Il viale del tramonto.
Com'è triste il viale del tramonto.
Già, perché quando i campioni lasciano il calcio giocato lasciano
sempre dietro di se un vuoto. Lo colmeremo questo vuoto, ma
potrebbero volerci intere settimane. E in tutto questo periodo il
rischio è quello di struggersi per la perdita appena avvenuta.
Oppure no. Fa lo stesso.
Chi segue il calcio, ma anche solo chi
ha un paio di orecchie, sarà sicuramente venuto a conoscenza della
diatriba che contrappone Francesco Totti (as Pupone) a Luciano
Spalletti, o del meno rumoroso, ma altrettanto cruento, scontro tra
Di Natale e la sua Udinese.
Ecco, son due casi simili. Così
lontani eppur così vicini. I due numeri dieci si trovano a fare il
conto con l'età, e le rispettive società hanno l'imbarazzo di far
uscire i campioni dalla rosa senza urtare la sensibilità di nessuno.
Immagino che un dirigente sogni che,
arrivati al punto, siano i giocatori stessi a dichiarare la resa. Un
po' come fece Paolo Maldini. Ma non funziona quasi mai così.
Perché chi decide che è arrivato il
momento? Come si fa a dire basta quando si è convinti di avere
giocato male solo a causa di una giornata storta? O di un mese
storto? O di una stagione storta?
E così si arriva all'inevitabile
mancanza di rispetto. Il momento in cui a decidere che uno non è più
adatto è l'allenatore. Lucianone nel caso di Totti, uno con la fama
di appendere il giocatore più rappresentativo della squadra alle
grucce degli spogliatoi, tanto per capire il tipo. Il mansueto De
Canio, nel caso di Totò, quello che una volta chiamato a Udine aveva
il sorriso dei bimbi a Natale (ha ha).
Sia come sia, il viale del tramonto è
davvero triste quando il grande campione non si accorge che la festa
è finita.
Eppure è difficile biasimarli.
Ritirarsi è difficile. Non tanto per il non sapere cosa fare dopo.
Con certi conti in banca quello diventa un problema privo di
qualsiasi urgenza.
Se noi persone comuni abbiamo una
fortuna rispetto a questi calciatori (e NON l'abbiamo, sia chiaro), è
quella di poter fare scelte migliorative. Se a trentasette anni uno
decide (volontariamente, non perché costretto ovviamente) di
cambiare lavoro, lo fa perché è convinto di far crescere la sua
posizione. Andare su.
Il calciatore, invece, sa che il meglio
è passato. Ineluttabile. E' così.
Facciamo un gioco di fantasia, vi va?
No? Ok, lo faccio da solo (tanto sono l'unico che mi legge).
Immaginiamo di vivere la parte più ruspante della nostra esistenza
(20-30), ammantati con i paramenti sacri di una squadra di calcio. Di
diventare gli idoli delle folle. Sogno proibito di caldissime
fanciulle e oggetto di ammirazione degli ardenti maschi. Quando la
nostra squadra domina gli avversari, di venire incensati quali
artefici della meraviglia. Quando, invece, il nostro undici perde
miseramente, di essere gli unici ad essere risparmiati dalla ferocia
dei tifosi. Bambini con occhioni spalancati determinati ad emulare le
nostre gesta. Anziani avvinazzati talmente affezionati da volerci
adottare come figli (diseredando quell'incapace che ha voluto
studiare, mona!). E i soldi ovviamente. Vivremmo una vita talmente
fuori scala da non capirne il valore, ma ci sarebbero anche quelli.
Solo per praticare il nostro gioco preferito.
Ecco. Come si fa a rinunciare a tutto
questo?
Prima o poi il momento arriva, il
fisico ha ragioni che il cuore non ha. I nuovi ventenni zampettano
allegri nei campi, mentre i campioni di un tempo arrancano per pochi
minuti nella speranza di fare il gol decisivo che prolunghi loro la
carriera. Magari di una settimana, o di un mese, o di un anno.
Giusto un ultimo giro di giostra,
perché non può finire così no? O si?
Beh, comunque ciao.
E' verissimo quello che dici ma è anche quello che succede ad ogni essere umano quando entra in quella fase della vita in cui <> Chi decide quando siamo diventati adulti? Lo so, lo so, è un discorso più articolato ma il punto in questione sia nell'uno sia nell'altro caso è che quel momento arriva o perché imposto o perché frutto di una propria scelta.
RispondiEliminaComunque a mio avviso se l'è passata peggio Del Piero. In una conferenza stampa che non c'entrava nulla Agnelli ha fatto quell'annuncio ridicolo.. e senza neanche riservargli un posto nella dirigenza.
Meno male che il mio Zanetti ce lo siamo tenuti stretti!
Ciao!
Ah si. Sull'eleganza di certi dirigenti ci sarebbero da scrivere parecchi post. Grazie per essere passata di qua!
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