CDC #17- A spasso nello spazio- Passengers

L'uomo e il cosmo: cosa potrebbe andare storto quando la raffinatissima tecnologia del genere umano si confronta con la vacuità dello spazio? Se non appartenete a una tribù della foresta amazzonica e utilizzate quotidianamente gli straordinari manufatti creati dai vostri simili, potreste anche rispondere che in realtà di problemi se ne potrebbero presentare parecchi.
Specialmente quando gli ingegneri costruiscono un'astronave incapace di deviare la propria rotta per evitare di infilarsi in una tempesta di asteroidi e segnala allarmi a tutto spiano ad un equipaggio immerso nel sonno criogenico.

Ma fingiamo che il futuro della navigazione spaziale sia in mano ai mentecatti e sorvoliamo. Del resto al film non pare interessare più di tanto la congruenza. Il suo scopo è quello di farci sentire la claustrofobia di un uomo emerso troppo presto dal sonno glaciale.
Nella bellissima scenografia dell'astronave il buon Chris Pratt deve combattere contro una solitudine talmente lacerante da spingerlo verso un gesto ignobile e bastardo. Concetto interessante, se vogliamo, ma approfondito poco assai.
Perché l'anno in solitaria a bordo della nave viene liquidato troppo in fretta da un Morten Tyldum poco avvezzo al rischio di annoiare lo spettatore con un unico personaggio in scena (con la simpatica partecipazione di Michael Sheen nel ruolo del barista androide).
Invece della dilatazione del ritmo il regista punta sulla favella, attraverso la quale il nostro eroe si giustifica nelle sue confessioni con Arthur (il barman metallico, appunto), mancando quasi interamente l'obbiettivo di farci empatizzare con quest'uomo destinato ad invecchiare da solo.

Del resto Hollywood ha le sue esigenze e la riflessività non è tra queste. Piuttosto perché non inserire una bella storia d'amore tormentato?
Dopo una svolta narrativa gestita malissimo, ecco che prontamente entra in scena Jennifer Lawrence pronta a imporre la sua fisicità dominante. Che poi, finché si riesce a giocare sul piano delle menzogne e delle rivelazioni, con conseguenti reazioni di rabbia e sensi di colpa, la sceneggiatura pare quasi funzionare.
Il rapporto dei due con Arthur, il loro tentare di evitarsi all'interno di un'astronave enorme e deserta, la necessita comunque di stare non troppo distanti per poter assaporare un barlume di contatto umano, sono tutti elementi di una trama che qualcosa da dire ce l'ha. Peccato non lo faccia.
Alle potenzialità insite in un rapporto a due, il regista preferisce un finale basato sull'azione disperata, lo spirito di sacrificio forzato e, soprattutto aihmè, la riscoperta dell'amore attraverso la possibilità concreta di perdere tutto.
Dal momento in cui appare Fishbourne (in un ruolo tra i meno significativi della storia, secondo solo ai dieci secondi di Andy Garcia) la pellicola, che fin li, seppur a volte a fatica, reggeva, ha iniziato a deragliare verso un'ultima mezz'ora tra le più stupide che io riesca a ricordare.


Tanta gente si è lamentata dei salvataggi forzati visti in The Martian o Interstellar. Ma almeno li si raccontava la storia di professionisti preparati per agire in condizioni limite. Qui a fare gli eroi con le corde ci sono un paio di sprovveduti completamente all'oscuro di nozioni cosmologiche. Ne viene fuori un evento grossolano narrato in maniera pietosa, utile solo a stuzzicare l'emotività dei sensibili e accarezzare le loro ghiandole lacrimali. Il risultato è vicino al disastro.
Ci voleva il coraggio di offrire un altro destino ai protagonisti di questa vicenda. Qualcosa di completamente diverso dal lieto fine mieloso a cui sono stati sottoposti.
Perché, se anche volessi stare a un gioco privo di senso come questo, vorrei capire come fa una coppia senza distrazioni esterne a sopravvivere a se stessa per, diciamo, settant'anni.
Altro che libro romantico da lasciare ai posteri e nave dalla natura lussureggiante: Lawrence con le tette al ginocchio e Pratt con la pancia da alcolista non credo si sarebbero immersi nei cuoricini per tutto quel tempo. Perché i rapporti si logorano.
O agli studios pensano che siamo nati ieri?

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