Vi racconto una storia: La Fine Dell'Innocenza

 

La principessa Amelia inspirò a fondo per farsi coraggio e si alzò dal letto a baldacchino sul quale era seduta da qualche minuto. Le bambole di porcellana disposte accanto al cuscino sembravano seguirla con lo sguardo, affascinate dall'andamento elegante che la ragazza aveva imparato a tenere durante le lezioni di portamento.

Amelia camminò sollevando delicatamente, con la punta delle dita, la gonna e si sistemò davanti al grande specchio che teneva in camera da letto. Quando si decise ad alzare lo sguardo, quasi rimase senza fiato.

La seta gialla dell'abito luccicava alla luce tremolante dei candelieri, mentre le disegnava la sottile forma del busto lasciandole scoperta la pelle candida delle spalle. Una leggera increspatura brillava sotto la dolce curva dei seni sbocciati da poco e nel pieno del loro vigore. La gonna, ora liberata, arrivava a toccare il pavimento, arricchita dai soffici arricciamenti del tessuto. I guanti, di velluto pregiato, le fasciavano gli avambracci fino a toccarle i gomiti.

Sopra l'acconciatura castana, dalla quale sfuggivano maliziosamente alcune ciocche ondulate, la tiara ereditata dalla madre troneggiava, spedendo riflessi multicolori dai gioielli che vi erano incastonati.

Prima di essere costretta a uscire, Sara, damigella prediletta della principessa e nominata contessa per l'occasione, aveva lavorato ad una leggera operazione di trucco per nascondere le leggere imperfezioni della pelle diciassettenne sul viso di Amelia. La principessa si trovò bellissima.

Un sorriso triste, malgrado tutto, le affiorò sulle labbra. Ricordò il piacere provato nell'attesa di quel giorno che le avrebbe consentito di darsi alla vita. Tutte le risate e le chiacchiere con le damigelle, mentre si scambiavano pettegolezzi sugli invitati al gran ballo. Ci sarebbero stati principi, generali e cavalieri, tutti pronti a qualunque gesto pur di essere notati e magari scelti da lei.

Le venne quasi da piangere, ma riuscì a trattenere le lacrime pensando al peccato che avrebbe commesso nel rovinare il lavoro di Sara.

Dalla piccola finestra sulla parete filtrava una debole luce diurna, sottolineando quanto l'ora non fosse indicata ad indossare un abito come quello. Però la principessa non aveva alternative se voleva vederselo addosso. Il ballo programmato per quella notte non ci sarebbe mai stato.

Uno schianto potente riportò Amelia alla realtà. Il profumo delle vivande speziate, allestite per il banchetto creato dalla sua mente, venne sostituito dall'odore penetrante del fumo.

Urla selvagge arrivavano dall'esterno La principessa sfidò il divieto che le era stato imposto e si avvicinò cautamente alla finestra per vedere quanto grave fosse la situazione.

Un'orda di persone si stava ammassando alle mura del castello e, attraverso il cancello scardinato, si riversava nel cortile. Donne e uomini si muovevano indistinti in quella calca selvaggia. Molti di loro cadevano colpiti dalle frecce scoccate dai pochi arcieri rimasti. Ma sembrava che ciò non importasse agli altri. Avanzavano calpestando i cadaveri e i corpi agonizzanti, quasi non li vedessero.

Qualcosa, forse una pietra, colpì lo stipite della finestra. La principessa trasalì e capì di essere stata vista. Tornò al centro della stanza con le braccia incrociate strette al corpo. Aveva freddo e guardò il mantello pesante adagiato sul letto, pronto per la fuga.

Alcuni colpi secchi alla porta la costrinsero a girarsi di colpo facendo volteggiare la lunga gonna. Si avvicinò lentamente alla fonte del rumore fino a posare le mani sul legno pregiato. Dall'altra parte giunse una voce flebile che la ragazza riuscì a riconoscere. Alzò la trave che teneva sigillata la porta e aprì facendo entrare Sara. Poi richiuse rapidamente.

