CDC #118- Tutti i canoni del noir: Le Catene Della Colpa (Out Of The Past, 1947)

Credetemi, tifo veramente per Rai Play. Quando si favoleggiò a proposito del rilancio dell'applicazione mi schierai nella curva dei sostenitori più accaniti. La potenziale videoteca presente negli archivi di mamma Rai prometteva meraviglie a non finire.

Ma niente da fare. Persino oggi, a tanti mesi di distanza, la visione su questa piattaforma resta funestata da continue interruzioni e rallentamenti. E spesso le opere che si trovano paiono pure scarti di vecchie VHS macinate dal tempo, con l'audio claudicante e il video tutto sciolto.

Ma si sa, per i film davvero importanti si può compiere qualsiasi sacrificio.


Le Catene Della Colpa si ispira piuttosto allegramamente a un romanzo che ho letto due volte e del quale non ricordo pressochè nula, se non una vaga tendenza all'eccesso. Un noir di fattura classica, che tentava disperatamente di accodarsi ai capolavori del genere targati Chandler o Hammet. Senza nemmeno accarezzargli le suole, per altro.

Il suo autore, Daniel Mainwaring, qui figura come co-sceneggiatore e, se davvero il suo ruolo nel progetto è reale, dimostra di sentirsi più a suo agio al cinema che con i libri.

Forse perché l'intricata vicenda raccontata qui risulta più fluida e facilmente comprensibile. Ma probabilmente la presenza in scena di Robert Mitchum, Kirk Douglas e Jane Greer gioca un ruolo importante in questo senso.


Se per il romanzo il fatto di appogiarsi all'hard boiled risultava un fiacco tentativo di sfruttare una moda, nel film invece il genere esalta il risultato. Il bianco e nero quasi ostentato, il potere del buio e il faccione ingrugnito di Mitchum ci trasportano di peso negli anni quaranta e per uno come me, appena uscito dall'esperienza di LA Noire, non può che essere un piacere.

Il protagonista Bailey indossa un nome d'arte (guarda caso proprio come Mainwaring, che nei libri troverete siglato come Geoffrey Homes) e viene riportato alla sua vita precedente dall'incontro con una vecchia conoscenza. Nulla che non abbiate mai sentito prima di oggi.

Tuttavia la scelta di dargli il volto di Mitchum è vincente, perché quando il personaggio si trova a smascherare le trappole ai suoi danni grazie all'esperienza, risulta sempre credibile. Così come è facile stare al gioco quando il gigionissimo Kirk Douglas spadroneggia sulla scena, incarnando il perfetto malavitoso onesto: quello cioè che sa essere generoso con i suoi sgherri, ma anche disposto a tutto pur vendicare una fregatura subita.

Il duello verbale tra Douglas e Mitchum è quello di due uomini che conoscono i propri limiti, che si rispettano, che non sprecano cadaveri la dove non serve. Personaggi complessi, molto più profondi degli istrionici psicopatici che prendono la via del male nel cinema odierno.  


Anche se a dare la svolta definitiva a tutta la minestra è lei: la sontuosa Jane Greer. La sua Kathie è la quint'essenza della dark lady tipica dell'hard boliled. Fatale, capace di far cascare ogni uomo nella sua rete, feroce nel cercare di ottenere tutto ciò che vuole, bugiarda.

Una donna che quando vede due uomini picchiarsi non si lancia in urletti disperati tipo smettetela. No. Si mette in disparte e si gode la scena, quasi eccitata mentre elabora il suo piano per chiudere la partita a modo suo.

Una persona pericolosa quanto e persino di più rispetto agli assassini di professione. Eppure dotata di un magnetismo che impedisce ai due duri di liberarsi di lei. Lo si ritrova spesso questo discorso nel noir, lo so benissimo. Ma raramente un'attrice riesce a diventare la personificazione di questo carattere. Nonostante l'evidente doppiogiochismo della donna, non facciamo alcuna fatica a capire il desiderio di Whit e Jeff.

Con queste prestazioni, ingigantite da una serie di comprimari all'altezza, non stupisce che Jacques Tourneur scelga la via della regia essenziale. Gli basta inquadrare i suoi campioni, rendere tutto notturno come il petrolio e via. Il gioco è fatto.

Le Catene Della Colpa è un'opera che si dimostra all'altezza della sua fama. Certo, vive del riflesso di Marlowe e di tutto il suo genere. Ma l'impronta che lascia dietro di se è profonda.

Merita di essere visto e amato. Magari procurandosi una versione un filino più pulita di quella che capitata a me.

Sperando che Mamma Rai risolva i suoi problemi e ci regali una piattaforma degna dei suoi contenuti.

Su ragazzi, io faccio il tifo per voi.


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