CDC #120- I bei film che non vogliono farmi vedere: Oltre Il Guado (2013)

Vi è mai capitato di entrare in un negozio dove vi tengono nascosto l'oggetto del vostro desiderio in favore della paccottiglia più becera che non comprerete mai? No naturalmente. Perché un bravo venditore studia l'acquirente intercettandone i desideri, finendo magari per vendergli qualcosa che ancora non sa di volere, ma sicuramente evitando di proporgli qualcosa che non vuole affatto.

Ecco. Invece Prime Video si comporta all'opposto, insistendo nello sventolarmi davanti il trailer di quella porcheria di After 2 e celandomi prodotti che potrebbero piacermi.

Non fosse stato per il consiglio di una persona molto speciale, non avrei mai scoperto il titolo di oggi.

Che gran peccato sarebbe stato.


Oltre Il Guado è un horror italiano e già qui scatta la notizia. Ma soprattutto è un buon film che riesce a miscelare con gusto tensione e disturbo puntando deciso sulla creazione dell'atmosfera.

Certo, il bosco e il villaggio abbandonato nei quali infilare un protagonista solitario sono ottime basi di partenza, ma poi su questi elementi occorre costruire una sceneggiatura che regga la prova del lungometraggio e qui le cose possono farsi più complicate.

Lorenzo Bianchini riesce nell'impresa sfornando un piccolo gioiello che, al netto di qualche problemino e di alcuni dubbi di cui parleremo dopo, funziona molto bene.

Insomma, secondo me Oltre Il Guado è promosso e se non volete rovinarvi la visione con il rischio di leggere qualche anticipazione, direi che vi basta sapere questo.

Per cui salutatemi tutti, correte a vederlo e magari tornate a dirmi cosa ve ne pare.

Se invece ve ne frega niente, oppure lo avete già veduto, prendiamoci per mano e scorrazziamo nel bosco insieme. Di notte.


Bianchini mette in piedi una pura pellicola dell'orrore, rifiutando le contaminazioni di genere che tanto vanno di moda. Per cui ritmi blandi durante tutta la visione, un paio di salti sulla sedia (peraltro abbastanza telefonati), tanto silenzio riempito con i suoni ambientali e immagini dalle fototrappole abbastanza inquietanti per loro stessa natura. Insomma, una sorta di Blair Witch Project privo della macchina a mano, stratagemma semplice per creare paura ma anche parecchio abusato.

Inoltre, fin quando può, il regista tiene bene nascosta l'origine del terrore, anche se in questo senso la locandina un po' lo frega.

A vagare solitario per i boschi friulani c'è Marco Contrada, etologo portato sullo schermo da Marco Marchese, che forse non è l'attore che trovate più spesso tra le produzioni nostrane, ma che comunque riesce a reggere benissimo il peso di una storia che grava interamente su di lui.

Marchese non ha molte occasioni per affidarsi al dialogo (monologo va), quindi è il linguaggio del corpo a restituirci la confusione, la paura e il terrore che piano piano invadono il personaggio. Il risultato è tanta roba, visto quanto si riesce a entrare in contatto con lui.  

Poi probabilmente è vero che la semplicità insita nel soggetto offre il fianco a qualche forzatura che spinge la storia ad andare dove deve.

Per esempio a me è sorto il dubbio che tutta la narrazione non fosse altro che un simbolico viaggio verso la follia del nostro etologo, sensazione provocata dal disturbante montaggio onirico che a volte prende possesso della pellicola. Prese singolarmente sono sezioni intriganti queste, ma creano più confusione di quanta ne servirebbe e spingono un poco fuori dal nucleo principale del racconto.

Anche perché Bianchini sceglie un'altra via per la vicenda. Una strada che predilige il concretizzarsi di antiche leggende. Cosa di per se tutt'altro che disprezzabile.

Non fosse per la marea di domande che una soluzione del genere costruisce nella mente dello spettatore (o almeno della mia).

Dov'è il furgone? Chi l'ha preso e dove lo ha portato? Chi o cosa sono le gemelle? Sono creature viventi? Fantasmi?

Tutte questioni sulle quali viene voglia di sorvolare, per lasciarsi trascinare nell'atmosfera malata messa su dal regista. Ma che si conficcano li, al centro del pensiero, spingendo a chiedersi se è davvero necessario rispondere o no.


In fin dei conti forse dovrei ringraziare Prime Video per aver caricato sulla piattaforma questo regalo, dandomi la possibilità di assistere a uno spettacolo che mi ha reso felice.

Tuttavia fosse stato per Bezos e i suoi, oggi vi starei parlando di After 2, vomitando i peggiori insulti mai creati dalla mente umana. Perché puoi avere a catalogo il meglio della cinematografia mondiale, ma se non me lo fai sapere è come niente. Ci vorrebbe un guizzo nel modo di indicizzare le opere.

Nel frattempo posso considerarmi fortunato di poter contare su chi è veramente speciale e sa consigliarmi le cose giuste perché mi conosce.

Il passaparola rimane la più efficace strategia di marketing. Anche al tempo di internet.




Commenti

  1. Anche a me è piaciuto veramente molto, tanto da rivederlo anche successivamente alla prima visione. Prima era su Netflix, ora l'hanno messo su Prime, ben venga!

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