Lo spettatore #252- Qualcosa si muove nella notte: L'Angelo Dei Muri (2021)
Dopo Oltre il Guado aspettavo di vedere un’altra opera di Lorenzo Bianchini, uno che secondo me ci sa fare quando si parla di atmosfere. Grazie al solito Bezos che ha incorporato L’Angelo Dei Muri nella sua offerta, posso confermare le mie impressioni, anche se stavolta la magia non è scattata.
La voglia di etichettare tutto spinge
verso semplificazioni che si rivelano illusorie e infatti l’Angelo
Dei Muri viene presentato su Prime Video sotto la categoria horror.
Ora, se è vero che la messa in scena, le musiche, i suoni e certe
scelte di sceneggiatura possono far credere che si tratti di un
racconto da casa stregata, il film in sé è qualcosa di
completamente diverso, nella fattispecie un dramma intimo che
utilizza linguaggi di genere per esprimere sé stesso.
Se con Oltre Il Guado mi aveva disturbato (in senso buono), questa volta Bianchini sembra puntare a suscitare altre emozioni nello spettatore, pur rimanendo aderente a uno stile che fa del silenzio, dell’abbandono e dello spettro del passato il suo filo conduttore.
Se con Oltre Il Guado mi aveva disturbato (in senso buono), questa volta Bianchini sembra puntare a suscitare altre emozioni nello spettatore, pur rimanendo aderente a uno stile che fa del silenzio, dell’abbandono e dello spettro del passato il suo filo conduttore.
Il regista è abile a raccontarci il
trauma di Pietro al momento di dover abbandonare l’appartamento
occupato da decenni. Con poche inquadrature ci mostra un passato
fatto di rimpianti e nostalgia e ci accompagna verso l'isolamento
testardo di un uomo che pare incapace di lasciarsi tutto alle spalle.
Il film poi sa essere quasi tenero nel rapporto dell’angelo con la bambina, mentre l’anziano si sforza di restare una presenza discreta all’interno di una casa che non è più sua ma che è impregnata delle sue esperienze.
Tutto bello, girato con gusto, in perenne equilibrio tra l’inquietante e il fiabesco, non fosse che ci si accorge che nella storia che Bianchini ci sta raccontando c’è qualcosa di strano. Il problema è che cosa sia questa stranezza si scopre presto, forse troppo per potersi godere pienamente l’opera.
Il film poi sa essere quasi tenero nel rapporto dell’angelo con la bambina, mentre l’anziano si sforza di restare una presenza discreta all’interno di una casa che non è più sua ma che è impregnata delle sue esperienze.
Tutto bello, girato con gusto, in perenne equilibrio tra l’inquietante e il fiabesco, non fosse che ci si accorge che nella storia che Bianchini ci sta raccontando c’è qualcosa di strano. Il problema è che cosa sia questa stranezza si scopre presto, forse troppo per potersi godere pienamente l’opera.
Non conosco le intenzioni dell’autore,
quindi potrebbe darsi che l’idea di svelare il mistero in anticipo
fosse voluta, magari per indirizzare l’attenzione dello spettatore
verso altre componenti. Ci sta, anche se il twist finale mi farebbe
pensare diversamente.
Il punto è che di storie con questa soluzione al cinema ne abbiamo viste e siamo abbastanza esperti da capirle in fretta. Non è colpa del regista, ma è comunque una realtà che non mi ha permesso di assaporare la pellicola fino alla fine.
Perché una volta chiaro il discorso, anche l’attenzione si infrange come un bicchiere contro il muro e tutta la delicatezza diventa una silenziosa attesa dello svelamento di qualcosa che già ci si aspetta. Anche se, vale la pena dirlo, il film in sé mantiene tutta la sua grazia. Solo che diventa un’esperienza puramente estetica, il che purtroppo toglie argomenti a un’opera che stava funzionando più che bene.
Il punto è che di storie con questa soluzione al cinema ne abbiamo viste e siamo abbastanza esperti da capirle in fretta. Non è colpa del regista, ma è comunque una realtà che non mi ha permesso di assaporare la pellicola fino alla fine.
Perché una volta chiaro il discorso, anche l’attenzione si infrange come un bicchiere contro il muro e tutta la delicatezza diventa una silenziosa attesa dello svelamento di qualcosa che già ci si aspetta. Anche se, vale la pena dirlo, il film in sé mantiene tutta la sua grazia. Solo che diventa un’esperienza puramente estetica, il che purtroppo toglie argomenti a un’opera che stava funzionando più che bene.
Resta vero che la prima parte è
davvero efficacie, e che la storia quello che deve dire lo dice, ma
soprattutto lo fa senza sprecare parole, lavorando con le
inquadrature e il montaggio, caratteristica apprezzabilissima in un
cinema che sembra sempre più volerci spiegare le cose col dito.
Forse gli manca un pelino di equilibrio, ma di sicuro è una visione
che rimane in testa per un po' di tempo.
Quindi direi che una opportunità se la merita.
Quindi direi che una opportunità se la merita.
Buona settimana!
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