CDC #62- Quando ridere era un'arte- I Soliti Ignoti

Ma che volete che vi dica sui Soliti Ignoti. Che è un capolavoro senza tempo? Che non ne fanno più così? Qualche altra banalità trovata nei biglietti dei cioccolatini?
E' difficilissimo parlare di una pellicola del genere, tanto che, quasi quasi, evito di affrontare l'argomento e vi mando a casa alla prima ora come accadeva talvolta alle elementari.
Ma perché privare l'etere del mio ignorantissimo contributo. Io che ho aspettato solo tutta la vita prima di veder un film che probabilmente spiegano alle scuole di cinema.
Perché dovrei evitare la consueta bruttissima figura?
Dai, diamoci da fare:

Cosimo è in galera per tentato furto, ma deve uscire perché ha in ballo il classico colpo che gli può sistemare la vita. Così decide di assoldare una pecora, ovvero qualcuno che si assuma le colpe del misfatto e si faccia il carcere al posto suo. Le cose non vanno come devono però e così Cosimo finisce per rivelare alla persona sbagliata i dettagli del suo progetto. A tentare la rapina saranno Giuseppe e i suoi.
Che Monicelli sia uno di quelli che ci hanno insegnato l'arte di ridere ci sono pochi dubbi. In film come questo si capisce anche perché.
Innanzitutto riunisce attorno a se un cast da spavento. Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Totò... pare di vedere gli Avengers del cinema italiano dell'epoca.
Poi li gestisce con il bilancino. Grotteschi si, alcuni anche piuttosto spinti da questo punto di vista, ma comunque umani, vicini, altamente comprensibili.
Sfruttando e forse decostruendo i topoi del racconto di gangster, Monicelli ci presenta personaggi incredibilmente fragili. Uno con il bimbo piccolo da mantenere, l'altro pugile fallito, il siciliano tutto preciso. Ma sfrutta queste debolezze per renderli goffi e divertenti. Quasi spensierati.
Uno stile che non punta mai all'eccesso, lasciando le velleità istrioniche a Totò e dando a tutti gli altri uno spirito sognatore. Anche perché nessuno di loro ha voglia di lavorare, quindi solo i sogni gli rimangono.
Sono liberi in un certo senso, e, proprio per questo, artefici dei propri scalcinati destini.

Si ride quindi, ma non solo. Perché se è vero che gli stilemi del gangster movie servono a Monicelli principalmente per fornire una direzione alla sua commedia, si nota anche come molte altre sfumature non siano state dimenticate.
Non è un film sguaiato, quanto piuttosto una storia amara. Perché Cosimo, che all'inizio ci viene presentato quasi come l'ottuso avversario del gruppo, in realtà è un uomo orgoglioso, ingannato e tradito al punto da intraprendere la via della tragedia. Il suo scivolare verso il basso, con le rapine maldestre e i borseggi fallimentari in bicicletta, non sono poi troppo divertenti. Anzi, la fine che Cosimo è destinato a fare è una puntura malinconica in un racconto che è molto più profondo di quanto i gigioni protagonisti vogliano farci credere.
In realtà non manca nemmeno la tensione che un gangster movie classico porta con se. Le fasi della rapina, con l'esecuzione del piano, i continui intralci e il momento in cui pare che il progetto possa realizzarsi, sono gestite con i tempi giusti e un gusto del montaggio quasi attuale.

Ma non vi dirò la classica puttanata. Questo film non potrebbe essere stato girato ieri tanto è moderno. La sua età se la porta sulla spalle tutta quanta. E non solo per la versione almost-VHS che ho rintracciato su Rai Play o per le oggettive difficoltà tecniche dell'epoca (tipo cineprese grandi come dinosauri).
Scelte stilistiche come le dissolvenze in quadri di testo, scritto in quel modo tra l'altro, oggi non si usano più (e per fortuna). Il commento musicale pare quasi estraneo al mood della vicenda. La recitazione è più teatrale che canonicamente cinematografica.
Ma una volta adattati a tutte queste cose, la verità è che Monicelli è ancora capace di risucchiarci dentro la sua storia vecchia di sessant'anni. Perché I Soliti Ignoti è un capolavoro. Fatemela usare 'sta parola una volta ogni tanto.
Se siete testoni come me che ancora non l'avete visto, fate così: datevi una martellata sull'alluce per punizione e rimediate immediatamente. Mollate proprio quello che state facendo (leggere questo post, immagino) e fiondatevi a vederlo.
Davvero, non si può stare senza.
Tanto che, quasi quasi, un altro giro me lo faccio anche io.
Salutatemi.

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