Motorsport is Dangerous- capitolo 4: Le auto- Watkins Glen 1973

Domenica 29 Novembre 2020 una palla di fuoco illuminò i volti degli appassionati di Formula 1 seduti sul divano a guardare il Gran Premio del Barhein. Era appena andato in onda uno degli spettacoli più agghiaccianti della storia recente: il famoso incidente di Romain Grosjean.
Le immagini dell'impatto e della Haas spezzata in due che si accendeva in una vampata portarono il panico tra gli spettatori. Quelle successive del pilota che emergeva dalle fiamme come in un film di Hollywood, rimasero impresse come un'icona.

Se oggi siamo abituati a esiti fausti dopo incidenti all'apparenza senza via di scampo, dobbiamo ringraziare la FIA, tutti coloro che si sono spesi per promuovere il concetto di sicurezza e gli anni passati a combattere per introdurre norme sempre più stringenti, spesso ostacolate dagli appassionati legati al concetto romantico del rischio, ma anche dagli stessi addetti ai lavori che sostenevano il tema dei costi.
Certo, un incidente come quello di Grosjean non capita così spesso. Ma se siamo arrivati al punto che chi ama questo sport non è più disposto ad accettare la tragedia come conseguenza del divertimento domenicale è proprio perché anche una dinamica particolarmente rara viene considerata in fase di progettazione.
La cosa che impressionò tutti durante quelle fasi fu sicuramente il fuoco. Ricordo bene lo stordimento causato dall'improvviso divampare delle fiamme, l'angoscia nel momento in cui la regia staccò (solitamente un brutto segnale) e poi il ritardo infinito nel mostrare le immagini della zona.
Ma poi per fortuna un Gorsjean sconvolto ma sano apparve sui teleschermi di tutto il globo e finalmente potemmo rilassarci e osservare bene ciò che successe. Dopo aver visto il rottame della Haas in molti dissero che il francese di passaporto svizzero fu fortunato a uscire da li con le proprie gambe. Vero. Ma la fortuna non fu l'unica componente a contare in quell'evento. Anzi, probabilmente nemmeno la più importante.
A tal proposito voglio raccontarvi una storia:

Non esistono documenti filmati capaci di scendere nel dettaglio sugli eventi accaduti sabato 6 Ottobre 1973 a Watkins Glen. Ma ci sono alcune fotografie se volete farvi del male, anche se io lascerei stare. Date retta.
Sappiamo che quella mattina si tenevano le prove libere del Gran Premio degli Stati Uniti e che, a un certo punto, un botto terrificante nella esse successiva al rettifilo principale sconvolse chiunque si trovasse a passare da quelle parti.
Per motivi mai chiariti, Francois Cevert perse il controllo della sua Tyrrel in percorrenza della prima sinistra. La vettura picchiò lateralmente addosso al guardrail ribaltandosi e strisciando sul fianco verso l'esterno della seconda destra. Forse in quel momento l'anteriore era già staccato, o magari no. Tanto cambia poco.
Perché la monoposto si infilò tra le lame della barriera opposta che si aprirono come forbici, seguendo una dinamica molto simile a quella che convolgerà Gorsjean qualche decennio più tardi. Ciò che rimase della monoposto finì per sventrarsi completamente, così che il povero pilota si trovò tra le fauci del mostro di metallo.
Inutile specificare l'effetto devastante dell'impatto. Su qualche sito specializzato troverete scritto che il francese rimase decapitato, ma vi assicuro che è un modo per renderla meno cruenta.
Ed è qui che torniamo al discorso fatto qualche riga fa. Certamente il fatto che lo spazio fosse sufficiente a Grosjean per uscire dalla macchina senza restare incastrato tra la stessa e la barriera fu questione di fortuna, non ci sono dubbi su questo. Ma la cellula del suo abitacolo ha tenuto e qui la fortuna non c'entra nulla. Nel 1973 Romain dentro a quelle lamiere ci sarebbe rimasto, fuoco o non fuoco. Ma forse anche nell'83 o nel 93. Il progresso in termini di materiali che la massima serie ha compiuto in questi decenni è incredibile.
Uscire indenni da un botto di quel genere e a quella velocità a quei tempi sarebbe stato considerato un miracolo. Oggi ci stupiamo se avviene il contrario.
Questo dimostra quanto la F1 resti fortunatamente un laboratorio per la sicurezza in auto. Un laboratorio che funziona e che progredisce dandoci la sensazione sempre più chiara che farsi male dentro una vettura come quella sia pressoché impossibile, anche se non sarà mai così per davvero. Ad ogni modo molte delle tecnologie adottate in quegli ambiti finiscono per riversarsi sulle auto di serie. Con il tempo e gli investimenti, naturalmente, ma succede.
Se qualcuno dovesse chiedervelo, ditegli che anche a questo servono le corse.




Commenti