Frustrazioni videoludiche #1- Mirror's Edge

Se siete alla ricerca di un metodo efficace per rinfrescare il vostro repertorio di imprecazioni forse ho la soluzione per voi: fatevi una partita a Mirror’s Edge.
Uscito nell’ormai lontano 2009 e perciò disponibile su Steam a prezzi di saldo, il gioco ci mette nei panni di Faith, runner di professione in una città futuristica dal candore invidiabile. Secondo quanto lei afferma, l’aspetto ordinato della società è solo superficiale. Perciò la ragazza e i suoi amici lavorano nell’ombra nell'intento far venire a galla il marcio attraverso piccoli atti criminali ignorati dalle forze dell’ordine. Eppure la giovane si troverà invischiata in una grossa cospirazione che pare aver lo scopo di spegnere ogni focolaio di ribellione.
O almeno questo è quello che ho capito io: la voce narrante di Faith, infatti, è affidata a un’Asia Argento particolarmente fuori condizione, capace di tenermi lontano dal centro degli avvenimenti grazie al suo biascicare e allo scarsissimo trasporto messo nel doppiaggio.
Poco male comunque, perché non è certo la trama il motivo per il quale ci si spinge a proseguire l’avventura.

Mirror’s Edge altro non è se non un simulatore di parkour piuttosto estremo. Le aree nelle quali zompettare sono discretamente vaste e offrono approcci differenti (grazie anche alla forte interattività di ogni elemento presente nello scenario). Ma le caratteristiche intrinseche del gioco difficilmente vi daranno l’opportunità di studiare la giusta strategia per affrontarle.
La povera Faith, infatti, è braccata da un fastidiosissimo sciame di poliziotti incazzati, di quelli che prima sparano e poi fanno le domande. Quasi costantemente pressati da una grandinata di piombo, saremo costretti ad andare piuttosto a braccio, finendo per mancare appigli, inciampare negli ostacoli e cadere da altezze stravaganti.
La mia goffaggine joypad alla mano è stata certificata dai più importanti organismi internazionali. Ciò nonostante mi voglio sbilanciare definendo Mirror’s Edge un gioco difficile nel quale si muore spesso.
Gli sviluppatori, grazie al cielo, si sono dimostrati consapevoli di questa caratteristica e hanno inserito i checkpoint non troppo distanti l’uno dall’altro. Questo aiuta molto, favorendo quel meccanismo di prova e ripeti tipico di un certo mondo platform anni ottante e novanta.
Platform adventure di cui questo gioco eredita lo spirito in un certo senso, anche per la capacità di far crescere il livello di frustrazione fino a una dimensione solida. Se nella vostra vita avete affrontato uno Shinobi o un Ninja Gaiden sapete benissimo di cosa parlo.
La visuale in prima persona risolve alla radice il problema della telecamera, ma priva il giocatore della visione periferica. Se nella corsa ad ostacoli di Faith ciò si tramuta in una certa rigidità non sufficiente a minare il gameplay (Faith ha il torcicollo), durante i rari combattimenti non sarà infrequente finire per dare le spalle ai nemici e farsi spezzare qualche vertebra.
Del resto i polmoni da autoclave sono l’unica caratteristica fisica degna di nota della ragazza. I suoi timidi cazzottini non ferirebbero nemmeno un passerotto, per cui allo scontro è sempre preferibile una virilissima fuga.

Un tale impianto di gioco favorisce la sfida, dimostrando come questa sia ancora il sale dei videogames. Superare un punto critico premia il giocatore esclusivamente attraverso un moto di soddisfazione personale, senza andare a sbloccare punti esperienza, abilità speciali o armi sofisticate. Ne risulta un appagamento puro, privo di qualsiasi pulsione completista. Si va avanti perché si è stati bravi e si vuole farlo ancora.
Certo, bisogna vedere se il gioco vale la candela. Mirror’s Edge va preso a piccole dosi. Se si finisce piantati troppo a lungo nello stesso punto, tanto vale spegnere e ritornarci sopra in un altro momento e con il cuore più sereno. Pena attacchi di furia degni di un bambino di dieci anni.
Io l’ho giocato su di un PC dotato di scheda grafica da 4GB non proprio di primo pelo. Vista anche l’età del prodotto, il configuratore automatico ha scelto di settare tutto ad ultra. Generalmente ho beneficiato di una buona fluidità, ma non sono mancati momenti concitati durante i quali si è palesato qualche scatto.
L’instabilità del framerate non è solo un fastidio estetico, ma influisce anche sulla ricezione degli input. Si capisce bene come tale caratteristica diventi determinante in un gioco frenetico come questo. Se la vostra macchina dovesse spingervi a cercare il compromesso io consiglio di agire sui filtri e sul livello di dettaglio, tentando di mantenere alta la risoluzione. Difficilmente, infatti, avrete il tempo per ammirare tutte le raffinatezze grafiche pensate dagli sviluppatori, mentre una mappa precisa risulterà fondamentale per non ripetere centinaia di volte le stesse azioni.
Qualora foste in possesso di una PS3 o di una Xbox 360 non c’è soluzione grafica per voi. Se avrete la sventura incontrare cali nel frame rate sarete costretti a tenerveli. Ma quantomeno dovreste trovare questo software a un prezzaccio, il che compensa ogni fastidio.
Se invece avete abbracciato l’attuale generazione, non ho informazioni su eventuali remaster del prodotto. Tuttavia è da poco uscito Catalyst, sorta di sequel/reboot di Mirror’s Edge. Nella vigna si dice che il gioco abbia mantenuto pregi e difetti del capostipite, con l’aggiunta di un contesto open world in grado di arricchire l’esperienza.
Non so se lo proverò. Di sicuro prima di farlo vedrò un professionista che mi aiuti a gestire la rabbia.

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