Vi racconto una storia: Maria e il Diavolo




Gli occhi neri che la scrutarono dallo specchio e le diedero le vertigini. Quello sguardo severo formulava un'accusa insolente, che lei conosceva e temeva.
Non lo sostenne a lungo, preferendo concentrarsi sulle guance. Si sentì meglio. A vederle parevano rocce scavate in secoli di erosione. Ma se ci appoggiava un polpastrello le scopriva soffici e fresche.
Le ricordavano le nuvole che adorava guardare da bambina, quando, distesa sul prato, immaginava figure di draghi e cavalieri inseguirsi sullo sfondo azzurro. Si concesse un sorriso che le addolcì il volto.
Ma l'espressione si indurì in un attimo, perché l'accusa vibrava ancora attraverso il vetro riflettente. Ricordava come quelle fantasticherie infantili furono spazzate via. Così, dopo tanto tempo, le tornò in mente il diavolo.
Il pensiero la scosse ed ebbe la forza di allontanarla dallo specchio. Si mise ai piedi gli zoccoli consunti e indossò il vecchio golfino blu dai gomiti sbiancati. Trasse un respiro e uscì diretta all'orto.
Quando fu sul sentiero l'odore di fieno e del bestiame tenuto nella stalla dei Pirovano le riempì le narici. Il diavolo.

Maria ha sedici anni e il profumo del fieno riempie l'aria. Sta andando nell'orto dove l'aspetta un'altra giornata di lavoro. Le piace però. Vedere le piante crescere grazie al suo aiuto la rende orgogliosa. Anche se non glielo chiedessero ci andrebbe comunque nell'orto.
Certo, adesso il lavoro è più duro. Papà non c'è a casa e mamma fatica a stare dietro a tutte le cose.
Da qualche parte, lontano da li, si combatte una guerra. Anche papà ci è andato. A lei a volte capita di sentire qualche boato. Ma sono suoni distanti. L'orto, il suo orto, è al riparo da tutto.
Un giorno però arriva lui. Maria non capisce niente di uomini. Ma che quello ha l'aspetto del diavolo lo sa subito. Biondo, altissimo e con due occhi talmente blu che non paiono veri.
Maria sta lavorando fuori quando questo gigante oscura il sole. Ha addosso una uniforme tutta stracciata. Lei si sente piccolissima a vederselo di fronte.
Lui parla. Ha il tono affabile che il demonio usa per conquistare le anime. Ma le sue parole sembrano pronunciate all'incontrario. Maria arretra di qualche passo verso il capanno degli attrezzi.
Maria pensa agli avvertimenti della mamma. “Stai lontana dai soldati se li vedi” le dice sempre. “Quelli non si fanno problemi, se ti vogliono ti prendono.”
Maria nemmeno ci fa caso a queste raccomandazioni. La guerra si combatte lontanissimo dal paese e i soldati li mica ci vengono. Nessuno di loro, tranne questo. Che forse soldato nemmeno lo è. Nemmeno umano è. Il demonio. Che parla all'incontrario ma gentilmente. Infido.
Il biondo avanza e Maria indietreggia. Come in un ballo alla sagra del paese che quest'anno nemmeno si è fatta. Però non è un ballo, è una condanna. E Maria, che di uomini non sa niente, questa cosa la sa.
Lui parla nella sua lingua impossibile. Ridacchia come se fosse imbarazzato. Ma lei mica si fida. Gli fa cenno di no con la testa per dirgli che non lo capisce e che non lo vuole. Indietreggia fin dentro il capanno e ancora oltre.
Maria urta il banchetto che papà ha messo su per le piccole riparazioni. Lui continua a guardarla. Alza le mani. Sembra quasi la voglia calmare. Vuole dimostrarsi gentile, pensa Maria. Il diavolo è tentatore.
Ma la ragazza sa che non può fare altro. Ormai la via è chiusa dal banchetto e lei non può arretrare oltre. Pensa di resistere e immagina di vederselo addosso mentre si accanisce su di lei, ammazzandola di botte. Tanto vale dargli quello che vuole. Non è coraggiosa Maria, non ci si è mai sentita.
Allora lei salta a sedere sul banco e tira su la gonna e che lui faccia ciò che deve. “Fai piano” gli dice. Il diavolo se vuole capisce.
Quando il diavolo la vede così disponibile cambia colore in un attimo. Diventa rosso come una fragola e il respiro gli si fa ansimante. Non capisce più niente. Maria vede che le braghe la sotto si gonfiano.
Il diavolo si slaccia tutto, con foga. Qualcosa si sgancia dalla cintura e va a rotolare per terra. Maria vede che è una pigna verde e fa il rumore del metallo. Lui non si accorge di niente. Respira come un bufalo.
Poi lui la prende.
Fa piano.

In quel momento le sembrò così ovvio da chiedersi come mai non ci avesse mai pensato prima. Il sigillo del diavolo.
Ricordò di quando distrusse il capanno, asse dopo asse, con il martello biforcuto. Di quanto le fosse costato fatica spostare quel dannato banco, quasi dimentica di ciò che vi si celava sotto.
Un lavoro terribile che fece protestare la sua schiena già a quel tempo. Ma a Maria non interessava, doveva far germogliare qualcosa di vivo in quello spiazzo.
Guardava spesso quel terreno disossato e arido, dove non cresceva mai niente. Poteva lasciarlo li, tanto il resto dell'orto la ricompensava con abbondanza. Ma Maria rifiutava di arrendersi. Ci provava sempre con nuovi sementi e nuove tecniche, convinta che prima o poi avrebbe vinto la sua battaglia.
Ora la realtà le portava il conto. Li non sarebbe cresciuto nulla nemmeno in mille anni. Li c'era il sigillo del diavolo.

