Jonas il combina guai: Dark

Dunque. C'è questo attore di nome fa Oliver Masucci che sfoggia certa somiglianza con il celebre Mads Mikkelsen.
Ecco, il personaggio che interpreta all'interno di questa serie si chiama Ulrich Nielsen e fin qui nulla di strano. Non fosse che nel corso dell'avventura vedrà scomparire prima suo fratello e poi il figlio.
Bene. I due bimbi di nome fanno Mads e Mikkel. Avete capito bene: Mads e Mikkel Nielsen.
Secondo voi questa è una semplice coincidenza? No amici, a me non la si fa.



Ciao, come forse avrete capito oggi parliamo di Dark, uno dei prodotti più chiacchierati degli ultimi anni e talvolta considerato la risposta tedesca a Stranger Things. Un po' per via della piattaforma che lo ospita e in parte per quel gusto del mistero che riesce a infondere nello spettatore.
Ebbene cari lettori, se anche voi amate accomunare queste due opere mi sa che ci salutiamo qui. La porta è da quella parte. Arrivederci e salutate tutti quando riuscirete a vederli.
La realtà è che i due lavori hanno in comune praticamente nulla, se non generici riferimenti al concetto di multiverso. Se proprio dovessi trovare una serie televisiva capace di giocarsela nello stesso campo io scomoderei Lost, la catastrofica narrazione partorita da JJ e finita in rottami come l'aereo che l'ha generata.
Ma il tempo insegna e Dark ha imparato la lezione. Infatti quest'opera tedesca regge il confronto con le proprie ambizioni: intanto perché è premiata da una scrittura precisa. Ma soprattutto perché dura di meno e gli autori non fanno in tempo a dimenticarsi tutto ciò che ci hanno infilato dentro.
Ammetto che il podio delle mie visioni preferite ha vacillato. Per lungo tempo guardando Dark non sono stato capace di trovarci dei difetti. Trascinato dentro questo assurdo cerchio temporale restavo ammirato dalla perfezione con la quale tutti i pezzi finivano per incastrarsi. Solo che poi sono arrivati gli ultimi minuti dell'ottavo episodio della seconda stagione e il discorso è un attimo cambiato. Ma andiamo con ordine, almeno noi che possiamo.
Ci troviamo nella ridente cittadina di Winden, incastonata tra la foresta nera e una centrale nucleare lassù, nella terra dei tedeschi. Durante una scorribanda notturna tra ragazzi sparisce il piccolo Mikkel Nielsen e da li prende il via la nostra storia.
Per due stagioni quasi piene Dark è una serie sui viaggi nel tempo e sui paradossi che ne derivano. Non la prima a trattare l'argomento naturalmente (mi viene in mente Quantum Leap, ma chissà quante ce ne sono), ma probabilmente una delle più coerenti che siano state scritte.
Il nostro protagonista Jonas si trova costretto ad andare nel passato per rimettere a posto le cose. Ma non può, perché tutto quanto è già avvenuto, compresi i tentativi che fa Jonas per rimediare ai suoi danni. Semplice e pulito. Proprio come accadeva nell'Esercito Delle Dodici Scimmie se ricordate l'opera in questione.
Ma qui, trattandosi di una storia lunga, c'è l'occasione di prendersi il tempo necessario per riflettere sulle implicazioni sottostanti a un racconto del genere, Tanto che il ragionamento a fine puntata diventa uno dei pregi di tutta l'operazione. Non consumatela tutta insieme, lasciate sedimentare gli episodi. Non ve ne pentirete, date retta.
Si parla di destino e libero arbitrio, senza dimenticare richiami filosofici e biblici. Vero, in alcuni casi spunta fuori anche l'effetto “ma allora io sono mio padre” di capatondiana memoria, ma fa parte del gioco e soprattutto non ridicolizza il progetto, perché ogni cosa qui è pensata e ragionata. Insomma, quando parliamo di Dark ci riferiamo a una serie sofisticata che cattura non solamente per il continuo reiterare del mistero, ma perché sa stratificare i propri argomenti.
Solo che poi arrivano quei dieci minuti lì e il mazziere decide di cambiare le carte in tavola. Mannaggia a lui.

Sono consapevole di come la scienza accetti speculazioni sulla teoria dei molti mondi, così come convengo con altri che tutti i fili siano stati allacciati al termine della storia. Ho anche ascoltato con interesse le interpretazioni degli spettatori che spiegavano perché la svolta di Dark fosse necessaria (addirittura preparata, ho letto) in quanto unico metodo logico per spezzare il cerchio. Posso anche dirvelo, se volete: formalmente l'ultima stagione di Dark rappresenta una conclusione precisa del racconto visto fin li. Ma anche poco soddisfacente, se devo dirvela tutta.
Perché secondo me lo stratagemma dei molti mondi è narrativamente pigro. Una volta che apri la possibilità a un'esistenza parallela tutte le regole del tuo universo cessano e da li in poi vale tutto.
Ma potrei anche arrivare ad accettarlo, purché mi vengano forniti indizi di una possibilità del genere. Per due stagioni (meno dieci minuti) Dark non accenna mai alla possibilità di mondi paralleli o cose simili. Si parla del tempo e di tutto il corollario.
Non si vede mai Tannhaus osservare una foto di gente a noi sconosciuta fino all'ultima puntata nella quale avremmo detto: ah, ecco chi erano. Così come non si è mai vista una signora anziana osservare un albero genealogico senza sapere che ruolo avesse nella trama.
Insomma, spunta tutto fuori così di colpo, quasi come il famoso deus es machina che risolve tutti gli impedimenti di una sceneggiatura andata troppo avanti.
Non dite Lost. Vi prego. Non ditelo.
Anche perché, se non altro, qui l'idea di rimanere allacciati al resto del racconto esiste. Quantomeno le intenzioni sono buone. Il punto è che pare sia stata aggiunta una stagione a una serie che forse si sarebbe accontentata di due, magari con una conclusione coincidente all'apocalisse e qualche messaggio da lasciare sospeso.
Lo si intuisce anche dalla sceneggiatura, che in Dark 3 si riempie di spiegazioni messe insieme attraverso dialoghi lunghissimi e un po' noiosetti. Lo stesso concetto di nuovo inizio pare una correzione in corsa che fa sembrare le due stagioni precedenti quasi inutili. Sensazione che ho provato per poco, è vero, ma che comunque mi ha lasciato in bocca uno sgradevole sapore.
Poteva andare peggio? Certo, in storie di questo tipo spesso i finali sono capaci di rovinare tutto, mentre Dark, pur se con un po' di affanno, il risultato lo porta a casa rimanendo fedele a una certa logica. Cosa non facile.
Quindi si dai, posso dirvi che mi è piaciuta. Magari non al punto da far scendere qualcuno dal podio, ma mi è piaciuta.
Due cose sole non ho capito. Come faceva Claudia a sapere come dirimere la questione? Ma soprattutto, come fa a esistere Martha nel mondo di Eva?
Bah, misteri dello spaziotempo.




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