CDC #97- Inzupparsi di oro nero: Il Petroliere
Esistono filmetti e
filmoni. Dei primi ne sono piene le videoteche (digitali e non) di
tutto il pianeta, mentre i secondi sono più difficili da trovare, ma
non così tanto rari da costringere lo spettatore a dilettarsi con la
speleologia.
Poi ci sono prodotti
strani. Pellicole che mentre le vedi non sei sicuro che ti piacciano,
magari per via di un ritmo compassato o di un protagonista
respingente. Però, magari, sono proprio quelle opere che ti
rimangono dentro, come tatuaggi incisi nel cervello.
P.T. Anderson costruisce
film così. Un regista a volte difficile,
ma certamente mai banale, capace di creare cinema partendo dal fulcro
dei suoi personaggi e di sbattere in faccia allo spettatore storie
che magari non vorrebbe sentirsi raccontare.
Perché,
se vogliamo semplificare, Il Petroliere potrebbe anche sembrare la
classica denuncia al sistema capitalistico americano, quell'organismo
invisibile che divora tutto e tutti nel nome di un profitto senza
limiti. Ma ridurre tutto a questo sarebbe un vero peccato.
Perché
Daniel Planview non è il solito finanziere con la bombetta
insaziabile di denaro, figura spesso trattata dal cinema e facilmente
deprecabile, visto il suo distacco dalla realtà. No. Il protagonista
di questa storia è proprio uno di quegli uomini che danno lustro al
mito del sogno americano. Uno che si è costruito da solo, spaccando
pietre e scavando nella terra. Uno che si è fatto strada con il
sudore della fronte, i calli nelle mani e la faccia inzuppata di
petrolio.
Un
poverissimo che si è fatto signore grazie al proprio lavoro, proprio
come succede nei racconti che inorgogliscono gli americani armati di
buona volontà. Non un uomo onesto, va bene. Ma nemmeno troppo
spregiudicato, che esamina costi e benefici, capace di fare affari
arricchendo le comunità in cui arriva.
Un
esempio perfetto, se vogliamo. Non fosse che si tratta di un figlio
di puttana talmente stronzo da far sembrare il suo petrolio acqua
cristallina.
Anderson
comunque ci va piano. Non ci presenta il nostro Daniel subito come un
bastardo. Ci lascia il dubbio che una certa durezza del carattere
faccia parte del corredo di un uomo che avanza nel duro mondo degli
affari da solo. Un personaggio arcigno e scorbutico, ma non privo del
lato tenero che sa riservare al figlio.
Lui
cerca petrolio, un fluido che dona un sacco di soldi a chi lo estrae,
ma che è anche un orribile fanghiglia nera che (ve lo posso
assicurare) riesce a puzzare di gasolio e merda insieme. Chissà,
forse ad aspirarne tanto si finisce per assumerne qualche
caratteristica.
Quando
il suo pozzo esplode, in una scena che, come tutte quelle che
prevedono fiamme e petrolio assieme, ricorda molto la fine del mondo,
capisce due cose. Che diventerà ricchissimo e che detesta qualunque
contatto umano. Eccolo quindi. Un fin li trattenuto Daniel Day Lewis
sale in cattedra e perfora lo schermo come solo lui sa fare.
Perché,
nonostante possa sembrare un cambio di registro completo, l'attore è
stato capace di costruire benissimo i sentimenti repressi nel
sottosuolo dell'omonimo protagonista. E quando vengono fuori è
l'apoteosi.
Il
perfetto self made man mostra tutto il suo lato rancoroso, covando
vendette per anni, sistemando rivali con spocchia, passando sopra a
tutto quanto.
Il
Petroliere è un film che vive letteralmente della grandezza di un
attore che ha pochi eguali al mondo. Domina la scena, ci sballotta,
si fa detestare. Ma mai per un attimo si perde il contatto con lui.
Il suo agire è sempre comprensibile. Il suo essere estremo è figlio
di tutta quella rabbia sociopatica coltivata con cura negli anni
della sua saga personale.
Anderson,
naturalmente, ci mette del suo, inquadrando la nuova frontiera
americana con la classe del western, mostrandocene i cambiamenti che
hanno cancellato dalla storia l'universo dei cowboy per portare
l'industrializzazione.
Che
per lui queste trasformazioni siano degne di un film dell'orrore ce
lo fa capire utilizzando commenti musicali che sarebbero perfetti per
una storia piena zeppa di mostri lovecraftiani. Suoni che disturbano,
che sottolineano quanto sbagliato sia tutto ciò che accade.
Poi,
se proprio volete fare i teneri, allora si. Il Petroliere è anche la
storia di un uomo profondamente solo. Ma andateci piano con la
dolcezza.
Daniel
è uno che vuole la sua solitudine. La brama. La cerca e la pretende.
Forse, per chi non sa stare solo, questo lato del suo carattere
potrebbe sembrare una conseguenza di azioni sbagliate e, come tale,
un monito per lo spettatore.
Ma
non cascate nel tranello di chi vi dice che nessun uomo è un'isola.
Quella immensa solitudine nella sua casa gigantesca è il premio di
una vita passata a spaccarsi schiena, gambe e braccia tra miniere e
pozzi.
Il
trionfo assoluto di un uomo che, ottenuta l'ultima soddisfazione, può
finalmente godersi la pace di cui è sempre stato cacciatore.
Ciao Iuri, eccomi qua :-)
RispondiEliminaIl film in questione non lo conosco ma dalla tua recensione mi sembra davvero interessante, quindi lo cercherò in streaming.
Ti abbraccio.
Ti faresti un gran favore. E' davvero una grande opera. Grazie della visita!
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