CDC #75 - Il punto sul discorso nostalgico- Ready Player One
Il futuro è qui e noi ci
stiamo seduti sopra. Auto che si guidano da sole, telefoni che si
piegano come fazzoletti e intelligenze artificiali che ci dicono che
tempo fa prima di aprire la finestra.
Se dal lato pratico questi
gingilli qualche problema ce lo risolvono, dal punto di vista umano
pare che ci rendano peggiori ogni giorno che passa. Siamo cani
rabbiosi, inclini alla lamentela e poco propensi all'intraprendenza.
Dev'essere per questo che
ci buttiamo con tanta gioia nella nostalgia degli anni ottanta. A
quel tempo il futuro lo potevamo ancora immaginare e lo sognavamo
bello, colorato e pieno di divertimento.
Però vivere nel passato
non è mai un buon affare. Non sono io a sostenerlo, lo dice Steven
Spielberg. Sentite qua:
Nel 2045 ormai l'umanità
pare ridotta a vivere in catapecchie, schiacciata dal potere e
destinata al grigiore perenne. L'unica valvola di sfogo per le
frustrazioni è Oasis, videogioco massivo in cui ognuno può essere
chi vuole. Ma una oscura multinazionale vuole prenderne possesso
vincendo la competizione che il creatore del gioco ha caricato prima
di morire. Ai nostri giovanissimi eroi il compito di portare amore.
Trama piuttosto esile, a
dire il vero. Ready Player One è un film con un target ben preciso
(o almeno così sembra), che non si schioda dal classico andamento
narrativo del cinema per ragazzi e che Spielberg non si sogna nemmeno
di smussare. La battaglia impossibile di cinque ragazzini contro la
perfida multinazionale segue i canoni stabiliti millenni fa per
questo genere di avventure.
Ciò non toglie che dal
punto di vista estetico questo film è uno spettacolo, ovviamente.
Spielberg può calcare la mano sui combattimenti sfidando ogni forma
di censura, tanto è quasi tutto finto quello che compare in scena,
perciò innocuo. Certo, qualcun altro al posto suo avrebbe
trasformato lo schermo in un quadro astratto, mentre il nostro riesce
sempre a mantenere un certo ordine nella messa in scena. Tuttavia il
rischio di grande baracconata si nasconde in ogni anfratto.
Io, per esempio, mi sono
divertito assai poco durante la visione. I personaggi non sono
indimenticabili, a causa di una sceneggiatura a volte ovvia e al di
la di qualche momento alla “arrivano i nostri”, ho trovato
davvero poco esaltante questa avventura.
Poi tutte quelle
citazioni. Anche mandando il film al rallentatore per cinque volte di
fila, sarebbe comunque impossibile individuarle tutte.
Troppa roba, secondo
qualcuno. Il vero colpo di genio operato da Spielberg, se volete
sapere la mia.
Steven Spielberg è uno
che la cultura pop anni ottanta ha contribuito a costruirla. Vedersi
omaggiato in continuazione sulle prime potrebbe anche avergli fatto
piacere. Ma a lungo andare anche a lui sarà venuta in mente la
storica frase del filosofo: bello bello, dopo un po' rompe il
caspita.
Quindi una possibile
interpretazione di questo lavoro potrebbe essere la seguente. Steven,
stanco di questo continuo richiamo alla nostalgia ha deciso di
metterci il punto. Da esperto quale è ha tirato fuori tutto ciò che
si poteva citare, lo ha infilato nel suo film quasi a ribadire che è
ora di finiamola. Brutale forse come impostazione, ma io al suo posto
mi sarei comportato esattamente così.
Eppure sono convinto che
Spielberg volesse andare un filo più in profondità.
Il gioco si chiama Oasis,
ed è inteso come quella zona di comfort dove l'umanità va a
rifugiarsi quando si sente inadeguata.
Traslando, quell'oasi
potrebbe essere interpretata oggi come la nostalgia. Il regista non
mette in dubbio che possa essere piacevole o divertente. Ma sa anche
che da sola non può bastare.
Quella bulimia
citazionistica sta li a dimostrare che possiamo star li anni e anni a
trovare il personaggio, o il film, o il videogioco che ci hanno fatti
felici e persino che, rivedendoli, ci restituiscano ancora un pezzo
di quella magia là.
Però quello è il passato
e rivangarlo in eterno non migliorerà la vita di nessuno. Tanto meno
quella dei giovani che quell'epoca nemmeno l'hanno vissuta.
Invece è il caso di
uscire da Oasis e provare a immaginare un nuovo futuro.
Certo, lui l'ha buttata
sull'alienazione da realtà virtuale, ma più o meno il discorso è
sempre quello.
Ready Player One è un
film che ha una profondità di significati che va ben oltre la
semplice fruizione della storia. Perché se ci limitiamo a quella,
difficilmente scopriremo un'opera particolarmente riuscita.
Ma guardandola con
l'occhio di un creatore della cultura pop, forse certi messaggi
passano più chiaramente.
Del resto è pur sempre
Spielberg e un'occasione gliela va data a prescindere. Se anche voi
ci vedrete tutto ciò che ci ho trovato io, magari ne riparliamo.
O magari no.
Non è che siamo obbligati
dopotutto.
Va bon dai, me ne vado.
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