Lo spettatore #253- Ragnatele che imprigionano la mente: Spider (2002)
Da qualche parte devo aver già affermato quanto mi sia piaciuta la lettura di Spider di Patrick McGrath, tanto da rendere naturale per me il desiderio di provare anche la versione cinematografica. A esperimento finito posso dire di averci trovato quello che immaginavo, ma anche che mi ritengo molto fortunato ad aver incontrato prima il romanzo.
Quella di Spider è una storia dura
raccontata dal punto di vista di un protagonista privo di lucidità,
tormentato da una malattia insidiosa e dai traumi di un’infanzia
che il tempo ha reso nebulosi.
Nel suo romanzo McGrath (qui anche in veste di sceneggiatore) esplicitava subito quale fosse il disturbo che affliggeva il protagonista e i motivi della recrudescenza di questo anche dopo le dimissioni di Dennis dall’ospedale, provava a spiegarci i malfunzionamenti nel ragionamento del protagonista portandoci molto vicino a lui, da quando imbottito di medicine riesce a gestirsi, fin quando, scegliendo di rinunciarvi, precipita in un incubo fatto di allucinazioni, confusione, autoassoluzione.
Secondo me sono premesse fondamentali all’interno di un’opera come questa, che affronta con coraggio il tema puntando sull’empatia verso un uomo tradito dalla sua stessa mente.
In coppia con Cronemberg, invece, McGrath nel film vi rinuncia, piombandoci direttamente nel caos che Dennis cerca di riordinare. Per farlo i due scelgono di affidare a Raph Fiennes un personaggio in difficoltà sin dal suo ingresso in scena, uno di quelli che faticano persino nelle cose più naturali della vita. Ma forse Fiennes ci dà troppo dentro e si perde il senso del racconto, perché spariscono i presupposti che inducono l’ospedale psichiatrico a dimetterlo.
Nel suo romanzo McGrath (qui anche in veste di sceneggiatore) esplicitava subito quale fosse il disturbo che affliggeva il protagonista e i motivi della recrudescenza di questo anche dopo le dimissioni di Dennis dall’ospedale, provava a spiegarci i malfunzionamenti nel ragionamento del protagonista portandoci molto vicino a lui, da quando imbottito di medicine riesce a gestirsi, fin quando, scegliendo di rinunciarvi, precipita in un incubo fatto di allucinazioni, confusione, autoassoluzione.
Secondo me sono premesse fondamentali all’interno di un’opera come questa, che affronta con coraggio il tema puntando sull’empatia verso un uomo tradito dalla sua stessa mente.
In coppia con Cronemberg, invece, McGrath nel film vi rinuncia, piombandoci direttamente nel caos che Dennis cerca di riordinare. Per farlo i due scelgono di affidare a Raph Fiennes un personaggio in difficoltà sin dal suo ingresso in scena, uno di quelli che faticano persino nelle cose più naturali della vita. Ma forse Fiennes ci dà troppo dentro e si perde il senso del racconto, perché spariscono i presupposti che inducono l’ospedale psichiatrico a dimetterlo.
Non so quanto, arrivandoci vergini, si
riesca a intuire dello stato di cose e come il finale possa non
sembrare un semplice colpo di scena buttato lì approfittando della
confusione. Il vero trauma di Spider avviene prima dell’evento che
giura di vendicare, ma lui non lo sa. Il rischio però è che non lo
capisca nemmeno lo spettatore e sarebbe un peccato, perché la chiave
di lettura sta tutta all’inizio di un film che non brillerà mai
per i ritmi coinvolgenti.
Cronemberg sfrutta l’effetto sporco, forse per immergere chi guarda nella sensazione di disordine che pervade il protagonista e da buon dottore se la gioca togliendo ogni forma di calore al racconto.
Tutte scelte indovinate, che però non rischiarano la nebbia che avvolge un progetto molto, forse troppo, complesso.
Cronemberg sfrutta l’effetto sporco, forse per immergere chi guarda nella sensazione di disordine che pervade il protagonista e da buon dottore se la gioca togliendo ogni forma di calore al racconto.
Tutte scelte indovinate, che però non rischiarano la nebbia che avvolge un progetto molto, forse troppo, complesso.
Anche passando dall'opera originale
Spider resta una visione difficile, per impostazione, per scelte
tecniche e artistiche, per quello che racconta e per come lo fa.
Potrebbe anche risultare confuso, perché vuole farci entrare nello
schema di ragionamento di uno che tenta di ricostruire i suoi traumi
attraverso una ragnatela di ricordi, ma che non può farlo perché
nessuno è li ad aiutarlo, nemmeno lui stesso.
Roba tosta alla quale sarebbe meglio arrivare preparati e anche se non mi piace dover studiare prima di guardare un film (l'arte dell'intrattenimento per eccellenza), se non si fosse capito mi trovo costretto a consigliarvi la lettura del romanzo prima di affrontare la visione. Un atto secondo me indispensabile per cogliere tutte le sfumature di una storia ostica che val la pena di farsi raccontare.
Roba tosta alla quale sarebbe meglio arrivare preparati e anche se non mi piace dover studiare prima di guardare un film (l'arte dell'intrattenimento per eccellenza), se non si fosse capito mi trovo costretto a consigliarvi la lettura del romanzo prima di affrontare la visione. Un atto secondo me indispensabile per cogliere tutte le sfumature di una storia ostica che val la pena di farsi raccontare.
Lettura interessante.Grazie
RispondiEliminaGrazie a te
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