CDC #154- L'eterno ritorno del male: Antebellum (2020)
Noto l'esistenza di un
certo astio attorno ad Antebellum. Da ciò che leggo sia critica che
pubblico paiono non apprezzare particolarmente l'opera in questione.
Ora, avrei potuto benissimo esimermi dalla faccenda e lasciare che
l'erba velenosa attecchisse sul lavoro di Gerard Bush e Christopher
Renz. Ma perché lasciarmi sfuggire l'occasione di schierarmi contro?
In realtà ci sono caduto sopra per caso, ma lasciatemi fare il riottoso una volta ogni tanto.
In realtà ci sono caduto sopra per caso, ma lasciatemi fare il riottoso una volta ogni tanto.
E' duro fare letteratura
in questo periodo. Perché quando tocchi un argomento come fai
sbagli. Anzi, a dire il vero anche se non fai sbagli, visto che la
nuova sensibilità della rete vorrebbe solo storie importanti.
Questo spesso tende a distrarre dal nucleo centrale di alcune trame. In questo caso, per esempio, Antebellum vuol essere un thriller psicologico che sfrutta la questione razziale per costruire la tensione. Non, come si aspetterebbero forse i più, un film alla Spike Lee con qualche incursione nel genere.
Una differenza importante, a mio modo di vedere, dato che il cinema horror non si fa problemi a utilizzare personaggi stilizzati per popolare le proprie storie. Alcune volte li fa orbitare attorno a una figura centrale meglio caratterizzata, ma non è detto che capiti. Per cui accusare di semplificazione un prodotto che sceglie di seguire i propri schemi funzionali secondo me non ha molto senso.
Io trovo normale che le due rivali di questa vicenda, l'impegnata Janelle Monae e la gelida Jena Malone, siano fatte a quadretti. Il duo Bush-Renz deve costruire una trama fatta di svolte piuttosto decise e proprio per questioni tecniche è meglio per loro appoggiarsi a personaggi ben distinti. Sta roba deve durare un'ora e mezza, mica sei mesi.
Se poi questa cosa non vi sconquinfera vi posso capire. Ma sappiate che siete davanti al film sbagliato.
Questo spesso tende a distrarre dal nucleo centrale di alcune trame. In questo caso, per esempio, Antebellum vuol essere un thriller psicologico che sfrutta la questione razziale per costruire la tensione. Non, come si aspetterebbero forse i più, un film alla Spike Lee con qualche incursione nel genere.
Una differenza importante, a mio modo di vedere, dato che il cinema horror non si fa problemi a utilizzare personaggi stilizzati per popolare le proprie storie. Alcune volte li fa orbitare attorno a una figura centrale meglio caratterizzata, ma non è detto che capiti. Per cui accusare di semplificazione un prodotto che sceglie di seguire i propri schemi funzionali secondo me non ha molto senso.
Io trovo normale che le due rivali di questa vicenda, l'impegnata Janelle Monae e la gelida Jena Malone, siano fatte a quadretti. Il duo Bush-Renz deve costruire una trama fatta di svolte piuttosto decise e proprio per questioni tecniche è meglio per loro appoggiarsi a personaggi ben distinti. Sta roba deve durare un'ora e mezza, mica sei mesi.
Se poi questa cosa non vi sconquinfera vi posso capire. Ma sappiate che siete davanti al film sbagliato.
Che poi alcune idee che
fondano la sceneggiatura a me paiono pure interessanti. Va bene,
quello del passato che non muore mai può essere un concetto abusato,
seppur implementato in un modo originale (almeno questo lo
concederete). Ma è il discorso sulla comunicazione a intrigarmi.
Perché parte tutto da li. Dalla voglia di zittire le voci discordanti. Gli schiavi neri tra loro non possono parlare, così come alla glaciale Jena non piace che la progressista (e troppo perfettina, va bene, avete vinto) Janelle possa rivendicare davanti al pubblico, in conferenze partecipatissime, i diritti delle minoranze a cui tiene. C'è una linea di continuità tra queste privazioni che va a unire anche il discorso sui tempi che cambiano e sulle le strutture che costruiamo per impedirlo.
