera esemplare e rimane la cosa che più mi ha colpito di tutta la pellicola.

Papillon è un film spettacolare, che racconta la storia di un'amicizia nata dalle circostanze e cresciuta nelle difficoltà. Una vicenda di uomini tessuta attorno a due attori giganteschi che probabilmente vivevano il momento migliore delle rispettive carriere (che nel caso di quel McQueen li è durato tutta la vita).
Una pellicola speciale che lascia qualcosa dentro.
E che nemmeno la connessione approssimativa di Rai Play è stata capace di rovinarmi.






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