CDC #143- Western in terra siciliana: Gente D'Onore (1967)
Continua la mia caccia ai
film sconosciuti dentro quello strano mondo chiamato Youtube. Permane
anche un dubbio: il magnifico canale dal quale mi approvvigiono è
autorizzato a mostrami tali perle? Certo è su da un bel po' di
tempo, contiene parecchio materiale ed espone i suoi gioielli con una
definizione e una qualità lontani da quella che definirei pirateria,
ma vai a sapere.
Comunque sia, certe opere non andrebbero lasciate scivolare nell'oblio ed è un bene che qualcuno si arroghi il compito di offrire loro la vetrina.
Comunque sia, certe opere non andrebbero lasciate scivolare nell'oblio ed è un bene che qualcuno si arroghi il compito di offrire loro la vetrina.
Mi riferisco anche a Gente
D'Onore, opera prima di Folco Lulli, che non sarà Il Padrino, ma che
è intrisa di professionalità. Un prodotto talmente voluto da Lulli
(almeno si direbbe) che lo ha spinto, oltre che a dirigerlo, a
scriverne la sceneggiatura e a recitarvi come protagonista. Quando si
dice un uomo che si è fatto da solo.
Siamo nel 1967 e il western ha ormai conquistato cinecittà. Ma perché raccontare sempre di questi luoghi lontani e dimenticati tra le vaste praterie d'America, quando anche il nostro paese potrebbe offrire paesaggi aridi popolati da personaggi intriganti? Perché fa moda. (dialogo mentale non necessariamente attribuibile a Folco Lulli).
La via d'uscita escogitata dal regista prevede un classico racconto di banditi nostrani messo giù seguendo gli stilemi del western all'italiana. Ecco, fatto il colpaccio.
Del resto la Sicilia e la colonna sonora composta da Lallo Gori ben si adattano ai ritmi leoniani. Basta solo mettere insieme un gruzzolo di facce giuste.
Siamo nel 1967 e il western ha ormai conquistato cinecittà. Ma perché raccontare sempre di questi luoghi lontani e dimenticati tra le vaste praterie d'America, quando anche il nostro paese potrebbe offrire paesaggi aridi popolati da personaggi intriganti? Perché fa moda. (dialogo mentale non necessariamente attribuibile a Folco Lulli).
La via d'uscita escogitata dal regista prevede un classico racconto di banditi nostrani messo giù seguendo gli stilemi del western all'italiana. Ecco, fatto il colpaccio.
Del resto la Sicilia e la colonna sonora composta da Lallo Gori ben si adattano ai ritmi leoniani. Basta solo mettere insieme un gruzzolo di facce giuste.
Succede che lo Stato ha
deciso di fare sul serio e sei sicari che vivono nascosti nei più
oscuri anfratti della Sicilia vengono richiamati dall'organizzazione
e fatti fuggire attraverso l'isola, in direzione di un peschereccio
che dovrà portarli lontano dai tentacoli della legge. A ogni sosta
il manipolo perde un pezzo, elemento narrativo che rende un filo
schematica la vicenda. Ma il trucco c'è e forse qualcuno non è chi
sostiene di essere.
La lunga passeggiata dei fuggitivi dal nord al sud dell'isola, inframezzata da quella che diventerà una vendetta passionale e da brevi accenni di indagine, riescono a intrigare anche uno spettatore poco comprensivo come me, perché la costruzione di Lulli è diligente e sostenuta da un gruppo di caratteristi che, una volta tanto, non sono indistinguibili facce di legno.
C'è una forza che brucia alla base di questo lavoro. Pur senza pretendere di andare a giocarsela con i pezzi grossi dell'epoca, si tratta di un film che sfrutta i generi in voga, ma inventa un suo stile che lo rende anomalo nel panorama western italiano di fine anni sessanta.
La lunga passeggiata dei fuggitivi dal nord al sud dell'isola, inframezzata da quella che diventerà una vendetta passionale e da brevi accenni di indagine, riescono a intrigare anche uno spettatore poco comprensivo come me, perché la costruzione di Lulli è diligente e sostenuta da un gruppo di caratteristi che, una volta tanto, non sono indistinguibili facce di legno.
C'è una forza che brucia alla base di questo lavoro. Pur senza pretendere di andare a giocarsela con i pezzi grossi dell'epoca, si tratta di un film che sfrutta i generi in voga, ma inventa un suo stile che lo rende anomalo nel panorama western italiano di fine anni sessanta.
Quello che colpisce
l'occhio odierno è una certa sfrontatezza che Lulli infila nella sua
opera. Parla senza problemi di una Sicilia retrograda, dove una donna
che picchia il marito dopo averle prese per decenni diventa il
simbolo del progresso. Un luogo in cui i pastori si fanno giustizia
da soli a colpi di lupara. Ma soprattutto Lulli parla
dell'Organizzazione anni prima che la cronaca confermasse l'essenza
della criminalità siciliana.
Ovvio, non esistono solo luci nel lavoro di Lulli. La meccanica della struttura si sente e rende piuttosto prevedibile l'andamento della storia (anche se il ribaltamento nell'importanza dei ruoli è un esperimento notevole), certe sequenze paiono infilate solamente per deliziarci lo sguardo con le grazie di Rosemarie Dexter e, specialmente all'inizio, per sorprenderci il regista bara un po' con i colpi di scena.
Ovvio, non esistono solo luci nel lavoro di Lulli. La meccanica della struttura si sente e rende piuttosto prevedibile l'andamento della storia (anche se il ribaltamento nell'importanza dei ruoli è un esperimento notevole), certe sequenze paiono infilate solamente per deliziarci lo sguardo con le grazie di Rosemarie Dexter e, specialmente all'inizio, per sorprenderci il regista bara un po' con i colpi di scena.
C'è una certa ingenuità,
se vogliamo, che si ripercuote in alcune dinamiche del racconto. Lo
stesso utilizzo dei Carabinieri, che saltano fuori alla bisogna più
che avere un ruolo vero nella trama, toglie qualcosa alla coerenza
della storia.
Però si tratta di un'opera prima messa insieme nel miglior modo possibile. L'inventiva e le scelte stilistiche mostrano il coraggio di un regista che voleva provarci tentando di prendere due generi differenti e fonderli assieme.
Non è Leone, questo mi pare ovvio. Ma non è nemmeno un gattino.
Dategliela un'occhiata. Non vi costa niente.
Letteralmente.
Però si tratta di un'opera prima messa insieme nel miglior modo possibile. L'inventiva e le scelte stilistiche mostrano il coraggio di un regista che voleva provarci tentando di prendere due generi differenti e fonderli assieme.
Non è Leone, questo mi pare ovvio. Ma non è nemmeno un gattino.
Dategliela un'occhiata. Non vi costa niente.
Letteralmente.
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