CDC #43- Far cadere gli schemi- Defiance

Voglio aprire con una confessione che non mi renderà simpatico. Io odio i film sulla seconda guerra mondiale che parlano di resistenza e di persecuzione degli ebrei. Sul serio, non li sopporto più.
E' che sono tutti uguali. Sarà la necessità di rispettare la memoria, ma quasi tutte le pellicole che decidono di affrontare l'argomento scelgono di mettere degli angeli senza macchia da una parte e il diavolo disumano dall'altra.
Je suis Anna Frank, possiamo dire dalla nostra comoda posizione cristallizzata dalla storia, ignorando quante volte, guardandoci dentro, potremmo anche sostenere di essere Adolf se ciò non ci terrorizzasse.
Questo appiattimento narrativo (forse dovuto, non dico di no, certe paure è meglio tenerle nascoste) in un certo senso tende a tenermi lontano da certe ambientazioni. Va da se che quando mi è capitato per le mani questo Defiance- I Giorni Del Coraggio, sia stato tutto un procrastinare, fino a giungere quasi alla conclusione che fosse il caso di non guardarlo nemmeno questo film.
Ecco, sarebbe stato un vero peccato.


Innanzitutto c'è da dire che la vicenda dei fratelli Bielski non l'avevo mai sentita raccontare. L'avventura di questi ragazzi nascosti nei boschi, prima soli e poi accompagnati da centinaia di altre persone è davvero coinvolgente. Per certi versi ricorda Lost, solo immersa nell'inverno bielorusso, con la pressione dei nazisti e con il peso della storia vera che conferisce al tutto un sceneggiatura più quadrata.
Ma, paragoni bestiali a parte, la forza di questo racconto è il ribaltamento di una prospettiva che tendevo a dare per scontata. Sarà la mia ignoranza che non conosce confini, ma ho sempre visto gli ebrei dipinti quasi come vittime passive della violenza folle e insensata che si è accanita su di loro durante quegli anni. La loro mi è sempre sembra una resilienza tesa a sopravvivere a una persecuzione idiota e paranoica e mai una resistenza armata.
In un certo senso anche Defiance lavora per confermare questa mia impressione, in particolar modo quando Craig va nel ghetto sentendosi rispondere dai capi che loro fanno affidamento sul volere di Dio.
Però la storia dei Bielski è diversa. E' una vicenda che affonda le radici nel desiderio di vendetta, con tutto ciò che questo sentimento può portare. I fratelli non sono degli agnellini da offrire in pasto alla Storia, ma degli uomini carichi di livore, pronti a commettere ogni nefandezza pur di trovare soddisfazione. Le loro voglie distruttive non si fermano al sopraggiungere di una romantica epifania spirituale, ma semplicemente per una questione di convenienza tattica: troppe perdite e pochissimi vantaggi.
Tuvia diventa l'ipotetico nuovo Mosè per puro caso. Lui e suo fratello incontrano gente e decidono di aiutarla, anche se non vorrebbero farlo. Il che riporta una certa complessità nelle vittime trasformandole, alla bisogna, in carnefici spietati esattamente come gli aguzzini che li inseguono.
Aguzzini che si vedono poco in realtà, perché lo scopo centrale della trama è provare a capire fino a che punto di disperazione si possa arrivare prima di perdere la propria umanità. Ci sono un paio di sequenze che spiegano bene questa cosa.
Ma qui è presente anche una delle più grandi disillusioni del novecento; ovvero costruire una comunità di pari. Sistema che regge finché le risorse abbondano, ma che crolla inevitabilmente quando le cose si mettono male, dando il via alla più classica delle lotte per il potere.
La regia di Zwick si concede pochi guizzi, forse per non spettacolizzare oltre misura una vicenda reale e drammatica. Spesso il regista si lascia aiutare dalla scenografia naturale e dai due mattatori della pellicola Craig e Schreiber.
Una scelta stilistica accorta, che mostra il fianco a un inizio dai ritmi piuttosto dilatati, ma permette a Zwick di costruire bene il contesto prima che la storia diventi tesa.
Certo, forse anche considerando i miei gusti, non si tratta di un pezzo di cinema imprescindibile, ma questo Defiance riesce a dire qualcosa di diverso dentro un genere dominato da una narrazione sempre uguale. Non ci dice che siamo Adolf, ma nemmeno pretende di farci credere che tutte le vittime siano sante. Un modo di creare complessità che a me serve.
Se decidete di vederlo vi fate un favore.

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