I cimeli del cinema #1- Deja Vu

Oggi vi voglio proporre una riflessione un po' più articolata del solito riguardo a un film che ho visto di recente. Trattasi di Deja Vu, pellicola risalente al 2006 del regista Tony Scott, famoso anche per essere autore di Top Gun, oltre che fratello di quell'altro.
Perché fare questa digressione? Beh, è una settimana che sto in casa col febbrone e il tempo va occupato in qualche sistema.
 
Nella già provata New Orleans, un attentato terroristico fa esplodere un traghetto carico di quasi seicento persone. Una squadra speciale mista tra FBI e ATF avrà il compito di scovare l’autore dell’insano gesto.
Deja Vu si presenta come un film investigativo nel quale Denzel Washington interpreta il tipico detective brillante e meticoloso capace di trovare indizi laddove nessuno sarebbe in grado di cercarli.
Un classico, specialmente nel periodo sospeso tra gli anni 90 e la metà dei duemila, dominato dal giallo alla Jeffery Deaver. Nemmeno malaccio come prospettiva se il film fosse stato davvero così, dato che questo stile, caratterizzato da trame intricate il giusto e popolato da personaggi rassicuranti, riesce spesso a regalarmi un intrattenimento poco impegnativo e godibile.
Però nel 2006 forse il prodotto rischiava di diventare un po’ stantio. Quindi Tony Scott e soci hanno deciso di contaminarlo. Al realismo razionale è stato aggiunto il tono speculativo della fantascienza. Scelta ambiziosa e, a conti fatti, sbagliata.
La trama si è ritrovata ad essere imprigionata nel fango degli spiegoni scientifici. Certo, warmhole e pieghe spazio temporali non sono argomenti da tutti i giorni (non so voi, ma io mi sono stufato dell’esempio col foglio di carta) e vanno introdotti con cura. Ma l'esposizione è sempre un errore narrativo. A poco serve infondere passione nello scienziato o imbastire qualche litigio di plastica tra i ricercatori. In quei momenti la mente dello spettatore vaga libera, spingendo lo sguardo lontano dallo schermo, magari per osservare quel ragnetto mentre fa la tana sull’angolo- Che sia ora di pulire casa? Magari sabato se fa bel tempo- e SBAM! Parte l’inseguimento e non si è capito nulla di quello che è stato detto.

Fortuna vuole che Tony Scott fosse un regista di saldo mestiere. Quindi la tensione ritorna a far capolino durante la visione e lo fa praticamente solamente grazie alle immagini. Si può dire che il complesso tiene almeno fino al “primo” climax. Certo, le parole di congedo del terrorista (Jim Caviezel) sono un delirio forzato e bisognerebbe accettare di turarsi in naso per via di tutti gli indizi lasciati in sospeso, ma se la pellicola si fosse chiusa li non ci si sarebbe trovati di fronte a un disastro completo.
Ma Hollywood prevede la sua dose di ottimismo e pretende che l’eroe salvi sempre la principessa (Paula Patton). Così si è voluto aggiungere un’altra mezzora a questo lavoro, spingendolo definitivamente verso il deragliamento.

Nonostante alcuni spunti aperti trovino la loro soluzione nell’ultima parte, va detto che di questa storia non torna assolutamente nulla. A cominciare dal ritrovamento del cadavere della ragazza, che, stando le cose come ci vengono narrate, non sarebbe nemmeno dovuta morire, o comunque non con le modalità descritte.
Ma anche senza volersi concentrare sul particolare, risulta abbastanza deludente l’uso che si fa della fantascienza qui. Ci si dimentica completamente delle implicazioni nascoste e si trasforma il genere in un semplice cardine atto a spingere verso la chiusura in salsa rosa.
Inoltre il lungo finale di questa pellicola porta in superficie un difetto sfumato che già si è notato in precedenza. Ai personaggi, durante la vicenda, vengono raccontate le cosa più assurde. Per quanto nella finzione cinematografica certi elementi siano reali, pare difficile per i protagonisti credere a ciò che succede.
Eppure nessuno si sorprende di nulla. Buttano giù ogni cosa che ascoltano decidendo di lasciar semplicemente perdere. Sfociando spesso nel ridicolo, come nella scena tra Washingotn e Patton a casa di lei.

Insomma, se questa pellicola non avesse dalla sua la regia di Tony Scott, probabilmente sarebbe uno dei peggiori disastri nella storia del grande schermo. Invece grazie al meno noto (ma più morto, purtroppo) dei fratelli Scott qualcosa da salvare rimane. La messa in scena in particolare, che al di la di alcune strane incertezze nei primi piani e di qualche rallenty un filo regalato, sorregge, come una salda impalcatura, un edifico pericolante.
Ma non è un motivo sufficiente per sorbirsi queste due ore di quasi delirio cinematografico.







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