CDC #68- Il giorno dei giganti: Heat- La Sfida

A metà anni novanta Al Pacino e Robert De Niro erano praticamente i due mammasantissima della recitazione made in USA. Due artisti inarrivabili a tal punto da provocare isterie su chi dei due fosse il migliore.
Poi un giorno uscì Heat-la Sfida che per la prima volta li mise insieme (Il Padrino 2 non conta). Facile ricordare le orde di fan assatanati che come una marea si recarono al cinema.
Bon dai, un po' sto esagerando. Però è vero che quella riunione fu un evento importante. Come due campioni dei pesi massimi che combattono per riunificare le cinture.
Ma Heat è molto più di uno scontro tra due titani.

Robert De Niro è un rapinatore professionista, mentre Al Pacino è il detective che gli deve dare la caccia.
Basterebbe questo per descrivere il soggetto di un film che, in mani sbagliate, sarebbe potuto diventare l'ennesimo poliziesco senza arte ne parte. Perché va bene avere De Niro e Pacino, ma poi bisogna anche farli funzionare.
Mann ovviamente ci riesce, costruendo attorno a loro una sorta di mitologia narrativa che li rende superbi. Quasi come in una metafora delle rispettive carriere, i due sono numeri dieci che, per questioni contingenti, non hanno mai militato nella stessa squadra.
Quando si scoprono a vicenda è ovvio che nasca una forma di rispetto naturale, che il regista ci mostra attraverso pochi passaggi durante i quali li vediamo effettivamente insieme.
Mann ritaglia giusto una sequenza per lasciarli soli, una sorta di sfida verbale che li vede annusarsi, stuzzicarsi e comprendersi per quello che sono. Due uomini simili che hanno scelto diversi lati del bancone per condurre le proprie vite.
Per il resto è un continuo inseguimento. Una caccia tra elementi sopraffini, capaci di sorprendersi a vicenda fino all'errore fatale di uno dei due.
Mann quasi tira via la mano durante questa battuta di caccia. Insospettabilmente il regista dosa la sua impronta estetica, altrove invece così caratteristica. Quasi preferisca non intromettersi nella sfida dei due capitani.
Ma è pur sempre Michael Mann e se con una mano leva, con l'altra da.
Perché se la Sfida è il nucleo principale della pellicola, Heat è anche tanto altro. Un film corale quasi (anche se fa strano dirlo), con un cast al di sopra della media e una trama ramificata che non si accontenta di buttare li la solita storia del colpo che ti cambia la vita.
Il film si avvicina alla soglia psicologica delle tre ore e Michael Mann decide di sfruttarle tutte. Qualcuno sostiene che nei primi cinque minuti si possa già intuire l'andamento di una pellicola. Non ho abbastanza dati per confermare la teoria, ma qui Mann ci piazza a tradimento una rapina di portavalori da par suo.
Nel tempo che molte persone impiegano per trovare la posizione comoda in sala, il regista già ci butta li una descrizione accurata di tutti i personaggi, aggiungendo un paio di incidenti, un'esplosione e una quantità di figaggine ben oltre i limiti di legge.
Poi però tira il freno a mano e inizia a sparpagliare i pezzi del suo puzzle quasi disordinatamente. Con calma olimpionica entriamo in contatto con i non pochi personaggi e scopriamo direzioni della vicenda che sembrano del tutto estranee al core businnes dell'opera.
Arrivati all'epica sparatoria di fronte alla banca siamo talmente presi dalle disavventure dei nostri da non poter fare a meno di alzarci in piedi per seguirne l'esito, senza per altro avere nessuno per cui tifare visto il grande equilibrio sparso tra i caratteri. Insomma un lavoro di sceneggiatura mostruoso, tenuto assieme da uno dei registi più capaci tuttora in circolazione. Forse non ve l'ho mai detto, ma io Michael Mann lo adoro.
Anche se questo non è il suo lavoro che preferisco. Va detto che andrebbe visto su uno schermo adeguato, sfruttando un bel blu ray e con l'impianto audio settato su spaccavetri.
Ma comunque, anche in streaming da Amazon Prime, che Mann si sia tenuto leggero lo si capisce lo stesso. Opere come Thief, Manhunter o Collateral ci incollano allo schermo semplicemente per lo stile di regia.
Qui c'è un filo più di elaborazione dei concetti. Si parla molto e si lascia molto spazio (giustamente) ai due attoroni. Anche se, in alcuni frangenti, il vecchio Michael viene fuori con tutta la sua grazia.
Di sicuro non farò passare un altro decennio prima di ributtarlo su. Magari appena trovo un'edizione specialissima in Blu Ray me la prendo e ci faccio un altro giro. Prometto che nel caso vi avviso e, se serve, rimodulo anche tutta sta pappardella.
Intanto vi saluto.

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