CDC #156- La dannatissima musica: La La Land (2016)

Ve lo concedo: Ryan Gosling ed Emma Stone insieme funzionano bene. Non solo per gli intermezzi di canto e ballo (se no sceglievano qualcun altro) ma proprio perché danno l'idea di divertirsi un mondo a portare sullo schermo la loro coppia di spiantati.
Ora però spetta a voi concedere qualcosa a me: 'sta roba qui non va giù nemmeno con il Petrus.

Dopo un po', spossato dalla musica ossessiva e da una storia che proprio non sembrava sapere come andare avanti, ho deciso di prendermi una pausa dalla visione. Giuro, mi pareva fossero passati mesi dall'inizio del film. Ma quando ho permuto l'apposito tasto davanti a me si è palesata la peggiore delle rivelazioni: nemmeno arrivavo all'ora.
Mi sono seduto in un angolino a piangere, divorarmi le unghie e fumare una sigaretta dietro l'altra. Dopo decenni di resistenza anche alle peggiori nefandezze di celluloide stavo per mollare il colpo. La sconfitta, alla fine, pareva arrivata.
La notte lasciava spazio al giorno e poi di nuovo alla notte, mentre io, ignaro del tempo che consumava la mia esistenza, urlavo di dolore, incapace di ammettere la disfatta, ma anche impossibilitato a continuare la sfida. Passarono mesi. Forse anni.
Poi però ho sentito la forza tornare a me. Mi sono alzato in piedi e pulendo via le ragnatele che mi avvolgevano, ho sollevato la spada magica al cielo urlando “a me il potere” mentre un fulmine si schiantava sulla lama appuntita rendendola rovente. In breve ho capito che quelle che fumavo probabilmente non erano sigarette.
Ho premuto play, sono andato avanti e forse ho fatto bene. Perché Chazelle sa fare il suo mestiere e il montaggio finale con cui ha proposto la storia alternativa è riuscito a riconciliarmi con la sua opera.
Solo che due minuti in un film di due ore a me sembrano pochi.
Secondo alcune teorie senza le parti cantate questa pellicola a fatica raggiungerebbe la lunghezza del mediometraggio. Probabilmente si tratta di una considerazione giusta, vista l'impalpabilità del racconto, ma anche priva di senso, perché un'opera del genere proprio di canzoni vive. Tanto più che questo lavoro è valso a Chazelle persino l'Oscar. Ora, per quanto io consideri quel trofeo meno importante del Telegatto, una vittoria del genere qualcosa vorrà pur dire.
Mi è così sovvenuta una considerazione capace di cambiare la mia percezione della realtà: La La Land è un film concepito esclusivamente per la sala, dove lo schermo gigante e l'impianto audio potente possono far vibrare alle giuste frequenze quelle emozioni superficiali capaci di rendere esaltante la visione. Dev'essere per forza così. Tutta quella musica serve a quello. Tutta quella dannatissima e soverchiante musica. Quelle canzoni maledette. Servono a quello no?
In realtà non lo so. Lo ritengo altamente probabile, ma non posso dichiarami certo del mio ragionamento, anche perché è uno dei primi che faccio da solo e ancora non so bene come funzioni la cosa. Tuttavia vi posso assicurare che non ambisco a provare la teoria direttamente sul campo. Piuttosto che guardare di nuovo questa roba mi metto a contare gli stuzzicadenti nella confezione.
Certo direte voi: cosa te lo guardi a fare La La Land se detesti i musical? Allora, intanto non è vero. Diciamo che non sono un amante passionale del genere, ma comunque un pochi ne ho guardati e alcuni mi sono persino piaciuti. Non starò qui a dirvi di volerne ancora, ma nemmeno che faticavo durante la visione.
I grandi spettacoli con Frad Astaire e Ginger Rogers a loro modo funzionavano. Poi sono arrivati i tempi ribelli di Hair e del Rocky Horror a svecchiarne i contenuti. Ma se alla fine il genere è tornato nei teatri dove può farsi ammirare in maniera più efficace un motivo ci sarà.
Proporre oggi un'idea simile è una mossa che non capisco fino in fondo. Magari è il classico omaggio di Hollywood a se stessa, esattamente come fu The Artist qualche omino dorato fa. Il punto è che i belgi raccontavano un periodo storico particolare e la scelta di mettere in scena un film muto era legata alla narrazione. Qui non c'è nulla oltre a una trama vista un migliaio di volte, tanto zucchero e tutta quella dannatissima musica.
Però è vero, c'è il finale amaro che un pochino ho apprezzato. Un po' di salato per contaminare il dolce. Bravo Chazelle.
Che poi in realtà posso anche capire i motivi che possono spingere il pubblico ad amare un prodotto simile. Sono più o meno gli stessi che allontanano me, tra l'altro.
Ben girato, colori saturi, coppia di protagonisti simpatica e una storia sulla quale svolazzare lievi come farfalle. Ci si può stare, per una volta. Mettere il cervello sul comodino e lasciarsi trasportare.
Del resto se La La Land ha riscosso tutto quel successo un motivo ci sarà.
O magari è solo che sono tutti pazzi.  



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