CDC#30- Il cinema alto- Stalker
E' complicato parlare di film come
questo. Sono opere talmente radicate nell'olimpo del cinema che vien
da chiedersi se davvero vale la pena offrire un'opinione personale su
di loro.
Dozzine di esperti e studiosi si sono
cimentati in analisi approfondite di queste pellicole, offrendone uno
sguardo attento e preciso al quale rimane davvero poco da aggiungere.
Inoltre è possibile che gli amanti
della settima arte se lo siano già sciroppato più volte, tanto da
rendere inutile qualsiasi discussione sul tema.
Tuttavia esiste anche il beone che vi
state leggendo in questo momento che, nonostante abbia tagliato ormai
due volte il traguardo dei vent'anni, ha messo le mani su questo
lavoro solo oggi.
Ho deciso di affrontare gli scherni,
quindi, e di parlarvi di quest'opera dandovi la mia impressione
personale. Con buona pace degli intellettuali con le toppe sui
gomiti, che, del resto, non leggeranno di sicuro queste righe,
preferendo confrontarsi con gente al loro stesso livello.
Ma cos'è Stalker dunque?
Navigando tra le onde della rete capita
spesso di trovare questo film accostato all'etichetta di Sci-Fi. Una
definizione fuorviante a mio modo di vedere.
Lo Stalker del titolo altro non è che
una guida incaricata di condurre due uomini all'interno della Zona,
luogo dove è capitato qualcosa anni prima e che attualmente è
disabitato e nel quale la realtà risulta alterata.
Certo a prenderla così alla lettera
potrebbe non sembrare, eppure la fantascienza qui non c'entra
praticamente nulla. La Zona altro non è che un luogo della mente e
Tarkovsky sfrutta la base del racconto per una riflessione molto
personale sul significato dell'esistenza.
I tre personaggi che popolano questa
storia sono semplici archetipi rappresentanti tre modi diversi di
intendere la vita. La razionalità scientifica del professore, il
cinismo disilluso dell'artista e la fede incrollabile dello stalker,
si confrontano e si combattono per una supremazia di vedute che li
condurrà davanti a una stanza capace di realizzare il desiderio più
recondito di ognuno di loro. Eppure, una volta giunti a destinazione,
nessuno di loro avrà il coraggio di varcare la soglia, quasi a
temere se stessi e che i propri desideri nascosti diventino realtà.
Frizzantino, non trovate? Aspettate.
Il regista russo mette su la sua
riflessione senza preoccuparsi minimamente di coloro che la guardano.
L'intrattenimento qui sta a zero e l'unico scopo che pare pervadere
Tarkovsky è quello di completare il suo ragionamento attraverso le
immagini.
Il film preferisce la composizione
delle inquadrature al montaggio e si ostina in scene che paiono non
voler finire mai. I movimenti di macchina sono lentissimi e ogni
oggetto di scena pare voler significare qualcosa. Va da se che per
essere apprezzato in tutte le sue sfumature un lavoro del genere
andrebbe visto una settantina di volte e che parlarne dopo un solo
passaggio rischia di essere riduttivo. Ma chissenefrega, la vita è
una sola e non è detto che vada impiegata interamente nella visione
dello stesso film. Solo, se volete tirarmi i pomodori dopo questa
affermazione, cercate almeno di fare in modo che siano buoni e non
marci, così almeno ci faccio la conserva.
Tarkovsky, comunque, conosce i
meccanismi del cinema di genere. Puntando più sull'horror che sulla
fantascienza, il regista sovietico costruisce momenti di tensione
molto potenti. La claustrofobia pervade la pellicola anche nelle
scene in esterna e davvero la Zona, pur senza mai mostrare nulla di
spaventoso, sembra un luogo estremamente pericoloso.
Un concetto molto interessante questo,
che fa leva sul concetto di fede impersonato dallo Stalker e mette
continuamente in dubbio le reali caratteristiche di questo non-luogo,
finendo per installare un programmino che lavora in background nel
cervello dello spettatore convincendolo a guardare tutto ciò che
accade all'interno di questa storia.
Se escludiamo i pipponi filosofici
recitati dai personaggi (monologhi artificiali che sono l'unica cosa
a non avermi convinto del film), Stalker il suo lavoro lo fa
egregiamente.
Tarkovsky da l'idea di non limitarsi a
specchiarsi sulle sue doti stilistiche (anche se lo fa, potete dirmi
quello che volete, ma lo fa), ma di avere davvero qualcosa da dire in
questo auto-dibattito. Il mondo estremamente decadente che disegna,
dentro e fuori la Zona, è inquietante quanto basta e sporco il
giusto. Il disagio pervade la pellicola e nonostante le due ore e
mezza non proprio all'insegna del brio, si arriva in fondo con la
certezza che qualcosa alla fine della visione resterà impresso nella
mente.
E' davvero un film per intenditori
quindi? Certamente lo è. I giochi di luci, i riferimenti e la
simbologia presenti qui fanno di Stalker un'opera alta, comprensibile
in pieno solo dopo molti passaggi e nemmeno da tutti.
Tuttavia è anche una pellicola che sa
parlare anche a chi troppo colto non è. Se vi piace il lato estremo
di David Lynch, per esempio, in Stalker troverete pane per i vostri
denti e non resterete delusi dal modo in cui Tarkovsky trasforma
questa storia in uno strano sogno.
Poi è ovvio, se il vostro scopo è
quello di farvi intrattenere da una pellicola magari strana, ma
comunque movimentata e che si lasci sfogare ogni tanto, probabilmente
Stalker non fa per voi.
Ma anche in questo caso, difficilmente
vi dimenticherete di lei una volta conclusa la visione.
Commenti
Posta un commento