CDC#42 - Costruire un giallo senza soluzione- Zodiac
A volte mi chiedo se ci sia davvero il
pericolo emulazione dietro narrazioni come Gomorra o Romanzo
Criminale. Io sono abbastanza aperto quando si parla di storie
raccontate e sono fermamente convinto che l'autore non debba
preoccuparsi troppo delle conseguenze che il suo lavoro porterà alle
menti più fragili. Se un personaggio funziona in un certo modo, va
scritto in quel modo.
Però è vero, criminali e serial
killer esercitano un fascino perverso. Vita intensa, capacità di
sovvertire le regole morali e uno schema mentale che li rende capaci
di tutto, appaiono a noi uomini comuni come tratti caratteristici
attraenti e spesso chi vuole vivere fuori dagli schemi finisce per
ispirarsi a loro.
Ma se fosse solo una finzione
narrativa?
David Fincher descrive il suo
sociopatico in termini parecchio diversi rispetto a quelli di solito
usati in questi casi. Tramite lo svolgimento della trama, infatti, si
intuisce come il misterioso Zodiac sia un mitomane che tende a
mettere il cappello a omicidi che nulla c'entrano con lui. Certo
uccide, ma più spesso il suo comportamento ricorda quello di un
bambino capriccioso a caccia di attenzioni.
E' una bella mazzata alla figura
tradizionale del serial killer, specialmente per uno come Zodiac,
capace di ispirare cinema e tv (la genesi del Sylar di Heroes ricorda
in maniera sospetta quella del nostro assassino) e di esercitare un
certo magnetismo negli spettatori. Una visione svilente del maniaco
che si rivela soprattutto un'abile mossa per scansare il rischio più
grosso che questa storia si porta dietro.
Come chiunque sa, la vicenda messa in
scena da Fincher è autentica e l'intera ricostruzione si basa sui
libri di uno dei protagonisti diretti di quegli avvenimenti. Per
quanto la pellicola cerchi di portarci vicino alla soluzione del
caso, la realtà dei fatti è che Zodiac non è mai stato trovato.
Quindi il thriller imbastito dal noto regista di Fight Club è un
giallo senza soluzione.
Non che Fincher sia stato il primo a
mettere le mani sulla vicenda di Zodiac, ma in altri casi celebri si
è scelto di ricorrere alla finzione narrativa per dare soddisfazione
al pubblico. A tal proposito, la citazione di Dirty Harry all'interno
del film è una chicca parecchio toccante.
Tuttavia va detto che l'opera funziona
lo stesso, tanto che la durata approssimativa di un mese fila via
veloce come se il tempo venisse divorato dai Langolieri.
Il fatto è che questo film corale
pieno di stelle hollywoodiane di prima grandezza è capacissimo di
gestire con precisione il tempo nel quale queste devono stare in
scena. Non si sforza di offrire a tutti lo stesso minutaggio, come a
volte capita in queste situazioni, ma sfrutta i caratteri principali
quando servono. I ritmi schizzano ad alto livello, nonostante non ci
sia azione vera e propria. E il godimento generale ne beneficia
assai.
Altro colpo ben piazzato da Fincher è
la ricostruzione storica. Il periodo di ambientazione della vicenda
va dalla fine degli anni sessanta fin quasi ai primi novanta. Ma il
regista americano è consapevole che i decenni passano un giorno
alla volta e non a blocchi compatti. Così ci evita cambi di costumi
troppo repentini, ingresso in scena di musiche caratteristiche e
altre soluzioni che solitamente tratteggiano lo scorrere del tempo
secondo quelli di Hollywood. Tutto fila via liscio e consequenziale,
anche perché i personaggi in gioco sono sempre gli stessi.
Ma, tornando all'abile mossa di
Fincher, quello che Zodiac sostanzialmente diventa durante la
visione, più che un classico thriller con il serial killer, è un
racconto sull'ossessione e sul peso del fallimento.
Forse per esigenze narrative o forse
no, i protagonisti che danno la caccia all'assassino sfiorano più
volte la verità e danno l'impressione che basti davvero poco per
risolvere il caso.
In questo senso vedere Ruffalo uscire
dal cinema dove Eastwood ha risolto la sua indagine con il piombo,
mette in luce la frustrazione di un uomo che ha lavorato bene, ma
senza un vero risultato.
D'altra parte, sempre nelle stesse
sequenze, si può anche capire chi, libero da pressioni dei piani
alti, può permettersi di dedicare tutta la sua esistenza alla
ricerca del colpevole rimanendone ossessionato fino a rischiare di
perdere tutto ciò che lo circonda.
E' li, in quella battaglia di
Gyllenhaal contro Ruffalo la forza del film. Il desiderio del giovane
vignettista di non buttare il lavoro del suo mentore Downey Jr.
L'insistenza di lottare dove professionisti migliori e più preparati
di lui hanno mollato.
Intendiamoci, se siete alla ricerca di
un messaggio ispiratore non è in questo film che lo troverete.
Ma se volete un thriller con i
controcazzi, che vi appassioni per tutto l'enorme chilometraggio
della sua pellicola, Zodiac fa per voi. E anche per me.
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