CDC #70- (Poche) Risate a casa Sheen- Il Giallo Del Bidone Giallo

Si lo so che esistono decine di film bellissimi che devo ancora vedere. Ma mettevi nei miei panni: se scartabellando tra le vostre opzioni trovate Il Giallo Del Bidone Giallo cosa fate, non vi fermate?
Un'opera così iconica degli anni novanta, passato centinaia di volte sulle reti del biscione. Quante risate. Pensateci: è come ritrovare un vecchio amico in un certo senso.
Poi ok, il fatto che non ne ricordassi nemmeno una singola sequenza avrebbe dovuto insospettirmi. Ma davvero, cosa poteva andare storto? Stupido stupido Iuri.


Estevez ci racconta la vicenda di due amici spazzini che trovano un cadavere dentro a un bidone per rifiuti tossici. Invece di avvertire le autorità decidono di indagare per conto loro con l'aiuto di un reduce impazzito e di un portapizze con la sindrome di Stoccolma. Che alla fine non ho nemmeno ben capito cosa ottengono da tutto questo.
La logica che sta a zero è il primo dei problemi di un film zeppo di difetti come raramente se ne incontrano.
Corre l'anno 1990, in piena bulimia da commedie esagerate: quindi, prendendo un po' da Weekend Con Il Morto e un po' da Scuola di Polizia, Estevez tenta di imbastire un comico basato sull'assurdo, provando a coprire con le gag le clamorose voragini inserite nella sceneggiatura. Anche perché a ogni bivio che incontra, la trama riesce a scegliere sempre la strada sbagliata.
Il fatto è che qui è come correre in discesa. Quando metti male il piede per la prima volta, poi è tutto un ruzzolone.
Estevez si concentra sulle singole parti, piuttosto che sul complesso, confidando nell'aiuto del fratellone (nel periodo più luminoso della sua altalenante carriera) e di un caratterista parecchio determinato come Keith David. Il risultato è un film che va a scatti.
Se, in un'ipotetica classifica, il problema numero uno del progetto è la sceneggiatura che non sta in piedi, seconda a un'incollatura arriva infatti la gestione del ritmo.
Ci sono frangenti durante i quali Estevez non sa davvero come allungare il brodo per arrivare all'ora e mezza. Tutta la parte di Charlie Sheen nell'appartamento della bella Leslie Hope è di una lentezza terrificante. Vi assicuro che se durante quei minuti avessero infilato l'intero Ben Hur, sarebbe parso di vedere una puntata di Camera Cafè al confronto.
Momenti simili a buchi neri dai quali uscire è quasi impossibile. A meno di non piazzare una forzatura clamorosa di scrittura per passare oltre. Cosa che Emilio fa con una scioltezza disarmante.
Se al terzo posto della nostra classifica non si insediano le gag è perché alcune di esse funzionano. Come piccole luci di segnalazione nel buio pesto, certe risate che si riesce a fare rischiarano la visione. Poca roba eh, ma comunque il segno tangibile che qualche buona idea in casa Sheen l'avevano. Peccato se le siano giocate in mezzo a un mare di trovate al sapor di naftalina, viste e rimasticate milioni di volte, spesso in pellicole assai migliori di questa.
C'è poi quel problema con l'ambientazione. Nell'idea di Estevez la cittadina che fa da sfondo alla sua avventura doveva essere un'assolata località di mare, con tanto di surfisti e bellezze in bikini.
Peccato che tutto paia girato in novembre a Riccione, con la luce invernale, un vento che fa gelare le estremità solo a guardare lo schermo e nessuno in giro per le strade.
Sono d'accordo che uno gira come può, quando può e con quello che ha, ma se hai un problema evidente modula la tua storia per trasformarlo in una risorsa. Cribbio Emilio, non bastava la tua sceneggiatura?
Che poi va bene, la colonna sonora curata da Stuat Copeland è un pregio, cosa che messa insieme a quel paio di scenette funzionanti, riesce a evitare a questo lavoro di finire tra i peggiori della storia.
Però dai. Cos'è quel adattamento italiano li? Volete dirmi davvero che la battuta del bar era “ci rinfreschiamo l'ugola”? Ma secondo voi, cosa diavolo vuol dire una frase del genere?
Massì tanto è tutto assurdo.
Non basta avere un paio di gag divertenti per le mani, un filo di volgarità nemmeno troppo eccessiva e due di attori buoni.
Far ridere è un mestiere molto complicato. Dimenticarsi la logica di una storia e la freschezza del ritmo porta via molto più di quello che le trovate divertenti, prese da sole, possono aggiungere.
Un bilancio in perdita al quale Estevez non è riuscito a sottrarsi. Ma anche una morale da non dimenticare mai: lasciate stare i vostri ricordi, soprattutto quando sono poco dettagliati.
A me il Giallo del Bidone Giallo pareva divertente.
Chissà cosa avrò visto quella volta.

Commenti

  1. Sempre un esperienza rivedere i film con cui siamo cresciuti da grandicelli, questo lo vedevo con una certa frequenza da bambino, lo passavano in tv, ma non so se vorrei rivederlo oggi, in compenso il tuo post è ottimo, grazie per il “sacrificio”, lo apprezzo molto. Cheers!

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