CDC#21- Ci vuole fede per credere a certe cose. O almeno una buona sceneggiatura- L'Ultima Profezia (The Prophecy)

Ma quanto stile ha Christopher Walken? Un attore del genere sarebbe capace di donare dignità anche alla pubblicità della carta igienica. Presente quella del cane che corre dietro al rotolone no? Ecco se al posto del cane ci fosse Christopher Walken verrebbe voglia di mandarla nei cinema quella pubblicità.
E Viggo Mortensen? Esiste un'incarnazione di Lucifero più indovinata dell'angelo caduto made in Mortensen? Forse si, ma trovarla sarebbe un'impresa troppo ardita per me.
The Prophecy riesce a unire insieme questi due caratteri, pensate un po'. Un film indiscutibilmente magnifico direte voi. Ecco, bravi. L'avete detto voi, io non mi prendo responsabilità.

In questo horror cristianeggiante, Gregory Widen ci racconta le vicende di Thomas Dagget, prete mancato e ispettore dell'FBI, chiamato a lavorare sui suoi casi solo di notte. Nel suo incedere si troverà nel bel mezzo di una guerra termonucleare tra angeli, utile a stabilire le nuove gerarchie lassù, in paradiso.
Riusciranno le truppe guidate dall'arcangelo Gabriele (mica l'ultimo) a strappare l'essere umano dalle grazie del divino? Eh, vai a capire.
Onestamente qui nemmeno Walken, Mortensen o Marlon Brando in persona potrebbero rendere la pellicola decente, va detto subito.
Ciò avviene perché la trama è qualcosa di davvero inconcepibile; non tanto perché sia brutta di per se, quanto per una sceneggiatura davvero criminale, che salta di palo in frasca e pretende di far credere allo spettatore che la fauna che girovaga per le ambientazioni del film sia in grado di credere a tutto.
Ok, Widen gioca con il significato della fede, fin qui ve lo concedo. Ma quando un tizio sconosciuto che dice di essere un poliziotto viene a fanfaronare di angeli caduti e guerre celesti, per quanta fede uno possa avere come minimo chiama uno specialista. -Gli angeli, certo. Intanto parla con questo signore col camice qui e prendi le caramelline che ti da, poi ne discutiamo bene.
La prima cosa che il regista (e sceneggiatore) smonta nella sua opera è proprio il patto tra l'autore e il pubblico. Non c'è profondità nelle interazioni, tutto succede perché il film deve proseguire e ogni decisione presa dai personaggi viene calata dall'alto.
Forse potrebbe sembrare un buon simbolismo quest'ultimo, visto l'argomento trattato e il riferimento non troppo velato ai piani del Signore. Ma davvero, non funziona.
Questo lavoro è talmente fragile nella sua struttura di base che non vale nemmeno la pena di parlare del resto. Vedere i personaggi comportarsi in un certo modo tra loro mette una patina di fastidio talmente evidente, da impedire di giudicare ogni altra componente.
Come certi effetti speciali da dolore agli occhi, per esempio. O tutta quella serie di dissolvenze in nero da serie TV anni settanta. O i ritmi plafonati che fanno sembrare l'ora e mezza trascorsa qui nel più lungo dei periodi storici mai attraversati dall'uomo.

Ma non tutto é da gettare. La parte finale, con lo scontro tra gli angeli, l'apparizione dal nulla di Lucifero e il rafforzamento in scena dei personaggi più interessanti, funziona abbastanza. O ameno sembra che lo faccia dopo l'ora e dieci passata a chiedersi perché uno come Christopher Walken si sia infilato in così tanti film abominevoli nella sua carriera.
Vedete, io sono convinto che al cinema e in letteratura si possa raccontare letteralmente tutto. Angeli che cadono, giganti che defecano dentro i vulcani e formiche che conquistano la galassia.
Il punto è farlo bene e con un filetto di coerenza. Non è che i personaggi accettano tutto quello che gli si dice solo per tenere basso il minutaggio, se no poi vengono fuori cose come L'Ultima Profezia e si rischia di allontanare lo spettatore dalla santità.
Insomma Widen, parli pur sempre della bibbia. Non costringermi a imprecare così tanto no?

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