CDC#35- Kansas City Shuffle- Slevin- Patto Criminale
Avete presente quei personaggi
televisivi che si atteggiano a idoli, completamente persi nell'amore
per la propria voce? Si dai, quelli che sparano sentenze
inappuntabili, stando bene attenti a ponderare ogni movimento per non
rovinare la perfezione estetica del loro esistere. Coloro i quali non
mancano mai l'appuntamento con la telecamera, per non perdere
l'occasione di riguardarsi e ammirare la perfezione insita nelle loro
fattezze.
Ecco, Slevin è una sorta di Andrea
Scanzi del cinema moderno. Guardandolo ho avuto la netta impressione
che per questo film l'unica cosa importante fosse farsi proiettare
per mettere in mostra la propria intelligente bellezza. Meglio se in
una sala senza pubblico e con uno specchio invertito al posto delle
poltroncine.
Le scelte estetiche, le attenzioni
stilistiche e le trovate narrative sembrano urlare al mondo la loro
eterna perfezione, completamente indifferenti se la fuori ci sia
qualcuno a comprenderle o meno.
Un caratterino niente male questo
Slevin. Solo che il cinema è creato (anche) per il pubblico, quindi
sarebbe interessante capire se la pellicola è stata capace di
conquistare qualcun altro oltre che se stessa. Me magari.
Lo sapremo dopo la sigla:
Uscito quasi al limite del tempo
massimo, Slevin si inserisce in quel filone gangster inaugurato da
Tarantino un decennio prima. Un mischione di black comedy, azione e
grottesco che è stato replicato milioni di volte con alterne fortune
e che nel 2006 iniziava piano piano perdere il suo alone cool.
McGuigan mette su la sua storia fatta
di montaggio dinamico, inquadrature ricercate e movimenti di macchina
funzionali, indifferente a tutto ciò. Il suo scopo principale è far
ruotare tutta la vicenda attorno al concetto di mossa Kansas City,
ovvero compiere un'azione dopo aver convinto l'interlocutore a
guardare dall'altra parte.
Concetto davvero interessante,
specialmente se affidato al cast di prim'ordine che popola la
pellicola. Al Brad Pitt wannabe Josh Hartnett si affiancano un Bruce
Willis in forma smagliante, uno Stanley Tucci perfetto come sempre,
la splendida cinesina Lucy Liu all'apice del suo percorso artistico,
un elegantissimo Ben Kingsley e l'immancabile Morgan Freeman, che
all'epoca girava più film di Ciccio e Franco ai tempi d'oro.
Tutte maestranze in grado portare sullo
schermo quei personaggi vagamente sovraccarichi che il genere impone,
capaci di battute divertentissime, come di uccidere chiunque a sangue
freddo. Il tutto con quell'aria un po' così di quelli a cui
fondamentalmente non frega niente. Lo sappiamo dai, li abbiamo già
visti.
Nel complesso il tutto funziona. I
dialoghi sono centrati, ci si diverte quando è il momento di farlo,
si rimane un po' male quando il regista decide che è il caso.
Solo che c'è un problema e nemmeno
troppo piccolo.
Il fatto è che la trama è così
debole e la sceneggiatura così prevedibile, che la mossa Kansas City
non riesce proprio ai danni di chi doveva rimanerne sorpreso.
McGuigan si danna l'anima per a
raggiungere lo scopo, infarcendo il suo film di inquadrature lanciate
dentro a tradimento per decostruire la storia. Ci prova con ogni
trucco di montaggio a sua disposizione, utilizzando le parole e le
immagini, barando platealmente perfino. Ma niente.
La vera identità del protagonista si
intuisce al suo primo ingresso in scena e da li, a cascata, si
scoprono tutti i segreti che in teoria dovevano rimanere celati fino
al (non più) sorprendente finale. Come i miei castelli di carte che
cascano prima ancora che se ne intraveda la struttura.
Un vero peccato visto quanto l'inganno
doveva contare per la riuscita di questo lavoro. Ma forse non è
nemmeno tutta colpa di Paul McGuigan o dello sceneggiatore Jason
Smilovic.
La verità è che di prodotti con
queste dinamiche narrative ne sono stati prodotti a migliaia e
l'esperienza ha temprato il pubblico rendendolo più smaliziato.
Tuttavia non è un problema troppo
grave. Come spesso succede con certi piacioni alla televisione,
questo è un film capace di divertirvi, basta non prenderlo troppo
sul serio. Se siete alla ricerca di un metodo per farvi scivolare via
due ore scarse di visione, Slevin non è una brutta scelta, secondo
me.
Se invece volete guardarvi una
pellicola che vi resti impressa a fuoco nella memoria, ecco, magari
bisognerebbe provare a un altro indirizzo.
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