Vi racconto una storia: Primo

 


Terzio, seduto a tavola, divorava il suo piatto di fagioli, immergendo ampie cucchiaiate nel sugo rosso. Teneva lo sguardo fisso sul televisore, come se lo schermo bucato gli comunicasse qualcosa.
Primo seduto a capotavola lo stava guardando. Terzio percepiva i suoi occhi da cerbiatto, la bocca semi aperta e il cucchiaio in mano, sospeso sopra il piatto.
“Non mi guardare.” disse Terzio.
Primo si scosse e con una lentezza esasperante immerse la posata tra i fagioli, portandola poi alla bocca, sempre semi aperta. Terzio provò a ignorarlo, ma la sua visione periferica non poté fare a meno di mostrargli la masticata lenta del fratello.
La nonna, seduta di fronte a Primo, vide tutto questo, percependo la solita tensione crescente, come quasi tutte le sere. Sapeva che avrebbe dovuto far qualcosa per fermare quello che stava per accadere. Ma era vecchia e stanca e proprio non ce la fece a intromettersi.
Primo fece fare due giri al cucchiaio, prima di piantarsi di nuovo con gli occhi sul fratello maggiore. Lo sguardo dolce di Primo sembrava nascondere le migliaia di storie in cui il ragazzo si rifugiava. E nel costruirle, qui due faretti azzurri parevano scavare il volto dove si posavano. L'espressione stupida non dava tregua.
“La vuoi piantare?” Terzio iniziò a perdere la pazienza. Se mai l'avesse avuta.
Primo trascinò il cucchiaio nel piatto, forzandosi notevolmente. Ma l'unica cosa che riuscì a produrre fu un lentissimo vortice rosso. E poi il suo sguardo dannatamente delicato tornò verso il fratello.
“Cosa cazzo vuoi?” Terzio distolse finalmente lo sguardo dallo schermo perforato e lo diresse verso il fratello.
“Perché non mangi eh? Come minchia hai fatto a diventare così grasso se non mangi?”
La nonna capì che stava per scoppiare tutto. Allungò una mano senza convinzione. Sfiorò appena il braccio di Terzio, il quale nemmeno se ne accorse.
Primo continuò a mostrare il suo viso privo di spigoli. Nelle iridi azzurre le pupille si dilatarono un poco, giusto per dimostrare che capiva la situazione e aveva paura.
Terzio scattò in piedi. La sedia cadde sullo schienale rivestito di feltrini, posati li per non rovinare il legno e le piastrelle. Non fece nemmeno rumore nell'impatto.
Primo vide la sagoma di Terzio sovrastarlo e si affrettò confusamente col cucchiaio. Il rumore del metallo contro la ceramica fece infuriare il fratello maggiore ancora di più. Primo si sentì strappare via dalla sedia mentre tentava di portarsi alla bocca i fagioli.
Lasciò cadere il cucchiaio il cui contenuto si sparse tra la tovaglia e il pavimento. “Nooo” riuscì a dire prima di ritrovarsi seduto a terra sull'angolo del muro.
“Devi uscire dalla tua testa!” Terzio schiantò potenti schiaffi con la mano callosa addosso alla faccia pallida del fratello.
Primo cercò di mettere le mani davanti al volto per proteggersi. Urlò con la voce stridula di chi sta passando dall'infanzia alla pubertà.
La nonna, a quelle urla, posò i gomiti sul tavolo e si premette le mani sulle orecchie. Strizzò gli occhi e si illuse di non essere li. Ma c'era.
“Svegliati! Devi svegliarti!” Terzio continuò imperterrito a menare le mani scuotendo la testa del fratello che oscillava a ogni colpo, mentre la pelle del viso andava arrossandosi.
Primo subì tutto questo, piangendo e forse chiedendosi perché. Magari avrebbe voluto uccidere il fratello se fosse stato in grado di pensarlo. Terzio se lo augurava con tutto il cuore.
Un'ora dopo il silenzio regnava nella casa. L'unico rumore che lo spezzava proveniva dalla cucina, dove la nonna faceva tintinnare le posate contro i piatti mentre lavava via i resti della cena.
Terzio annusava il fumo dell'unica sigaretta di quel giorno, cercando di godersene ogni sensazione, ma riuscendo solo a farsi girare la testa.
“Non dovresti trattarlo così. Sai che è speciale.” la voce della nonna giunse da dietro la parete della cucina.
Terzio, seduto sulla sedia a capotavola che durante la cena occupava lei, si girò di tre quarti, per essere sicuro di farsi sentire.
“Non può permettersi di essere speciale.”
La nonna continuò a immergere le mani screpolate dentro il lavandino. Poche bolle di schiuma galleggiavano e il sapone le bruciava le piccole ferite sulle dita.
“Ma lo è. Non l'ha scelto lui.”
Terzio pensò al fratello, in quel momento addormentato nel suo letto al piano di sopra, forse già dimentico di tutto.
“Tu credi che il fatto di vivere in paese lo tenga al sicuro da tutto. Ma ti sbagli. Loro sono già qui.”
La nonna si fermò con un pianto sollevato a mezza altezza, pronto per essere posato sullo sgocciolatoio. Chiuse un attimo gli occhi e scosse piano la testa.
“Non puoi dirlo. Anche se ci fossero non sapresti riconoscerli.”
Terzio sorrise osservando la sigaretta che teneva tra le dita. La spense nel bicchiere di plastica riempito con un dito di acqua.
“Si vede che stai troppo chiusa qui.”
“Non sto chiusa qui.”
“L'orto non conta nonna.”
Lei pensò alla fatica che le costava mantenere quelle piante in salute, curarle per ricavarne qualcosa. Le venne una lieve fitta alla schiena, come a confermare i suoi sforzi. Ma alla fine decise che si. Aveva ragione lui.
“Comunque non penso tu li abbia riconosciuti.” disse ugualmente.
“Hanno qualcosa di diverso nello sguardo. Se sai cosa cercare naturalmente.” rispose Terzio.
La donna mise a posto l'ultimo piatto e staccò il tappo dal lavandino. In breve l'acqua scese per lo scarico lasciandosi dietro solo un mucchietto di schiuma alla lavanda. Uscì dalla cucina e si mise a sedere assieme al nipote.
“A volte sembri tuo padre.”
Terzio si voltò verso il televisore dallo schermo sfondato.
“Non dirlo nemmeno.”
Anche la nonna stava osservando l'elettrodomestico inutilizzabile da ormai molto tempo. Avrebbe voluto aggiungere qualcosa. Rimanere in quell'argomento che non affrontavano mai. Spiegare a suo nipote, ancora una volta, come fossero arrivati fin li. Ma sapeva anche che Terzio non voleva capire.
Lui voleva solo andare via, come se potesse servire a qualcosa. Ma c'era Primo.
“Dovresti comunque trattarlo meglio, tuo fratello.” gli disse alla fine.
“Forse ai tuoi tempi quelli come lui potevano essere accuditi. Ora il mondo non è più quello che ricordavi tu. Quelli gli faranno molto peggio di qualsiasi cosa possa fargli io. E' meglio se si abitua.” disse Terzio.
I due continuarono a parlare senza accorgersi del rumore di passi veloci che correvano su per le scale. L'unica cosa che li distrasse fu il suono agghiacciante di qualcosa che, fuori di li, si schiantò sul cortile di casa.

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