Si voltò verso Sara. La sua damigella, al pari delle altre, aveva combattuto per lei. Ragazze allenate alla guerra che rappresentavano l'ultimo baluardo difensivo nel momento del pericolo.

“Scappi presto. Sono tutte morte.” riuscì a dire Sara con la voce strozzata. Poi un grumo di sangue eruttò dalla sua bocca. Amelia si accorse che la guerriera si premeva debolmente la mano sul fianco aperto da uno squarcio orrendo, provocato da una spada o da una scure.

Sarà cadde pesantemente sulle ginocchia. Il suo sguardo si fece evanescente. Provò a dire ancora qualcosa, ma a causa della debolezza e del sangue bloccato in gola riuscì ad emettere solo un rantolo sofferto. Poi cadde a faccia in giù. Uno spasmo e smise di muoversi.

La principessa rimase bloccata ad osservare il corpo dell'amica, mentre una chiazza rossa e densa si spandeva sul pavimento dalla ferita aperta nel fianco della damigella. La divisa bianca da guerriera strappata e sporcata da chissà quante ferite.

Amelia non pensò più a nulla per molto tempo. Troppo. Quando realizzò di dover prendere il mantello e fuggire attraverso il passaggio segreto nascosto dall'arazzo, che lungo un dedalo di corridoi l'avrebbe condotta lontana da li, sentì il primo violento colpo alla porta.

Il secondo schianto piegò l'asse di sicurezza e Amelia trasalì. Al terzo il legno cedette definitivamente spalancando la porta.

Ci fu un grande silenzio, interrotto solo dal respiro affannoso di coloro che avevano operato lo sfondamento. Una massa di gente si accalcò all'uscio. L'odore di fumo si mischio a quello acre di pelle mai lavata. Visi coperti di fango e polvere la osservavano con occhi rossi e spiritati. Bocche aperte, quasi fameliche, popolate da denti marci, alitavano aromi di malattia all'interno della stanza. Mani incrostate che reggevano armi dalle lame arrugginite e insanguinate.

La principessa, terrorizzata osservava tutto questo senza sapere cosa fare. Non voleva morire intrappolata li dentro. La tensione le attorcigliava lo stomaco. Si sentiva fremere in ogni muscolo. Eppure non riusciva a muovere un solo dito. Guardava quelle persone cariche d'odio per lei e sentiva gli occhi bruciarle dalla voglia di un pianto che non arrivava mai. Voleva chiedere pietà, ma la sua bocca non si apriva. E se anche si fosse aperta, ne era sicura, non sarebbe riuscita a emettere un fiato. Poi un getto di liquido caldo le bagnò le gambe gocciolando sul pavimento.

In qualche modo riuscì a vergognarsi di questo. Guardò a terra il cadavere dell'amica che aveva lottato per lei. Pensò alle altre, morte in modi probabilmente atroci per lei. Si figurò tutti i principi, i generali e i cavalieri, giunti fin li per avere la sua mano e caduti combattendo per salvarla. I soldati, fieri nel loro giuramento, periti nella battaglia. Tutti coraggiosi. Doveva renderli orgogliosi di lei, ovunque fossero.

Così chiuse gli occhi e sollevò leggermente il capo. Le ciocche ondulate le scivolarono lungo la schiena. Poi allargò lievemente le braccia, con i palmi delle mani rivolti verso gli esser ringhianti che la scrutavano, quasi ad accogliere quelle lame pronte a devastarle il corpo. Tentò di mantenere la calma, ma il respiro rimase concitato. Il vestito si increspava assecondando il movimento del suo corpo e la seta si divertiva a creare riflessi ambrati.

Ci fu un grido agghiacciante e il suono pesante di passi in avvicinamento. La puzza che quella gente si portava dietro si fece più intensa. Una lacrima finalmente riuscì a sfuggire dagli occhi della principessa e si mise a scorrerle lenta sulla guancia. Amelia sentiva i respiri ansimanti sempre più vicini, quasi a scaldarle la pelle.

Quando, dopo un tempo che sembrò non passare mai, avvertì la punta di una lama farle pressione sul ventre riuscì a pensare che, dopotutto, quell'abito era servito per qualcosa di importante.


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