Storia romanzata di un capolavoro #3
Uè come butta? Voi chi eravate
vent'anni fa? Intendiamoci subito, non che mi interessi davvero eh,
trattasi di domanda retorica. Non sono diventato il vicino compagnone
che vi ubriaca di chiacchiere quando tornate a casa la sera stanchi
dal lavoro.
E' che mi capita di ascoltare una radio
molto famosa a diffusione nazionale. Durante la trasmissione di un
noto beone (personaggio di cui non farò il nome per evitare le
rappresaglie dei suoi fan presenti tra le rade schiere dei miei
lettori), mi è stato sputato in faccia che Ok Computer ha compiuto
vent'anni precisi. Lo sapevo in realtà, conosco quel disco dal
giorno in cui è uscito e il fatto che non fosse proprio fresco di
stampa, dentro di me, appariva bello solido. Tuttavia sentirsi dire
una cosa del genere a tradimento fa un certo effetto:
Quando si palesò il disco in
questione, i loro autori per i più si chiamavano semplicemente
Quelli Di Creep (QDC da qui in avanti). Certo The Bends godé di un
certo successo negli ambienti giusti, ma la hit di riferimento dei
Radiohead rimaneva la straordinaria canzone che li rese famosi.
Ok Computer si presentava già diverso
rispetto ai predecessori. Pur mantenendo la tradizionale “allegria”
della band di Tom Yorke, l'album esplorava nuovi universi non
essenzialmente costruiti da chitarre. Una svolta sulla carta
coraggiosa, ma che finì per trasformare l'album nell'opera più pop
del gruppo inglese.
I singoli sfondarono la heavy rotation
di MTV (vi giuro che all'epoca pareva un canale modernissimo che
trasmetteva quasi solo video musicali) e divennero presto delle hit
radiofoniche insospettabili, anche nei tempi durante i quali il rock
teneva un piede nel mainstream.
Fu un successo colossale per i QDC, mai
più eguagliato successivamente. Ma è difficile dire se questo
rappresenti il loro punto più alto. Pochi anni dopo comparve infatti
Kid A, album che segnò una svolta epocale per i ragazzi capitanati
da Yorke, ormai mattatore assoluto della fase creativa, lanciandoli
in un universo discografico troppo diverso per poter essere
paragonato ai primi tre lavori.
Le opere precedenti, pur non potendo
vantare l'anima pop di Ok Computer, suonavano discretamente immerse
nelle atmosfere indie tipiche del brit pop di quell'epoca.
Ma chi se ne frega onestamente. Ritengo
piuttosto probabile che una ricerca su internet possa aiutarvi a
trovare recensioni di questo e altri dischi del complessino, nelle
quali autori più bravi e competenti di me sapranno spiegarvi per
filo e per segno ogni dettaglio sulle sonorità dei Radiohead.
Quello che conta qui è questo:
Dopo tanti anni di riascolti, più o
meno cercati, questo pezzo mi ha di nuovo commosso. Non da piangere
fontane (anche perché con questo caldo i liquidi vanno conservati),
ma comunque tanto da toccare una certa cordicella.
Quando la canzone uscì l'ammasso di
carne che mi compone sfoggiava la metà degli anni che porta ora
(fate i calcoli su), ma non è questa la cosa importante. Non sono
mai stato un nostalgico e non voglio indietro i miei vent'anni
(caspita, vi ho dato la soluzione dell'indovinello).
Visto con gli occhi di oggi credo che
il ragazzo che fui non fosse chissà che intelligente. Anzi,
probabilmente si nutriva di stupidità talmente pura da farmelo
odiare fin da dentro le viscere.
Eppure Karma Police mi parla ancora con
la stessa voce di allora. Mi narra di un periodo (breve eh, non
esageriamo), in cui la stagione estiva mi piaceva perché nascondeva
magie oggi inafferrabili.
Periodi anche pericolosi sotto un certo
punto di vista (ah, le tentazioni), ma comunque veraci. Epoche nelle
quali potevo essere innamorato di due ragazze contemporaneamente
(senza portarne a casa nemmeno una, tra l'altro) e in cui tutto
pareva odorare di buono. Chiaro, certe cose risaltano alla distanza e
non brillano mentre le si vivono. Anche perché a vent'anni ero
davvero troppo imbecille per capire alcune sfumature.
Ma Karma Police, così a tradimento, mi
ha rimesso nel cervello un frame intrappolato come capitava nel
tesseract di Interstellar. Sono comparse nella mia mente persone
ormai disperse come se fossero di nuovo li, come se tutti fossimo di
nuovo li. Quasi che i successivi vent'anni, con tutte le loro
brutture, ma anche con le sorprese meravigliose che hanno portato,
non fossero mai esistiti.
E' stato un attimo, ma è esistito
davvero, lo giuro. Non lo rivoglio indietro perché non mi appartiene
più. Ma in quell'istante sono stato bene, lontano dai dolori e dalle
gioie di questo 2017. Ho rivisto tutti coloro che hanno riempito la
mia vita in quel periodo.
Mi dispiace solo non aver avuto il
tempo di mandarli tutti quanti a fanc....
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