Una corsa nel futuro- Formula E

I tempi cambiano cari miei. Veloci come le mutande di chi le sostituisce spesso.
Pare ieri che ce ne stavamo in giro per le nostre città a riempirci i polmoni di fumi di scarico. Invece era oggi.
Comunque l'elettrico è alle porte. Tutte le case automobilistiche stanno lavorando alla loro versione di questo tipo di motorizzazione e, ascoltate me, nel giro di pochi anni l'elettrico sarà il tipo di propulsore più utilizzato in Europa.
Certo, servono anche le infrastrutture e questo vuol dire che nel nostro paese servirà un po' più di tempo, perché bisogna sempre capire a chi dare la tangente e tutte quelle cosette li.
Ma fidatevi. Il futuro è già cominciato e indietro non si torna
L'intelligente imprenditore spagnolo Alejandro Agag è sicuramente consapevole dell'inevitabile. Per cui si è messo al tavolo e ha pensato: “Ci vorrebbe una serie di corse automobilistiche tutta elettrica. Di modo che, quando questa motorizzazione sarà la normalità, io avrò già la mia bella Formula 1 da dare in pasto alle masse. Olè”
Detto fatto. Lo spagnolo ha contattato un gruppo di fidati amici sinceri (tipo compagnia delle indie, solo diverso), ha dato di gomito a Jean Todt per ottenere l'autorizzazione dalla Federazione Internazionale dell'Automobile (acronimo da leggersi rigorosamente in francese) e se ne è andato in giro a vendere il suo prodotto a destra e a manca.
La serie, come tutti sanno, ha preso possesso delle città più belle del mondo, offrendo uno spettacolo rilevante che ha suscitato subito la curiosità dei più.
Oggi, alla quarta messa in scena della sua creatura, Agag può vantare un certo successo. Grandi case automobilistiche si sono approcciate alla categoria o sono in procinto di farlo, network televisivi si offrono per la messa in onda delle competizioni, giornali specialistici lanciano inserti dedicati e mezzo mondo pare desideroso di ospitare in casa questo tipo di eventi.
“Questa cosa funziona a meraviglia. Olè” penserà Agag mentre conta i dindini nel comodo del suo caveau personale. Vedere tanta passione per una serie ai primi vagiti probabilmente va oltre le sue previsioni.
E vien voglia di unirsi al coro degli entusiasti, per festeggiare tutti assieme l'arrivo del futuro. Solo che io non lo farò.
Agag dice: “La Formula E di oggi è come la Formula 1 degli esordi. Va da se che evolvendosi, la FE diventerà la categoria motosportiva di riferimento. Olè”. Parole forti queste, che forse risultano un filino troppo ottimistiche. Vediamo.
Gran parte del successo di questa categoria deriva dallo stile secondo il quale si svolgono gli eventi. Organizzati in mezzo alle città, offrono agli spettatori la possibilità di entrare in contatto con il pianeta velocità. La silenziosità delle vetture, poi, consente a chi dirige la baracca di arricchire il tutto con musica, ricchi premi e cotillons.
Il pubblico generalista immagino vada matto per queste cose. Andare a una corsa di Formula E dev'essere come recarsi a una di quelle feste di gran moda in cui si sorseggiano cocktails coloratissimi che sanno di pipì con alcol. Tutto molto bello finché dura: i palestratissimi tizi con il colletto alzato e le loro signore impeccabili si stancano presto delle cose e non è il caso di farci troppo affidamento.
Ogni sport ha bisogno di un nucleo di fedelissimi, invece, che lo alimenti anche quando gli avvenimenti non sono così clamorosi. Gente capace di trovare qualcosa di interessante anche durante un Gp di Abu Dhabi qualsiasi, mentre attorno a loro l'intero pianeta viene avvolto da un sonno irrecuperabile. E la Formula E non sembra particolarmente interessata a crearsi questo nucleo.
Certo, mi si dirà che stanno arrivando le grandi case e che presto il tutto assumerà connotati più simili alle corse che agli eventi esterni di una fiera dei motori.
Forse, ma forse anche no. Enzo Ferrari costruiva e vendeva vetture di serie per finanziarsi le corse. Seguo l'automobilismo sportivo da abbastanza tempo per pensare che il Drake fosse l'unico a ragionare in questo modo. Per le case le corse sono un metodo per fare ricerca e una forma di pubblicità unica.
In questo momento la F.E rappresenta solo la seconda delle due strade. Per un gruppo automobilistico di un certo livello i costi di gestione di una categoria simile sono minimi. Molti dei componenti montati sulle monoposto sono uguali per tutti, quindi non serve un'opera estrema di evoluzione. Basta vedere quello che si ha in casa, spingerlo un po' vicino al limite e il gioco è fatto.
Nemmeno vincere le gare è indispensabile. Ora come ora il concetto di energia verde è talmente alla moda che basta esserci. Ma quando i tizi con il colletto alto e le loro impeccabili signore troveranno altro da fare, le cose cambieranno parecchio.
A quel punto a guardare le corse sarà un pubblico più attento, che giudicherà le prestazioni dei partecipanti e magari valuterà i risultati in pista per orientare le proprie scelte in fatto di acquisti.
Le case chiederanno la liberalizzazione delle auto per poter sperimentare. Vorranno vincere e per farlo vorranno spendere. I budget cresceranno e chi non potrà trionfare abbandonerà la categoria lamentando i costi insostenibili. Fidatevi, succede sempre.
A quel punto sapremo davvero cosa vorrà fare la Formula E da grande. Le auto diverranno sempre più veloci e potenti, tanto che, probabilmente, un budello cinto da due file di New Jersey non basterà più.
Andrà nei circuiti la Formula E? Oppure tenterà di frenare l'evoluzione per rimanere una serie promozionale a basso costo?
Qualsiasi strada deciderà di intraprendere, sarà quello il momento cruciale della categoria. Dovesse scegliere la prima via, probabilmente lo farebbe consapevole di vantare un pubblico maturo e appassionato, ma andrebbe a scontrarsi con la sorella maggiore F1, rischiando di uscire sconfitta dal duello.
Scegliesse la seconda opzione, invece, la sua stessa essenza rischierebbe di spegnerla come un cerino. Perché la gente finirebbe per stancarsi di questo baraccone e andrebbe a guardarsi la partita di Quiddich del sabato.
Viene da chiedersi cosa sarà, a quel punto, di questa categoria oggi così in voga
Una bella gatta da pelare e Agag? Olè








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