Ovvio, se siete a caccia del cinema di denuncia che prenda sul serio il tema dello schiavismo e lo illustri in tutti i dettagli non è Antebelum che state cercando.
Ma Bush-Renz il loro lo fanno, mettendo piccoli spunti di riflessione in una storia che vive di altro.
Perché parte tutto da li. Dalla voglia di zittire le voci discordanti. Gli schiavi neri tra loro non possono parlare, così come alla glaciale Jena non piace che la progressista (e troppo perfettina, va bene, avete vinto) Janelle possa rivendicare davanti al pubblico, in conferenze partecipatissime, i diritti delle minoranze a cui tiene. C'è una linea di continuità tra queste privazioni che va a unire anche il discorso sui tempi che cambiano e sulle le strutture che costruiamo per impedirlo.
Ovvio, se siete a caccia del cinema di denuncia che prenda sul serio il tema dello schiavismo e lo illustri in tutti i dettagli non è Antebelum che state cercando.
Ma Bush-Renz il loro lo fanno, mettendo piccoli spunti di riflessione in una storia che vive di altro.
Anche perché a livello
estetico i registi costruiscono un impianto niente male. Molto
ricercato, forse troppo per i minimalisti, ma capace di creare
sequenze che rimangono nelle retine per un poco.
Già accogliendoci con quel piano sequenza mettono subito in chiaro di voler fare le cose per bene. Poi è vero, ormai questa è una tecnica che usano in tanti, ma se dà buoni risultati perché scansarla dico io. Visto che, per altro, i due sono in grado di tenere l'asticella bella in alto, continuando a offrire squarci piacevoli accompagnati da una colonna sonora sempre sul pezzo. Forse nel finale un pochino il racconto si perde, specialmente a causa di quel monologo da cattivo dei fumetti con cui Jena decide di spiegarci per filo e per segno tutta la sua malvagità lasciando il tempo all'eroina di mettere in atto le contromisure necessarie a salvarsi la vita. E' uno stratagemma che non mi piace, che ha già dato tuto quello che poteva (tipo agli inizi del novecento) e che instupidisce troppo un personaggio che, per quanto spietato, esibiva un certo fascino.
Ma oh, nessuno è perfetto.
Già accogliendoci con quel piano sequenza mettono subito in chiaro di voler fare le cose per bene. Poi è vero, ormai questa è una tecnica che usano in tanti, ma se dà buoni risultati perché scansarla dico io. Visto che, per altro, i due sono in grado di tenere l'asticella bella in alto, continuando a offrire squarci piacevoli accompagnati da una colonna sonora sempre sul pezzo. Forse nel finale un pochino il racconto si perde, specialmente a causa di quel monologo da cattivo dei fumetti con cui Jena decide di spiegarci per filo e per segno tutta la sua malvagità lasciando il tempo all'eroina di mettere in atto le contromisure necessarie a salvarsi la vita. E' uno stratagemma che non mi piace, che ha già dato tuto quello che poteva (tipo agli inizi del novecento) e che instupidisce troppo un personaggio che, per quanto spietato, esibiva un certo fascino.
Ma oh, nessuno è perfetto.
Al di là di questo e di
qualche forzatura lungo la strada che rivela una certa ambizione
forse non del tutto raggiunta, a me Antebellum è parso un buon
lavoro.
Certo, va preso per ciò
che è e non per ciò che forse si vorrebbe che fosse, ma secondo me
la serata la porta a casa.
Poi fate voi.
Pur essendo un film fin troppo vistosamente a tesi, anche io sono tra i pochi che l'hanno apprezzato.
RispondiEliminaMa si, non sarà un capolavoro, ma non è male. In giro c'è molto di peggio.
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