Il diavolo si sta rivestendo e Maria, alzatasi tutta dolorante, lo osserva stringendo i pugni e strizzando gli occhi. Lui continua a parlare in quella sua lingua da matti. Pare perfino imbarazzato ma Maria non ci casca.
Lo guarda mentre si allaccia la cintura e con la mano controlla se è tutto a posto. L'uomo si accorge che manca qualcosa e Maria vede che si spaventa. Le viene quasi da dirgli dove ha visto cadere la pigna di ferro. Ma poi decide che non è affar suo. Il diavolo non merita l'aiuto di nessuno.
Lui si agita e inizia a cercare dappertutto. Sposta gli attrezzi, guarda per terra e cerca in ogni angolo del capanno. Poi appoggia la testa sulla terra battuta del pavimento e infila una mano sotto il banco. Maria è li accanto e sente il sollievo di quel demone.
Lei vede la sua nuca scoperta, unica parte fragile in quel corpo fatto di pietra. Il badile appoggiato alla parete alla sua destra sembra chiamarla. Il diavolo è distratto.
Nemmeno ci pensa. Prende l'attrezzo e lo impugna fino a sentire i nodi del legno sulla pelle. E' silenziosissima e lui non si accorge di nulla. Fa calare il colpo e la lama dell'oggetto si schianta contro la base del collo di lui, provocando un rumore secco. Se fosse stata li a pensarci anche solo un secondo non sarebbe stata così precisa.
Lui si affloscia come un sacco vuoto. Nemmeno si lamenta. Il braccio rimane sotto il banchetto, come se fosse più importante trovare la pigna che vivere.
Maria getta il badile che si schianta in terra con un rumore così forte da farla spaventare. Rimane in piedi a guardare il corpo floscio del diavolo. Gli da un calcetto per vedere se reagisce. Ma niente.
Cerca di voltarlo. Pesa. Ma con sforzo riesce a metterlo a pancia in su. Viene fulminata dal suo sguardo blu, che pare chiederle perché. Poi però si accorge che quegli occhi sono vuoti e non chiederanno mai più niente a nessuno. Ha ucciso il diavolo.
Più tardi troverà il coraggio di tagliarlo a pezzi e buttarlo nel pozzo, ma per ora riesce solo a stare li e guardarlo. Si tocca la schiena che le fa un po' male, ma non ci bada. Il diavolo è a terra e lei lo ha battuto. Sorride al capanno.
Nove mesi dopo capirà che il diavolo non muore mai.

Osservava la terra sterile con il braccio posato sul manico della vanga, tentando di trovare una posizione nella quale la schiena potesse darle un po' di tregua. Pensava al sigillo del diavolo.
Non aveva funzionato con tutte le cose dopotutto. No, l'utero di Maria non era rimasto indifferente alle lusinghe del demonio. Il bambino lo provava.
Chissà cosa stava facendo ora, si chiese la donna. Quel ragazzino ormai uomo che non vedeva da molto tempo. Non sentiva la sua mancanza o non voleva ammettere di farlo.
Nessun rimpianto, così doveva essere. O forse no.
Una rabbia cieca le salì dal ventre per esploderle in testa. Prese la vanga e la abbattè in mezzo a quel pezzo di terra dove una volta sorgeva il capanno.
Un leggero sbuffo polveroso si sollevò accompagnato dal rumore di qualcosa di metallico. Maria osservò la lama della vanga e vide cosa aveva colpito. Che quella non era una pigna ormai lo sapeva da tempo. Maria non poté fare a meno di sorprendersi che fosse ancora li dopo tutto quel tempo.
Sorrise.
Spostò la vanga e si chinò con l'idea di raccogliera.
Click.

Il bambino biondo la guarda sempre con quegli occhi così blu che non ci si crede. In faccia ha disegnata un'accusa. Non può essere, ma quel bambino sa tutto.
Maria lo odia, anche se non ha il coraggio di confessarlo nemmeno a se stessa. Lo nutre, lo mantiene, lo iscrive a scuola come ogni madre rispettabile. Ma in realtà è come se tenesse un estraneo ospite in casa.
Quella creatura è figlia del demonio, Maria lo sa e lo riconosce dal colore dei capelli e da quegli occhi d'acqua.
Maria è colpevole, o almeno così sembra pensarla lui. Colpevole di essersi concessa al demonio e poi di averlo ucciso.
Non è una vita facile quella di Maria e del bambino. Il nome del piccolo è Luciano, ma lei non lo chiama mai per nome.
Quando è stato il momento delle spiegazioni, Maria ha detto alla madre di essersi ritrovata così, di punto in bianco. La mamma di Maria era troppo triste per la morte di papà per farsi le domande giuste. In realtà la mamma di Maria forse si è dimenticata di lei.
Esattamente come fa Maria, quando Luciano se ne va. Non fa nulla per fermarlo, ne per convincerlo a rimanere. Non si pente degli anni passati senza conoscerlo per davvero.
Non si sentono più e per Maria è come se non fosse mai esistito.

Quello scatto metallico suonava come un messaggio inequivocabile. Da li fu un attimo.
Maria sentì sul palmo della mano allungata il calore intollerabile di un sole troppo basso e troppo vicino. L'astro sbagliato spazzò via le nuvole sulle guance di Maria. Il mondo della donna si trasformò per un breve, ma infinito momento, in un inferno infuocato.
In mezzo a tutte quelle fiamme le parve quasi di vederli. Biondi e sorridenti, con quelle quattro sfere blu che la guardavano e sembravano prendersi gioco di lei.
Le restò il tempo di un ultimo pensiero.

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