CDC #125- Il futuro dell'urbanizzazione: Macchine Mortali (Mortal Engines, 2018)

Immagino che la storia originale di Macchine Mortali risieda in uno di quei tomi da cinquemila pagine di cui è popolata la narrativa per ragazzi. Una di quelle opere che ambisce al trono di nuovo Signore Degli Anelli, tanto per intenderci.
Lungi da me stare qui a fare confronti tra il testo di partenza e il film che ne è derivato. Tanto più che il romanzo di Philip Reeve non l'ho letto e non ho intenzione di farlo, almeno finché ho una doppia pila di libri alta quanto me che mi attende al varco.
Tanto vale quindi che mi concentri sul film.

Diciamo che tra una pletora di difetti che un prodotto come questo è quasi costretto a portare con se, può almeno vantare un pregio: dopo due ore la vicenda si conclude senza lasciare troppo spazio a ipotetici seguiti.
Vi sembrerà una cosa da poco, ma in un mondo infestato da trilogie come quello del cinema young-adult, a me questa caratteristica pare preziosa. Se non altro lascia una certa soddisfazione al termine della visione.
Anche perché la messa in scena di Christian Rivers è tutt'altro che disprezzabile specialmente grazie a delle scenografie imponenti che rendono abbastanza bene il concetto di città semovente e quindi il fulcro della trama.
E se nella Londra che passa il tempo a divorare paesini bavaresi ci vedete il metaforone, state tranquilli. Non è l'unico e nemmeno il più sfacciato.

Macchine Mortali è una grande allegoria che vuole mettere alla berlina (parlo come mio nonno) tutto il concetto di tecnologia. Dalle scelte più evidenti (tipo il rifiuto di utilizzare gli oggetti degli antichi) fino a quelle più sfumate (i prodigi della tecnica che diventano combustibile per il motore della città) tutto in questa storia ci parla di come la tecnologia sia il male e di come essa ci privi della nostra umanità. Shrike è l'esempio perfetto di ciò che voglio sostenere. Ma ce ne sono altri, più o meno celati dentro al racconto.
Racconto che soffre, sia chiaro, di tutta una serie di problemi tipici dell'epica futuristica distopica. La necessità di presentare l'ambientazione e di illustrare alcuni dettagli, ad esempio, costringe alcuni personaggi a raccontarsi cose che già conoscono ad esclusivo beneficio dello spettatore. Un modo odioso di costruire i dialoghi che risultano spesso fasulli e appesi per aria.

Poi c'è la classica crescita dell'eroe, che dal basso di una condizione subalterna diventerà, logicamente, il salvatore. La storiella d'amore che non possiamo mai farci mancare. Il tipico scontro tra poveri pieni di spirito e ricchi infami. Insomma, il consueto minestrone.
Quantomeno Macchine Mortali può dire di avere qualcosina in più. Si avverte tra i fotogrammi quel non so che e il film, di suo, appassiona abbastanza da non annoiare mai, pur mettendo in scena la solita solfa. Del buono qui dentro c'è.
I personaggi sono tanti, ma non troppi, tanto da far venire voglia di ricordarseli tutti. Anche se, disseminati lungo la mappa in questo modo, alcuni di loro si perdono per ricomparire giusto nel finale come un contentino.

Macchine Mortali è un prodotto discreto, sulla cui qualità non osavo scommettere un centesimo e che invece è stato capace di prendersi due ore della mia vita senza che sembrasse un furto. Vive molto di estetica, questo è vero. Ma è dotato anche di un buon ritmo che non lo rende noioso come molti suoi omologhi.
Certo, è sempre il solito film per ragazzi e non è che ci troverete chissà quale rivoluzione qui dentro. Ma se siete disposti a passare sopra l'assurda idea delle città predatrici, potrebbe anche sorprendervi.
Con me ci è riuscito.


Commenti

  1. Guarda, tra le immagini che mi hanno impressionato e la tua recensione tutto sommato positiva, mi hai incuriosito, anche se i difetti dei cliché narrativi e della trama spiegata forzatamente mi fanno abbastanza esitare... Se mi capita sotto mano magari una chance gliela do!

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    1. Secondo me non te ne penti. Chiaro, bisogna passare sopra a qualche schema preimpostato che il genere si trascina dietro. Ma nella sua nicchia per me è stata una sorpresa.

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