CDC #111- Il monolite luminoso: The Neon Demon (2016)

Ciao. Come procede il vostro rapporto con il terrore? 

Diciamo che ultimamente questo sentimento ha trovato nuovi modi per avvolgerci. Ma, vi confido un segreto, in realtà lui cova sempre sotto la superficie.

Dev'essere per questo motivo che ci ossessioniamo a cercare rassicurazioni dappertutto, imprigionandoci dentro schemi comportamentali che riconosciamo come sicuri. Come l'abitudine di catalogare le opere d'arte per genere, ad esempio. Così uno sa cosa va a vedere prima ancora di andare al cinema.

Solo che non tutto è schematizzabile.

Prendete il film di oggi: ecco, rischiate di trovarlo nella sezione horror dal vostro videotecaro preferito. Ma basta l'abbondate utilizzo di sangue e qualche influenza argentiana per rientrare nell'etichetta?

Domanda esistenziale alla quale potremmo rispondere con un semplice chissenefrega. Ma per noi è facile. Mettetevi nei panni del videotecaro che deve mettere in ordine il negozio. Lui si che sa cos'è il terrore.


Dario Argento dicevamo. Per Refn il cinema di genere italiano del periodo d'oro è una fonte di ispirazione, lo dicevamo qui. Stavolta il danese si prende i rossi sfolgoranti, certe idee di scenografia, un vago accenno alle atmosfere tipiche dei lavori del Darione nazionale e le fa sue.

Inoltre Refn sa che l'horror in certe sue declinazioni non si vergogna di scivolare nella sensualità, anche se ci vuole una dose di prudenza nel farlo. Eccedere da una parte o dall'altra significa mostrare a schermo pornografia sanguinolenta o atti di macelleria zeppi di simboli fallici.

Nic non è l'ultimo della fila e riesce a raggiungere la perfetta alchimia, anche se solo in una scena perfettamente selezionata (ma non vi dirò qual è).

Solo che, a lungo andare, preferisce concentrare tutta la sua attenzione sull'estetica dell'opera, finendo per perdere contatto sia con l'orrido che con il pruriginoso. Una scelta voluta, secondo me, che però costringe il nostro videotecaro a rimuginare sulla correttezza della sua catalogazione.


Perché l'horror fatto bene (che non è quello con gli spettri che fanno le boccacce e buttano in terra le pentole nella speranza di farvi saltare sulla sedia) è capace di andare a pizzicare corde emotive nascoste che disturbano lo spettatore, più che disgustarlo.

Refn invece proprio sul disgusto prova a giocarsela per ottenere dal videotecaro lo scaffale preferito. Sangue, in particolar modo. Ma anche scene tendenti al crudo, violenze psicologiche, strane devianze mentali. Tutto comunque filtrato dal suo gusto estetico patinato.

Ne viene fuori un racconto cerebrale, troppo pulito per stuzzicare l'emotività recondita e ricco di simbolismi. Alcuni facilmente decrittabili, come il demone di neon che Refn utilizza alla stregua del monolite kubrikiano. Per altri invece servirebbe la Stele Di Rosetta. Di fatto si rimane troppo tempo a leggere tra le righe per lasciarsi trascinare dal turbamento.

Simbologia a parte, il messaggio di fondo del film è piuttosto chiaro e, secondo me, cela un certo rancore di Refn nei confronti della collina. Qui si descrive il mondo dello spettacolo, che quando vede arrivare qualcosa di fresco e nuovo lo vive come un attacco al potere costituito e tenta di assorbirlo e renderlo inoffensivo.

Il regista utilizza due strade per sottolineare questa cosa. Da una parte l'evoluzione della sempre meno tenera e indifesa modellina appena giunta dalla campagna, dall'altro qualcosa di decisamente più carnale che non starò qui a raccontarvi.

Di fatto non esiste ammirazione in quell'universo li, ma solo invidia e crudeltà. Si tratta di un ambiente marcio, che corrompe qualunque bellezza possa incontrare. Un concetto che abbiamo incontrato altre volte, se vogliamo. Spesso rilanciato da registi che non vivono un gran rapporto con Hollywood.


Ma rimane il discorso che guardare questo film è come vedere Suspiria attraverso un cannocchiale girato al contrario. Pur portandone dentro di se molte prerogative, The Neon Demon è difficile da incorporare dentro il genere horror. Refn ha altri obbiettivi. Quali, non saprei onestamente dire.

Quindi caro amico vidotecaro che tieni ancora in mano il blu ray senza sapere dove metterlo: organizza tutto in ordine alfabetico va, che così non sbagli mai.


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